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Mappe IconMappe | Mappe 08 – Il Pnrr – giugno 2022

martedì 21 Giugno 2022

La “salute” del Pnrr. Una nuova era per la sanità

Dubbi. Siamo davanti alla costruzione o demolizione del Sistema nazionale? Se a crescere, in realtà, è quello privato...

Ernesto Milanesi
Ernesto Milanesi
collaboratore

Sulla carta, la quinta “rivoluzione” nella sanità pubblica. Con più soldi e ambizioni dopo il varo del Servizio sanitario nazionale (1978), il decreto Bindi (1999), il passaggio di competenza alle Regioni (2001) e l’introduzione dei Livelli essenziali di assistenza (2017). Ma proprio sulla “salute” del Pnrr si gioca davvero la prognosi riservata per l’Italia futura.

I numeri per Bruxelles

Una “missione” da 15,6 miliardi di euro, cioè l’8 per cento del finanziamento (non a fondo perduto) previsto dall’Ue. Il Governo Draghi ha aggiunto 2,3 miliardi con il “Piano nazionale per gli investimenti complementari al Pnrr” assegnati al ministero della Salute. Un mega-capitale destinato a edilizia sanitaria, radicale informatizzazione, nuove forme di assistenza, formazione del personale. Al di là della spesa sanitaria che quest’anno ammonta a 131 miliardi e 710 milioni di euro per l’ordinaria gestione del comparto. Il ministro della Salute Roberto Speranza a inizio giugno ha firmato i contratti istituzionali di sviluppo con Regioni e Province autonome: «Sono seimila progetti per costruire il Servizio sanitario nazionale del futuro. Nasceranno 1.350 case di comunità, aperte fino a 24 ore al giorno, e 400 ospedali di comunità» Ma non basta: 600 centrali operative territoriali, acquisto di 3.100 apparecchiature, 330 cantieri di adeguamento antisismico, la creazione di 7.700 posti letto di terapie intensive e sub intensive più corsi di aggiornamento per 300 mila dipendenti sulle infezioni ospedaliere. Tutto da “crono-programmare” entro fine mese…

Falsa partenza?

La prima mossa è stata di palazzo Chigi senza la Conferenza Stato-Regioni. Il decreto ministeriale numero 71, lungo 48 pagine (datato 26 aprile) cristallizza modelli, standard e risorse: «È la cornice che vale per tutto e tocca alle Regioni declinarlo entro giugno» conferma Veronica Grembi della segreteria tecnica del Pnrr all’interno della presidenza del Consiglio. Replica Anna Lisa Mandorino, segretaria generale dell’organizzazione Cittadinanzattiva: «Il livello di partecipazione dei cittadini e dei territori risulta deficitario. Come osservatorio civico sul Pnrr abbiamo reclamato maggiore trasparenza dei dati e delle informazioni. Solo per fare un esempio, in merito alla riforma dell’assistenza territoriale, prevista alla Missione 6, finora non è̀ stata avviata nessuna consultazione pubblica dal governo centrale e molte Regioni hanno deciso di collocare le Case della comunità a volte accanto alle strutture ospedaliere».

Interessi privati

Accreditamenti in Regione (quasi 50 milioni nel triennio 2018-2020 nell’Ulss 6 Euganea), convenzioni e assicurazioni sostitutive, ormai più della metà di prestazioni nazionali. La sanità privata cresce in simbiosi con la scure che si abbatte sul sistema pubblico. E fa la voce grossa con Gabriele Pelissero presidente del Cluster scienze della vita di Confindustria Lombardia: «Noi privati possiamo anche pensare di costruire 400 ospedali di comunità e di gestirli, ma ogni giornata di degenza avrà un costo. E dovranno stare dentro il 6,5 per cento del Pil con cui ci finanzia il Sistema nazionale sanitario, ma è allora evidente che i conti non tornano». Michele Vietti, presidente di Acop, associazione coordinamento ospedalità privata, scandisce su Sanitainformazione.it: «Le case e gli ospedali di comunità, senza un’adeguata programmazione degli investimenti, rischiano di diventare delle cattedrali nel deserto: non è evidente quali professionisti vi lavoreranno e che tipologia di pazienti accederà».

Un campo minato

Lo denuncia fin da marzo il documento costitutivo del Forum per il diritto alla salute: «Stiamo assistendo a un attacco al diritto alla salute attraverso lo smantellamento del Ssn – universalistico e fondato sulla fiscalità generale – nondichiarato esplicitamente, ma non per questo meno grave. Questo disegno si è̀ sviluppato attraverso le scelte degli ultimi governi di centrodestra e di centrosinistra ed è alimentato da una campagna promossa da Confindustria, grandi gruppi assicurativi, università pubbliche e private, dal mondo finanziario». E Ivan Cavicchi, docente all’Università Tor Vergata di Roma ed esperto di politiche sanitarie, si dimostra più che scettico: «Con il Pnrr non dico che le diseguaglianze aumenteranno ma quelle croniche che già ci sono di certo non saranno risolte. Penso alla mobilità dei malati tra Regioni (5 miliardi di euro di business), al regionalismo differenziato che ambisce alla secessione, ai Lea applicati in antitesi al loro ideale uniformismo».

Il banco di prova 

Sono i medici (con gli infermieri va peggio…). Specialisti ospedalieri in organico circa 130 mila, cioè 60 mila meno che in Germania e 40 mila mano che in Francia. Medici di base ridotti a poco più di 40 mila unità: l’esodo continua al ritmo di 3 mila “ritiri” all’anno. Neo-laureati e specializzandi “emigrano”, disertano i concorsi o entrano nel settore privato. Del resto, prima del Covid la sanità era stata massacrata: 111 istituti di cura chiusi nel periodo 2010-19 con 25 mila posti letto evaporati, mentre l’organico si assottigliava di 42.380 unità e si tagliavano risorse per 37 miliardi di euro.

Investimenti massicci, ma in tempi rapidi

La Regione Veneto prevede investimenti per 628 milioni di euro nella sanità del futuro: 468 attinti dal Pnrr, 107 dal piano complementare e altri 53 di risorse proprie. E la giunta Zaia ha provveduto ad “allinearsi” alle scadenze diprogrammazione previste da palazzo Chigi in base ai criteri fissati da Bruxelles per l’erogazione dei finanziamenti straordinari. Luciano Flor, direttore dell’Area sanità e sociale della Regione, intervenuto a Padova nel convegno “Sanità e territorio: opportunità e sfide del Pnrr” a fine maggio e ripreso dalla Difesa nel numero del 5 giugno: «Non possiamo garantire di spendere investimenti così massicci entro pochi anni, soprattutto negli appalti edilizi. Dobbiamo fare ciò che non facevamo e in tempi prefissati e rapidi, per di più evitando che la spesa generi spesa perché sia investimento».

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