Rubriche | Mirifica
Il digitale conquista anche la liturgia
Il cellulare in chiesa sembra non essere più un tabù, ed è forse il segno che non sappiamo più abitare lo spazio.
Il cellulare in chiesa sembra non essere più un tabù, ed è forse il segno che non sappiamo più abitare lo spazio.
L’ultimo mercoledì di agosto e il primo di settembre ho incontrato, su due turni, ad Assisi, i preti della diocesi suburbicaria di Albano per il loro ritiro formativo di inizio anno. In teoria avrei dovuto parlare loro – in rappresentanza dell’Associazione WebCattolici Italiani (WeCa) – del digitale, dei canali e degli strumenti informativi diocesani. In pratica – ascoltando le risonanze delle riflessioni nei diversi gruppi – ho colto un’opportunità preziosa di capire da tante esperienze concrete come la rivoluzione copernicana del digitale abbia riscritto le regole del gioco: non ha più senso parlare di una pastorale digitale per intendere una pastorale che utilizza gli strumenti digitali, ma di una pastorale in un mondo completamente e intimamente trasformato nei suoi meccanismi più basilari dalle macchine. Eppure – nella restituzione di fine mattinata – in tanti sono andati sul concreto, condividendo le loro difficoltà di fronte agli spazi che il digitale si sta conquistando anche all’interno della liturgia. In sempre più chiese ormai è normale seguire le letture dallo schermo dello smartphone, i foglietti dei canti sono sostituiti da pdf fatti girare nei gruppi WhatsApp. I preti stessi, ormai, recitano la liturgia delle ore tramite l’app ufficiale della Cei lasciando i quattro volumi del breviario a prendere polvere dentro qualche cassetto. Un simbolo – forse – della dematerializzazione delle nostre vite: possiamo fare qualsiasi cosa da qualsiasi parte anche a costo di perdere riferimenti. Qualcuno ha detto che serve “impostare una nuova pedagogia” dell’incontro di persona, recuperare spazi anche fisici perché l’annuncio del Vangelo – capace di scorrere anche come dato nel digitale – poi si incarni nel mondo materiale. Senza rinunciare a nulla.
Andrea CantonGiornalista, fa parte di Weca-Webcattolici Italiani