Chiesa | DiocesiCampese Sono in attesa di restauro alcuni codici dell’ex monastero intitolato alla Santa Croce, luogo giubilare e sito tutto da riscoprire. Il monastero, di origine medievale, fu fondato grazie all’appoggio degli Ezzelini da Ponzio di Melgueil, già abate di Cluny. Conserva in biblioteca interessanti documenti storici
Luogo giubilare, il monastero di Campese (Vicenza) con la sua chiesa della Santa Croce è realmente un sito di grande interesse e da riscoprire, che tra il 2024 e il 2027 celebra i 900 anni dalla fondazione. Luogo del cuore Fai tra i più “gettonati” dagli appassionati, conserva anche alcuni codici e un centinaio di faldoni con documenti appartenenti alla storia del monastero, alcuni in procinto di essere restaurati. Il monastero , come racconta lo storico Angelo Chemin, è originale fin dalla fondazione, che si intreccia alla storia dell’ex abate di Cluny, Ponzio di Melgueil, morto in carcere a Roma nel 1126: lo fondò di ritorno da un viaggio in Terra Santa con il contributo di maestranze cluniacensi e l’appoggio degli Ezzelini. I quali, tranne il primo e l’ultimo, sono qui sepolti, non si sa bene dove a causa della damnatio memoriae della loro famiglia. «Anomalo fu anche – spiega Angelo Chemin – che il vescovo di Padova concedesse subito al monastero, conservandone però la titolarità, lo ius parrocchiale, ovvero la cura d’anime col diritto di battezzare e di seppellimento nel sagrato, spostandolo dalla chiesa di San Martino, che sarebbe ancora la vera pieve». Il monastero, collegato a quello mantovano di San Benedetto Po e intitolato all’Invenzione della Santa Croce e alla Madre di Dio, si segnalò per la creazione lungo la valle di una comunità di liberi cittadini, dando loro la possibilità di vivere con i pascoli di altura, i boschi dove produrre carbone di legna e l’uso del fiume. Di tutto ciò rimane traccia nei documenti, in particolare in alcuni codici che necessitano di restauro urgente che si spera possa avvenire entro l’anno giubilare. «Sono documenti che danno l’idea di come viveva il territorio e ci parlano della carità dei monaci», racconta Chemin, Il monastero sta vedendo oggi una nuova vita come luogo di spiritualità, di studio e di ospitalità, animato anche dalla presenza dell’associazione Sicomoro assieme alla parrocchia e a tutti coloro che vi operano. In occasione del Giubileo, una delle stanze in cui si suddivide la sacrestia “vecchia”, tornata in uso un paio d’anni fa, quando quella “nuova” ottocentesca è stata trasformata in stanza del silenzio, è diventata luogo di incontro e di perdono.
Luogo di coltivazione di piante per i medicamenti, è oggi curato dai ragazzi dell’Istituto Marco Polo di Pove del Grappa (Casa di Carità Arti e Mestieri) e dall’Istituto agrario Parolini.
