Rubriche | Dal Municipio al Campanile
Dal Municipio al Campanile, Rovolon
Il sindaco: «Credere di più nel potenziale». Il parroco: «Ora è tempo di stare assieme»
Il sindaco: «Credere di più nel potenziale». Il parroco: «Ora è tempo di stare assieme»
Quasi 4.900 abitanti nel comprensorio dei colli Euganei, con il capoluogo nella parte più alta e le due frazioni alle pendici e nella pianura vera e propria. Si tratta di Rovolon, piccolo Comune padovano che affronta grandi e molteplici sfide. E lo fa con la voglia di potenziare il turismo, specialmente enogastronomico, e di mantenere nel contempo un’identità ben definita. Lo amministra una civica di centrodestra guidata da Ermanno Magagnin dal 2021, in continuità con i precedenti due mandati in cui lo stesso Magagnin era assessore: «Rovolon si trova in una posizione strategica. Insiste nell’area del Parco Colli, ma dista cinque minuti dai confini della provincia di Vicenza, altri cinque dalla zona termale e venticinque da Padova. Più la strada regionale che lo rende ulteriormente accessibile. Noi vogliamo valorizzare il turismo attraverso le nostre cantine, ne abbiamo a decine e organizziamo già dei tour guidati di degustazione. Ma senza trascurare l’olio, su cui puntare sempre più per la qualità e la relativa promozione: nel complesso un potenziale enorme, ma ancora agli inizi». E poi c’è il patrimonio storico-artistico. «Abbiamo Villa Papafava dei Carraresi in località Frassanelle, con i suoi 120 ettari di parco e la sua grotta. Si tratta di un complesso naturalistico e architettonico di proprietà privata, la cui realizzazione è partita nel 1300 per poi proseguire fino all’Ottocento; sono luoghi molto richiesti per la celebrazione dei matrimoni, anche da stranieri. Ma noi puntiamo tanto al recupero della fontanella della lontari». Gli esempi sono la festa dei bigoli a maggio a Carbonara, la festa della birra a Rovolon a luglio e quella del pane a Bastia. I tre centri, del resto, preservano la propria identità anche in virtù delle differenti caratteristiche sociali e territoriali, all’interno di un’area, quella dei colli Euganei, ben definita nel Padovano. Continua don Erick: «Rovolon è la parte più antica e collocata più in alto, dove c’era la sede municipale, e conta 800 abitanti. Le altre due, Bastia e Carbonara, si trovano ad altitudini minori, e hanno rispettivamente tremila e 1.200 residenti; la vicinanza a strade regionali favorisce comunque l’insediamento di nuove famiglie, motivo per cui sono state realizzate alcune lottizzazioni negli ultimi anni». Questo però non scongiura il calo demografico, non del tutto perlomeno. «L’anno scorso, a fronte di una cinquantina di funerali, abbiamo celebrato “solo” una trentina di battesimi: l’età media in generale resta molto alta». Questo non ha impedito la realizzazione di strutture come il nido integrato alla materna parrocchiale di Bastia, di cui usufruiscono anche mamme lavoratrici residenti fuori dal territorio comunale. Grotta e della Colombara di Bastia, edifici simbolo. In particolare la seconda, che abbiamo acquisito di recente e si trova all’ingresso del parco». Non si tratta degli unici interventi pubblici: «Abbiamo in programma il completamento di più piste ciclabili, in aggiunta al grande percorso dei Colli che porta al parco di Villa Papafava. Quindi, sarà terminata entro la fine dell’anno piazza Marconi a Bastia, spazio fondamentale per la vita comunitaria, tra manifestazioni ed eventi di vario tipo. Sono opere molto importanti. Ma che, proprio per questo, richiedono finanziamenti che non avevamo a disposizione, specialmente dopo l’aumento generalizzato dei costi. Per non parlare di certi problemi di contabilizzazione, per progetti che prima ricevevano contributi attraverso la Regione e la Provincia e in seguito del Pnrr». La burocrazia può diventare impegnativa anche per contenere problemi come le frane, tipiche delle zone collinari, essendo il Comune di competenza di tre consorzi di bonifica diversi. Se si guarda comunque al cammino verso la trasformazione del Comune in un luogo più a misura di tutti, occorre pure qualcos’altro. Cosa, lo puntualizza il sindaco stesso: «Occorre cambiare mentalità, capire le potenzialità di certi settori. Come il turismo, appunto. Noi organizziamo i tour tra le cantine “Assaggia Rovolon”, che riuniscono fino a 300 persone alla volta, ma vorremmo aumentare l’offerta e puntare maggiormente sulla qualità. Servono più b&b, ma anche gente che abbia dimestichezza con l’informatica, in particolare con i portali di promozione». E senza trascurare le attività artigianali, che nel territorio comunale non mancano di certo. «Abbiamo due zone industriali, con importanti realtà insediate da anni. Su tutte, penso alla multinazionale statunitense Itw Graphics. O a Euganea Vasi, con una sessantina di dipendenti. Ma potrei citarne altre».
