IdeeMentre in Occidente si riaffermano visioni di potere e interessi, esiste una strada possibile ponendo al centro il ruolo della filosofia come pratica di incontro e accoglienza, capace di incidere sulle sfide globali e sul senso della convivenza
Mentre il 17 aprile nella studio ovale della Casa Bianca risuonavano le parole «Faremo di nuovo grande l’Occidente» che richiamavano il «Make America great again» e altre sue declinazioni, si teneva a cura della Normale di Pisa e dell’Università di Taiwan il Forum East-West on applied ethics dal titolo “I ponti delle etiche”. Il tema del confronto era l’etica applicata come possibile punto di incontro tenendo ben presenti le complesse e diverse realtà dell’Oriente e dell’Occidente. Non ha senso mettere a confronto i due momenti, ma è importante cogliere la distanza tra le letture e le visioni del potere e quelle del pensiero filosofico che da sempre è origine e sostegno all’azione. Non è astrattezza come vorrebbe qualificarla il pragmatismo assunto come unico criterio di governo. Fare grande l’Occidente nell’incontro tra due università assume un significato lontano da quello espresso nello studio ovale dove a prevalere erano gli accordi economici, gli equilibri armati, la difesa degli interessi di alcuni e la rassegnazione di fronte alla violazione di diritti umani, il possesso di tecnologie avanzate più per dominare che per rispondere alle richieste di cura dei più fragili. La questione di fondo, ha affermato il filosofo Giovanni Scarafile anima del dialogo universitario, è chiedersi se «le risorse della filosofia sono in grado di incidere concretamente su questioni decisive come la qualità della convivenza, la tenuta delle istituzioni, la sostenibilità delle scelte economiche, il destino stesso dell’umano, solo per citarne alcune, o restano sullo sfondo in una posizione di irrilevanza?». Ci si domanda se c’è ancora una responsabilità pubblica del pensiero e ci si interroga sulle strade da aprire per farne un’esperienza condivisa nella diversità senza chiudere gli occhi su opposte visioni e scelte. È possibile fare più grande l’Occidente, senza fare più grande l’Oriente, senza fare più grande il mondo? Come diventare più grandi insieme se viene meno il rispetto dell’altro, del diverso, del senza risorse? Scarafile aggiunge: «L’ospitalità di cui parliamo non è un relativismo accomodante che evita di prendere posizione, ma un’etica dell’incontro che sa accogliere senza assimilare, confrontarsi senza imporre, criticare senza svalutare. È in questo esercizio quotidiano di ospitalità che la filosofia può ritrovare la sua rilevanza: non come sistema chiuso di risposta ma come pratica aperta di interrogazione». La fatica e la bellezza del pensiero generano la cultura dell’ospitalità e questo processo richiede il risveglio della coscienza delle persone e dei popoli, perché la cultura di governo non sia la cultura di un potere incontrollato. Riaprire questa strada è impegnativo e nello stesso tempo doveroso per tutti. Degli intellettuali è la responsabilità di compiere il primo passo, ma sarebbe inutile se non suscitasse in persone e comunità pensanti la volontà di proseguire il cammino per diventare tutti grandi.
