Secondo giorno di proiezioni alla 20a Festa del Cinema di Roma, con due titoli italiani in evidenza. Anzitutto il dramma con lampi di umorismo gentile “Per te” di Alessandro Aronadio con Edoardo Leo, Teresa Saponangelo e Javier Francesco Leoni, che racconta la storia vera di un padre quarantenne colpito da Alzheimer precoce, e del percorso di accettazione della malattia nella quotidianità insieme alla moglie e al figlio preadolescente. E proprio quel figlio, nella realtà Mattia Piccoli, è stato insignito nel 2021 del titolo di Alfiere della Repubblica dal presidente Sergio Mattarella: “per l’amore e la cura con cui segue quotidianamente la malattia del padre”. Attori favolosi, per un film governato con rispetto e delicatezza. In cartellone anche “Breve storia d’amore”, esordio alla regia della sceneggiatrice Ludovica Rampoldi, che mette in scena una riflessione sul rapporto di coppia e la sua stabilità attraverso un giallo sentimentale interpretato da Pilar Fogliati, Adriano Giannini, Valeria Golino e Andrea Carpenzano. Buone intuizioni, anche se il film non è sempre a fuoco.
“Per te” (Cinema, dal 17.10.25)
“È giusto trattare un argomento così terribile provando a usare toni più leggeri?”. Così il regista-sceneggiatore Alessandro Aronadio (“Era ora”, 2022) nel presentare il suo nuovo film “Per te”, ispirato alla famiglia Piccoli segnata da una rara forma di Alzheimer precoce che ha colpito il papà Paolo poco più che quarantenne, e la risposta di forza e luminosità del figlio undicenne Mattia e della moglie Michela. In particolare,
la resilienza e l’amore di Mattia per suo padre sono diventati un caso nazionale nel 2021 quando il presidente Sergio Mattarella ha nominato il ragazzo Alfiere della Repubblica.
Scritta da Aronadio con Ivano Fachin e Renato Sannio, la loro storia è diventata un film interpretato con grande intensità e prudenza da Edoardo Leo, Teresa Saponangelo, Javier Francesco Leoni e Giorgio Montanini. Prodotto da Piper Film, Lungta, Alea e Netflix, “Per te” è nei cinema dal 17 ottobre.
La storia. Paolo ha poco più di quarant’anni, è sposato con Michela ed è papà di Mattia, undicenne acuto e brillante. La loro quotidianità è spensierata, fatta di sorrisi e complicità. All’improvviso una crepa, che minaccia di inghiottire tutto. Paolo ha avuto una diagnosi implacabile: Alzheimer precoce, aggressivo. Così fa di tutto per vivere al meglio il tempo in cui i ricordi non vacillano, prendendosi un congedo dal lavoro per seguire il figlio Mattia, dandogli insegnamenti utili per quando sarà grande: farsi la barba, il nodo alla cravatta o imparare a guidare la macchina. Michela e Mattia sono sempre al suo fianco, pronti a sorreggere i suoi sorrisi anche quando Paolo non ne sente più motivo…
“In questo film – ha affermato il regista – la diagnosi doveva essere raccontata come un tragico scherzo, una dichiarazione d’intenti, nostra e della vita (…). Perché ‘Per te’ racconta anche questo: due approcci diversi alla tragedia. Il primo, più leggero, di chi vive la commedia come modo per esorcizzare il dolore. L’altro, più concreto e pragmatico, ricorda che la risata è una medicina ma non può essere un’eterna via di fuga, e che a un certo punto le cose vanno attraversate (…). Paolo e Michela nel film incarnano questi due approcci e durante l’arco della storia ognuno, credo, finisce per imparare qualcosa dall’altro”.
“Per te” è un’opera che danza con passo leggero su un tema-vertigine che schianta, da cui si vorrebbe fuggire.
Rispetto al recente, e altrettanto delicato, “Familiar Touch” (2025), il film italiano si serve dell’umorismo gentile per governare una materia incandescente, senza mancare di rispetto a chi abita la malattia, alle famiglie coinvolte nella tempesta dello smarrimento e del dolore.
