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I cristiani sperano nella nuova Siria
Siria Alla caduta del regime di Bashar al-Assad, il vicario apostolico di Aleppo ha ricevuto garanzie per i cristiani dal capo dell’opposizione. «Speriamo le mantengano»
ChiesaSiria Alla caduta del regime di Bashar al-Assad, il vicario apostolico di Aleppo ha ricevuto garanzie per i cristiani dal capo dell’opposizione. «Speriamo le mantengano»
«Speriamo che la caduta del regime porti a una fase nuova e positiva per tutta la Siria. Ho parlato con il capo dei jihadisti di Hayat Tahrir al-Sham (Hts), Abu Mohammed al-Jolani, e con il suo vice, e mi ha assicurato il rispetto della nostra dignità, dei nostri diritti e delle nostre proprietà e delle minoranze. Nulla verrà toccato. Speriamo che le promesse fatte vengano tutte mantenute. Da questo punto di vista sono piuttosto ottimista». Così mons. Hanna Jallouf, francescano della Custodia di Terra Santa, vicario apostolico di Aleppo, commenta la caduta del regime di Bashar Al Assad sotto l’avanzata delle forze di opposizione armata guidate dal gruppo Hts, sostenute dalla Turchia. Un ottimismo alimentato dalla sua lunga esperienza di parroco a Knaye, uno dei tre villaggi “cristiani” della Valle dell’Oronte (gli altri due sono Yacobieh e Gidaideh, ndr) nella provincia di Idlib, vicino al confine turco nella Siria occidentale. «Ho avuto a che fare con loro che controllavano la zona – ricorda il vicario che fu anche rapito nel 2014 dai miliziani di Al-Nusra poi diventati Hts – Da lì sono passati tutti i gruppi di ribelli e terroristi: Isis, al-Nusra oggi Hts. Abbiamo vissuto così dal 2011, da quando ha avuto inizio la guerra. Ero riuscito a entrare in dialogo con i loro leader locali ottenendo qualche margine di movimento come, per esempio, rientrare in possesso di proprietà cristiane espropriate in precedenza. Potevamo celebrare le nostre liturgie ma non avere esposti simboli religiosi sulle nostre chiese». A mons. Jallouf, tuttavia, non manca la prudenza per cui, spiega, «bisognerà attendere un po’ di tempo per verificare se alle parole seguiranno i fatti. Intanto posso dire che tutte le richieste che ho avanzato nel corso dell’incontro che ho avuto con Abu Mohammed al-Jolani sono state recepite. Mi riferisco ai cristiani di Aleppo e al rispetto dei nostri luoghi di culto, delle proprietà di ciascuno come case, terreni, uffici, negozi e fabbriche. Per ora tutto sta andando nella giusta direzione. Spero che sia così anche a Damasco». Senza l’aiuto della comunità internazionale «sarà difficile», annota il religioso che aggiunge: «Per prima cosa la comunità internazionale deve rimuovere le sanzioni per ridare fiato all’economia locale e speranza alla popolazione in preda alla povertà. Deve poi contribuire alla ricostruzione del Paese devastato dalla guerra e dal terremoto del febbraio del 2023. La Siria merita un cambiamento sereno e trasparente. Che possa rinascere all’ombra del manto misericordioso di Maria».
«Stamattina ci siamo svegliati avvolti da un clima di festa – racconta il parroco latino di Aleppo, padre Bahjat Karakach – Le forze di opposizione siriane hanno aperto le carceri e liberato i prigionieri politici detenuti. Si respira ovunque un clima di speranza». Gioia mista a preoccupazione per le sorti dei cristiani «da sempre protetti, insieme alle altre minoranze, dal regime di Assad. La comunità cristiana, come molti siriani, in tutti questi anni di guerra e di regime sanguinario, è diminuita drasticamente. Molti sono emigrati all’estero. Adesso con questa nuova fase politica in tanti sperano di poter fare rientro nelle proprie case e terre e contribuire in modo fattivo al futuro della Siria». I cristiani non vogliono essere trattati come minoranza «ma come cittadini siriani con eguali diritti e doveri. I cristiani della Siria, così come tutta la popolazione siriana sono sfiniti dopo 11 anni di guerra che ha bloccato ogni forma di sviluppo, di economia e di futuro. Si sopravvive con difficoltà. Questi gruppi di opposizione armata negli ultimi duetre anni, hanno mostrato tolleranza verso i cristiani cominciando a restituire loro i beni confiscati. C’è stata una svolta nel loro modo di approcciarsi. Entrando ad Aleppo hanno lanciato messaggi di tolleranza e di dialogo verso le minoranze. Tutto questo ci rassicura un po’. Anche il fatto che il capo di questi gruppi, al-Jolani, non abbia voluto guidare il Paese ma lasciare che la transizione politica avvenisse senza scosse ulteriori ci fa capire che potrebbe esserci una reale volontà di non cambiare il Paese con una mentalità estremista».
«Damasco è nelle mani delle milizie di opposizione guidate da Hts. Registriamo l’apertura al dialogo del capo delle forze di opposizione». Dalla capitale siriana, a parlare è padre Firas Lufti, parroco e guardiano del convento della Conversione di san Paolo. Anche il francescano, come i suoi confratelli di Aleppo, confida nelle aperture: «Ci auguriamo che alle sue parole seguano i fatti. Ma per verificare questo servirà tempo. Conosciamo bene il background di Hts, è quello dell’estremismo islamico di Al Qaeda e delle affiliazioni all’Isis. Vero è che hanno dimostrato un cambiamento nel Governatorato di Idlib, verso i nostri frati e i cristiani dei villaggi dell’Oronte, come ad Aleppo e in altre località». Le imminenti liturgie natalizie spingono i cristiani di Damasco ad agire con prudenza. «Con i confratelli – rivela padre Lufti – abbiamo deciso di sospendere per questi giorni il suono delle campane. Vogliamo prima sapere se questi miliziani ci permettono di farlo. Non vogliamo esporre la nostra gente al pericolo».