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L’eredità di papa Francesco. Il rifiuto radicale della guerra e la sinodalità nella Chiesa
Davanti ai cristiani un cammino di apprendimento per mettere a frutto le intuizioni del suo magistero
Davanti ai cristiani un cammino di apprendimento per mettere a frutto le intuizioni del suo magistero
Papa Francesco è morto. Ha vissuto fino in fondo la sua Pasqua. Ha compiuto la sua missione. È stato un papa evangelico: icona del padre di tutti e per tutti, in particolare di chi abita ai margini. Ringraziamo Dio di avercelo donato. Ora è necessario pregare, non tanto per lui che è nella Pasqua, ma per la Chiesa e l’umanità tutta. Il suo magistero ci accompagna anche nel suo ritornare al Padre nel tempo di Pasqua, quasi a dirci che la risurrezione prosegue. E ora tocca a ciascuno di noi uscire e mettersi in cammino per le vie del mondo, con il Crocifisso Risorto. La sua eredità, nella Chiesa e nel mondo, è troppo profonda e variegata per essere qui riassunta. Un tratto del suo magistero è stato proprio quello di privilegiare i gesti alle parole, l’incontro al giudizio, convinto com’era che «la realtà è superiore all’idea». Vogliamo quindi limitarci a sottolineare almeno due temi cari a papa Francesco. Il primo è la pace, uno dei pilastri del suo pontificato. Dalla sua elezione, egli ha più volte ribadito, in occasione dei molti conflitti ancor oggi presenti nel mondo, l’urgenza di un rifiuto radicale della guerra e della violenza. La sua visione è stata profondamente radicata nella convinzione che ogni essere umano ha una dignità inalienabile, creata a immagine e somiglianza di Dio, e che la guerra rappresenta una negazione di questa verità fondamentale. Nell’enciclica Fratelli tutti (2020) papa Francesco affermava chiaramente che «la guerra non è mai una soluzione» (FT, 258). Egli critica non solo la guerra, ma anche la logica che la sostiene: la logica del potere, della divisione e della violenza. La guerra, secondo Francesco, è la manifestazione estrema dell’incapacità dell’umanità di vivere secondo i principi della solidarietà e del dialogo. In più occasioni, infatti, ha denunciato la «globalizzazione dell’indifferenza» che consente alle persone di ignorare la sofferenza altrui, e ha indicato il commercio delle armi come uno dei fattori principali che perpetuano la guerra. Durante la sua visita a Hiroshima e Nagasaki nel 2019, Francesco ha lanciato un appello per il disarmo nucleare, dichiarando che «l’uso dell’energia atomica per fini di guerra è, oggi più che mai, un crimine non solo contro l’uomo e la sua dignità, ma contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune».
La seconda eredità che vogliamo qui richiamare è legata alla sinodalità nella Chiesa. Alle decise affermazioni dell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, programmatica per il suo pontificato, ha fatto seguire quel cammino sinodale che dal 2021 ha coinvolto le Chiese locali e le Conferenze episcopali nazionali e continentali di tutto il mondo. Fino all’ultima Assemblea dell’ottobre scorso, a cui hanno partecipato 368 membri, dei quali 53 donne, religiose e laiche, con diritto di voto: un evento unico. Se la comunione è la chiave di lettura fondamentale per leggere il Sinodo, l’accento cade anche sul «rinnovamento spirituale e riforma strutturale». Il documento finale, infatti, adopera un termine biblico molto denso: conversione. Un cambiamento interiore e insieme strutturale, esigente e urgente. Prima ancora dei contenuti sinodali, preziosa eredità da coltivare nelle nostre comunità, qui preme ricordare lo stile sinodale che papa Francesco ha coltivato in questi anni nella Chiesa. Uno stile di ascolto, convocazione, discernimento, decisione e valutazione. Ricordando che in questi passi sono necessari le pause, i silenzi, la preghiera. Uno stile da apprendere e coltivare insieme, un po’ alla volta. Convinti che lo Spirito Santo ci chiama e ci sostiene in questo apprendimento, che dobbiamo comprendere come processo di conversione della Chiesa intera, laici, presbiteri, vescovi, religiosi, nessuno e nessuna esclusi. L’eredità di papa Francesco può raffigurarsi sinteticamente in uno slancio, che ci dà il coraggio di testimoniare che è possibile camminare insieme nella diversità, senza condannarci l’un l’altro. Un mondo di Fratelli Tutti e la Chiesa Sinodale, ora, hanno bisogno che le parole condivise siano accompagnate dai fatti. E questo è il cammino che ci sta davanti.
Stefano Bertin Forum di Limena