Ascoltando la radio in queste ultime settimane, sicuramente è capitato di imbattersi almeno una volta in una canzone degli 883 e già alle prime note riaffiorano svariati ricordi e tanta nostalgia.
D’altra parte, chi ha avuto modo di assistere ai loro esordi e pian piano alla loro ascesa nelle classifiche della musica italiana agli inizi degli anni ‘90, è sicuramente legato in qualche modo a uno o più brani dei cantanti di Pavia. Il ritorno sulle scene è prevalentemente legato alla fortunata serie del regista Sydney Sibilia “Hanno ucciso l’Uomo Ragno – La leggendaria storia degli 883”, di cui è già stato annunciato il seguito, dopo le otto puntate della prima stagione. La serie racconta la storia degli esordi di Max Pezzali e Mauro Repetto, amici tra i banchi di scuola, scoperti da Claudio Cecchetto, fondatore di Radio Deejay e guru delle novità musicali italiane degli anni ’80 e ’90. Al di là dell’adattamento cinematografico, un po’ romanzato per esigenze di copione, ancora oggi la storia di questi due ragazzi di periferia sembra avere qualcosa di magico da tramandare. All’uscita del loro primo album nel 1992, raccontavano qualcosa di nuovo e diverso, con un linguaggio semplice e melodie orecchiabili, che arrivavano dritte a tutti. Hanno saputo portare una ventata di freschezza nel mondo della musica italiana, esorcizzando la figura dello “sfigato” di periferia e trasformando così il cantautorato malinconico e introspettivo conosciuto fino ad allora. Vedere la serie o riascoltare le canzoni degli 883, riporta la generazione Y (quella dei Millenials nati tra l’inizio degli anni ottanta e la metà degli anni novanta) alla propria infanzia e adolescenza, ripercorrendo il proprio vissuto attraverso le narrazioni dei cantanti. Il segreto del gruppo è stato proprio questo: saper raccontare le storie di amore, di amicizia, di vissuto locale da un altro punto di vista, quello della normalità. Senza eroismi o protagonismi, ma con l’umiltà di chi nella vita sembra aver sempre ricoperto il ruolo del perdente. In apparenza almeno. Fino all’arrivo della serie, è stato facile identificare gli 883 con Max Pezzali, sia perché ne è stato il frontman, sia perché ha continuato per molti anni la carriera da solista. È sempre stato molto meno chiaro il ruolo del suo socio e amico Mauro Repetto, invece. A metà anni ’90, quest’ultimo decise di sparire all’apice del successo, per seguire un amore e il sogno americano, senza poi raggiungere gli esiti sperati e senza più far parlare di sé. Ci sono voluti quasi 30 anni per il rientro nelle scene, ma alla fine la sua rivincita personale è arrivata. Attraverso questa serie si scopre che non è stato solo il ballerino dai capelli lunghi che improvvisava coreografie a ritmo di musica, ma anche l’autore di tanti testi e il vero trascinatore del progetto, colui che ci ha creduto davvero e fin da subito, l’artefice di un destino inaspettato. Un sognatore, un idealista, che ha visto lungo nelle proprie capacità e anche in quelle dell’amico. Forse sarebbe stato più bello e più suggestivo, che il merito gli venisse riconosciuto in questi anni dalla persona con cui ha condiviso il palco e il successo, e che dovrebbe essergli grato per la redditizia carriera musicale, anziché da una serie televisiva, ma come lo stesso Repetto ci insegna, «è una quotidiana guerra, con la razionalità» e alla fine vince proprio chi meno te l’aspetti!
Liana Benvegnù Music Addicted
