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Chiesa IconChiesa | In dialogo con la Parola

lunedì 28 Ottobre 2019

XXXI Domenica del Tempo Ordinario *Domenica3 novembre 2019

Luca 19, 1-10

Redazione
Redazione

In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomoro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

Il sicomoro

Gesù si reca nella città di Gerico nel Vangelo di questa settimana e, avvicinandosi, gli capita di incontrare un cieco e di operare un miracolo che entusiasma la folla. Il cieco aveva chiesto di poter tornare a vedere, Gesù aveva acconsentito e tanti avevano potuto vedere questa scena. Luca chiosa l’episodio proprio scrivendo che il popolo vedendo diede lode a Dio. Logicamente quando Gesù entra in città preceduto da questo clamore tutti smaniano per vederlo, per assicurarsi di non farsi scappare questo spettacolo. In mezzo ai cittadini di Gerico che si sono mossi per incontrare questo strano ma famoso profeta, che sta passando per la loro città, appare anche Zaccheo che subito si fa incontro a questo portento anche se la cosa gli riesce difficile a causa della folla. Ma Zaccheo non molla, d’altronde si capisce fin dalla sua descrizione, quando viene introdotto, che era un tipo caparbio, che si dava da fare per riuscire ad arrivare dove voleva. La descrizione è qualcosa che colpisce in effetti. Non siamo abituati a trovarne spesso nel testo dei Vangeli, a volte non ci vengono detti nemmeno i nomi dei personaggi che entrano in scena. Qui abbiamo invece un uomo con il suo nome e con la sua condizione sociale. Ci viene descritto essere un pubblicano. Anzi, il capo dei pubblicani. E ci viene pure detto che era ricco, cosa che uno si immagina visto il suo lavoro, ma essendo ribadito significa che era riuscito a sfruttare questa sua condizione meglio degli altri. Di Zaccheo ci viene riferito pure un particolare fisico: era piccolo di statura. 

I dettagli fisici sono pressoché inesistenti nelle descrizioni evangeliche, qui invece di Zaccheo è detto chiaramente – certo era funzionale al racconto – che sale sull’albero perché era piccolo. Ma non era necessario. Poteva salire sull’albero per vedere meglio degli altri, per dimostrare ancora una volta la sua superiorità. Invece l’evangelista parte proprio dall’essere piccolo. E questo particolare fisico diventa fondamentale. Per essere scritto era evidente che questo fatto balzava agli occhi, ed è logico pensare che Zaccheo ne doveva essere fin troppo consapevole, in un’epoca in cui non si andava molto per il sottile nei confronti dei difetti fisici. Il mondo ai tempi di Gesù non era molto educato nei confronti della sensibilità delle persone, e le cose crudeli venivano sbattute tranquillamente in faccia senza molti complimenti. Zaccheo è cresciuto probabilmente sentendosi rinfacciare più o meno brutalmente la sua piccolezza. Quando gli altri lo guardavano vedevano un uomo basso di statura, e da questa visione distorta è nata la voglia di rivalsa di quest’uomo che arriva a essere un pubblicano, capo dei pubblicani e ricco. Tutte cose che rimarcavano il fatto che gli altri potevano pure beffarsi della sua statura, lui aveva trovato altro per vivere, molto più di loro. Che però sembra non essere sufficiente. Quando sente infatti dell’arrivo di Gesù deve vederlo, assolutamente, anche in questo momento in cui la folla gli gioca contro. I suoi concittadini usano la loro statura come arma contro di lui: certo lui potrà anche prendersi i loro soldi con le tasse, ma adesso non lo avrebbero certo fatto passare avanti solo perché era più piccolo. E lui capendo il percorso che avrebbe fatto Gesù decide di precederlo e trovare un posto da dove riuscire a vederlo. Vede un sicomoro e gli nasce l’idea.

Non deve essere comunque stato facile salire su quel sicomoro. Salire voleva infatti dire davanti a tutti, pubblicamente, ancora una volta che lui effettivamente era basso. Che a differenza degli altri aveva bisogno di usare quell’orpello che agli altri non era necessario. Che partiva da una condizione svantaggiata, comunque diversa. E ripensando a tante prese in giro, sorrisetti e malignità, forse quasi quasi gli passava la voglia. Invece si decide e sale per riuscire a portare avanti il suo scopo. Voleva vedere Gesù e quindi si decide a fare quello che andava fatto. Quel gesto ricorda a Zaccheo il suo limite, ma è il gesto che gli permette non solo la visione di Gesù, ma anche l’incontro e il dialogo, la relazione che si trasforma qui in comunione viva alla fine, quando si ritrovano in casa sua e condividono quei bei propositi di vita. Quel sicomoro su cui sale Zaccheo è diventato una benedizione per tutta l’umanità. Perché ci ricorda la straordinaria grandezza di quel gesto. Ci ricorda che a volte è decisamente necessario salire sopra nostri limiti, sopra le nostre debolezze per poter proseguire e vedere meglio. Dobbiamo trovare qualcosa su cui arrampicarci per riuscire a vedere. Esiste la realtà di Dio ma a volte non è alla nostra portata, perché non abbiamo ancora trovato il nostro sicomoro su cui arrampicarci. Se non facciamo quello sforzo di salirvi sopra è come se vivessimo in mezzo alla nebbia. E la possibilità di superare i nostri limiti per accedere alla realtà della grazia ci viene data da realtà terrestri, o comunque che si trovano qui su questa terra con noi. Zaccheo deve unire l’incontro con Gesù e la salita sul sicomoro. Noi possiamo unire l’incontro con il Signore attraverso la sua parola o il suo corpo a tutte quelle realtà che possono elevarci che troviamo nella nostra vita. Ci sono esperienze o persone che a volte ci fanno superare i limiti, ogni nostro limite. Il Signore ci invita a usarle e a sfruttarle senza esitazioni.

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