“Per te” è una bellissima storia d’amore, tra un marito e una moglie, tra un padre e un figlio. Il viaggio di un uomo nelle terre della paura – è la sfida più grande per Paolo, arrivare a dire al figlio undicenne “ho paura” – e dell’ignoto, senza però sentirsi mai solo, senza appigli o tenerezza.
Un’opera che non ristagna nella malattia e nel dolore, bensì nella vita che brilla nella quotidianità familiare.
E laddove Paolo non riesce più a trattenere i ricordi, sono Mattia e Michela a farlo per lui, a colorare i dettagli mancanti dalle sue giornate.
Edoardo Leo regala ancora una volta un’interpretazione misurata e vibrante, come pure Teresa Saponangelo; sorprende poi la spontaneità gentile di Javier Francesco Leoni, che sagoma Mattia. “Per te” non è un film ricattatorio, al contrario. Ha un respiro, per quanto possibile, arioso e lieve, che regala una dolce commozione. Consigliabile, poetico, per dibattiti.
“Breve storia d’amore”
Romana classe 1979, Ludovica Rampoldi è una sceneggiatrice che si muove con abilità tra cinema e serie Tv. Tra le sue collaborazioni: i film con Marco Bellocchio “Il traditore” (2019) ed “Esterno Notte” (2022), come pure “Il maestro” di Andrea Di Stefano presentato a Venezia82 e nei cinema da novembre 2025; per la Tv ha scritto “The Bad Guy” (2022) e “I leoni di Sicilia” (2023). Alla 20a Festa del Cinema di Roma presenta la sua opera prima, il suo esordio dietro alla macchina da presa: è “Breve storia d’amore”, un copione tenuto in un cassetto per molti anni. Protagonisti un poker di attori di primo piano: Pilar Fogliati, Adriano Giannini, Valeria Golino e Andrea Carpenzano. Prodotto da Indigo, HT Film e Rai Cinema, il film verrà distribuito nelle sale da 01 Distribution.
La storia. Roma, oggi. Lea e Andrea sono una coppia di trentenni con una figlia. Lei giornalista, lui attore. Una sera Lea, annoiata o probabilmente infelice, entra in un bar per bere un cocktail e incontra Rocco, sismologo cinquantenne sposato con Cecilia, psicoterapeuta. Lea forza le reticenze di Rocco, e iniziano una frequentazione. Ben presto, però, la passione tra i due ambisce all’importanza di una relazione. Rocco è incerto su come muoversi, Lea lo provoca frequentando gli stessi ambienti in cui si trovano lui e la moglie Cecilia. Quello però che appare come un triangolo amoroso, in realtà, nasconde verità più articolate…
“Cos’è una coppia? Come funziona, quali sono i suoi confini?”. Questo si chiede la regista Rampoldi che aggiunge: “Volevo che fosse un film serio ma non drammatico, essendo l’ironia lo strumento più affilato per andare in profondità. E volevo che avesse un passo di racconto capace di coinvolgere lo spettatore, depistandolo e interrogandolo come in un mistery o in un thriller psicologico. Far convivere questi tre elementi – il romance, l’ironia, il thriller – è stata la sfida maggiore”.
“Breve storia d’amore” è un esordio che funziona, ma a corrente alternata.
Il racconto, diviso in brevi capitoli, come quelli di un romanzo biografico-sentimentale, procede in maniera misteriosa e brillante, oscillando con arguzia tra più assi-generi narrativi. Lo spettatore sulle prime rimane di certo intrigato dall’andamento sinuoso e velato della storia, ma ben presto lungaggini o dispersioni ne depotenziano l’andamento e il pathos. L’approdo finale appare fin troppo furbo e fumoso. A salvare l’andamento narrativo è lo stile della regia, ricercato, e al contempo gli attori in campo, che abitano i personaggi con attenzione e controllo.
A livello tematico, “Breve storia d’amore” non aggiunge molto al già visto sull’argomento. Offre delle suggestioni interessanti, che però non risultano ben approfondite.
Le due coppie “sotto esame” sono abitate da stanchezza e mezze verità, quando non da menzogna.
Relazioni più o meno sedimentate, più o meno complici, prive però di dialogo e di radici. Per questo la storia sembra accontentarsi di abitare la superficie della questione, ma non la sostanza, gestendolo il tutto comunque con eleganza visiva. Complesso, problematico, per dibattiti.