L'approccio tecnologico impatta pesantemente sulle capacità attentive e le riduce notevolmente. Immagini, messaggio breve e rapidità: questo il triplice tratto dell’odierna comunicazione. Soprattutto la rapidità sembra essere requisito essenziale, anche fra i banchi di scuola.
Immagini, messaggio breve e rapidità: questo il triplice tratto dell’odierna comunicazione. Soprattutto l’ultima componente, la rapidità è diventata requisito essenziale dei nostri dispositivi tecnologici. Quante volte ci siamo lamentati per la connessione “troppo lenta”?
Nella nostra idea di modernità la performance, per una strana equazione, è diventata essenzialmente “velocità”, spesso anche a scapito dell’efficacia del risultato.Quest’ansia della velocità si respira tantissimo fra i banchi di scuola, chi insegna lo sa. Il passo tecnologico non è di certo quello umano. E le spiegazioni in classe, soprattutto se di taglio inclusivo (e cioè accessibili anche ai meno “veloci”, che continuano a vivere fra noi), hanno bisogno di un tempo un poco più rarefatto. La dilatazione del ritmo allarga le maglie dell’attenzione che tende a dileguarsi e dev’essere continuamente sollecitata o, per meglio dire, “rianimata” da maestri e professori.
Sei ore di scuole, mediamente, con un docente non cliccabile e nessuna possibile forma di multitasking devono essere davvero dure per i nostri nativi digitali. E in effetti si fa fatica a sostenerle.La scuola tenta di adeguarsi e deve farlo senz’altro, perché le nuove tecnologie – che piaccia o no a noi gente del secolo scorso – stanno operando un cambiamento epocale nel nostro stile di vita e in tutti gli ambiti dell’umano vivere. Perciò nascono le aule “aumentate”, e cioè con ambiente multimediale e metodologie più vicine agli stili di apprendimento dei ragazzi. Qualcuno suggerisce di integrare l’uso degli smartphone nella didattica. Si può fare, certo, ma prima bisognerebbe intervenire sull’educazione all’uso consapevole degli stessi e per quella, ahimé, siamo ancora in alto mare. Insomma le tecniche di “trasmissione” del sapere stanno cambiando, ma di fatto, in un certo senso, stiamo prendendo atto anche di un “danno” (o di un cambiamento evolutivo??).
Il danno è proprio nelle capacità attentive dei ragazzi, sempre più carenti. Gli studi in merito sono chiari: le cause vanno ricercate proprio nell’eccessiva esposizione alla tecnologia. L’approccio tecnologico impatta pesantemente sulle capacità attentive e le riduce notevolmente.Abbiamo tentato di arginare l’uso degli smartphone e degli altri device, ma senza grandi risultati. In più la tendenza alla rapidità del messaggio ha contaminato qualsiasi altro mezzo di comunicazione, compresa la tv. Avete mai provato a soffermarvi sui ritmi delle vecchie trasmissioni televisive? I personaggi di un tempo sembrano immersi in una dimensione “lunare”, dove le frasi si scandiscono ed esistono perfino le pause neurologiche.Inutile rimpiangere quei tempi, l’impressione è che bisognerà adeguarsi ai nuovi. Probabilmente in questo cambiamento evolutivo dell’attenzione ci sarà pure del buono. Ecco, magari nell’adeguarsi continuiamo a cercare strategie, perché il rischio è di perdersi per strada i più lenti e anche i contenuti che hanno spessore e non sempre si possono “zippare”.
La velocità è nemica giurata dell’approfondimento e madre di molti errori, soprattutto di grandi fraintendimenti, nonché complice di facili mistificazioni. Non c’è stupirsi quindi se, assieme alla divinità della rapidità, sono arrivati i demoni delle fake news e l’oltretomba dell’analfabetismo funzionale.Desideravamo più tempo e abbiamo chiesto un aiuto alla tecnologia. L’aiuto è arrivato: molte cose ora possiamo farle in un clic.Altre no, però. Tra queste l’educazione e l’istruzione dei nostri ragazzi.Cerchiamo di non dimenticarlo.
Silvia Rossetti