Le tre parrocchie di questo piccolo Comune – Santa Maria della Neve di Bastia, San Giovanni Battista di Carbonara, San Giorgio di Rovolon – da qualche anno camminano insieme come unità pastorale. Non è un percorso semplice, per la forte identità paesana di ciascuna realtà che si interseca con un radicato campanilismo. Ma anche per le differenze sociali e demografiche di ciascuna comunità. «Sono arrivato sei anni fa, quando era partito da poco il processo di unificazione – spiega don Erick Xausa, parroco dell’unità pastorale di Bastia, Carbonara e Rovolon – È qualcosa che richiede tempo perché molti parrocchiani, soprattutto tra le generazioni più anziane, si sentono ancora legati al proprio Paese più che alla stessa unità pastorale o al Comune. Senza dimenticare una mentalità tradizionalista piuttosto diffusa e radicata che non sempre aiuta la collaborazione, soprattutto se si tratta di novità. Bisogna dire, tuttavia, che sono stati fatti molti passi avanti in questo senso, a partire dai più giovani». Don Erick intende, più di tutti, i gruppi parrocchiali. «In ambiti come la catechesi, e la pastorale giovanile in generale, ragazzi e adolescenti del capoluogo e delle frazioni lavorano già assieme. Si tratta di almeno una settantina di nuove leve». Ma ci sono altri casi di proficua collaborazione a livello di unità pastorale: «Penso all’associazione di promozione sociale “La Tenda del Padre Nostro”, che si prende cura di ragazzi con disabilità attraverso l’insegnamento e la pratica di attività manuali. L’hanno costituita imprenditori e volontari del territorio comunale». Solidarietà che forse compensa, almeno in parte, la secolarizzazione crescente che si registra qui, come nel resto del mondo cattolico italiano. «La partecipazione all’attività eucaristica va scemando con il ricambio generazionale, anche da parte di giovani ben inseriti nel mondo parrocchiale. Non parliamo poi del calo delle vocazioni: io e gli altri sacerdoti dell’unità dobbiamo quasi “volare” da una chiesa all’altra. Ma ce la facciamo». Per il resto Rovolon, Bastia e Carbonara si muovono in parallelo con le proprie attività. «Ogni Paese mantiene il proprio patronato, con tanto di bar gestito dalle Acli o dal locale circolo Noi, come pure strutture parrocchiali specifiche. Ha la propria sagra e le proprie ricorrenze dei santi patroni, che risultano ancora molto frequentate. A cui si aggiungono altre feste organizzate dai volontari». Gli esempi sono la festa dei bigoli a maggio a Carbonara, la festa della birra a Rovolon a luglio e quella del pane a Bastia. I tre centri, del resto, preservano la propria identità anche in virtù delle differenti caratteristiche sociali e territoriali, all’interno di un’area, quella dei colli Euganei, ben definita nel Padovano. Continua don Erick: «Rovolon è la parte più antica e collocata più in alto, dove c’era la sede municipale, e conta 800 abitanti. Le altre due, Bastia e Carbonara, si trovano ad altitudini minori, e hanno rispettivamente tremila e 1.200 residenti; la vicinanza a strade regionali favorisce comunque l’insediamento di nuove famiglie, motivo per cui sono state realizzate alcune lottizzazioni negli ultimi anni». Questo però non scongiura il calo demografico, non del tutto perlomeno. «L’anno scorso, a fronte di una cinquantina di funerali, abbiamo celebrato “solo” una trentina di battesimi: l’età media in generale resta molto alta». Questo non ha impedito la realizzazione di strutture come il nido integrato alla materna parrocchiale di Bastia, di cui usufruiscono anche mamme lavoratrici residenti fuori dal territorio comunale.
Il nome della sede comunale deriva dalla “bastia”, fortificazione costruita nel Duecento dai padovani per difendere i loro territori dall’incursione dei vicentini. La santa patrona è la Madonna della Neve (5 agosto) e lo stemma, su sfondo azzurro, presenta due rami di pruno spinoso e fogliato d’argento, posti seguendo la croce di sant’Andrea.