Volti tirati, talora segnati dalle lacrime, hanno espresso la tristezza composta e orante di un popolo, raccolto nel dolore incommensurabile di chi ha perso un padre, un fratello, un figlio o un amico. È questa la fotografia che ha caratterizzato il pomeriggio di venerdì 17 ottobre, presso la basilica abbaziale di Santa Giustina di Padova, per la cerimonia di commiato di Valerio Daprà, Davide Bernardello e Marco Piffari. Sono i tre carabinieri vittime di un’esplosione avvenuta nella notte tra lunedì 13 e martedì 14 ottobre a Castel D’Azzano, in provincia di Verona. Il maresciallo Valerio Daprà, cinquantaseienne brigadiere, capo qualifica scelta e l’appuntato scelto Davide Bernardello di 36 anni, appartenevano entrambi al Nucleo operativo radiomobile della Compagnia di Padova. Entrambi facevano parte del reparto delle Aliquote di primo intervento dei carabinieri (Api, le squadre speciali antiterrorismo che intervengono in situazioni ad alto rischio). Con loro è morto anche il sottotenente Marco Piffari, di 56 anni, residente in provincia di Padova e comandante della Squadra operativa supporto del Battaglione mobile di Mestre. Altri 13 uomini dell’arma sono rimasti feriti, su un totale di 25 impegnati nell’operazione.
Quella notte stavano eseguendo una perquisizione in un casolare di Castel d’Azzano, una cittadina a sud di Verona, in vista di uno sgombero abitativo. Gli inquilini dell’immobile, i tre fratelli Franco, Dino e Maria Luisa Ramponi, agricoltori e allevatori con problemi finanziari e ipotecari, stavano portando avanti da anni, su questa controversia, un braccio di ferro con l’autorità competente. In passato i tre si erano detti «pronti a tutto» pur di non lasciare la casa ma nessuno avrebbe mai pensato a un epilogo di tale portata ed efferatezza. Dalla ricostruzione degli inquirenti che stanno conducendo le indagini, sarebbe stata Maria Luisa ad accendere l’innesco – probabilmente una molotov – da cui è partita l’esplosione fatale: al momento dell’ingresso dei militari l’abitazione era satura di gas.
Il giorno del funerale officiato da Gian Franco Saba, ordinario militare per l’Italia, e da numerosi altri sacerdoti tra cui il vescovo di Padova, Claudio Cipolla, e quello di Verona, Domenico Pompili, ha visto la presenza di numerosissimi cittadini che si sono stretti intorno ai familiari di Valerio, Davide e Marco. Erano presenti anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il primo ministro Giorgia Meloni e numerose altre autorità civili e militari. Mons. Saba nell’omelia, pronunciata con voce pacata e ferma, ha sottolineato come sia stato «duro, doloroso e umanamente incomprensibile, il drammatico evento che ha provocato la morte di Marco, Valerio e Davide e il ferimento di tanti operatori in servizio. Anche noi nell’eucaristia, Mistero della Pasqua, ricerchiamo luce di consolazione, di fede e di speranza. Dalla mensa della Parola e dell’eucaristia, il Signore Risorto continua a dirci: “Non sia turbato il vostro cuore”, Egli ci insegna a vivere il trauma dell’addio».
Il presule ha aggiunto che «il gesto dell’”alzare il calcagno” è l’atto minaccioso di chi intende calpestare. Esso esprime l’impulso violento di chi eccita il proprio cavallo col tallone per fargli calpestare il suo simile. Gesù ha toccato con mano cosa significhi rompere con violenza la convivialità umana». E una preghiera e un auspicio: «O Signore, in quest’ora, dona la luce della consolazione, a coloro che hanno perduto gli affetti più cari. Tu sai che in questa notte di tenebra si scontrano incomprensione, dolore, la tentazione di essere refrattari al bene, alla bontà, alla mitezza; è il buio umano del discepolo di tutti i tempi. Insegna anche a noi a saper contrapporre “all’intelligenza del male, l’intelligenza dell’amore”». Infine un ultimo pensiero per «i nostri fratelli Marco, Valerio e Davide: hanno seguito la via del servizio per il bene comune. Nel loro incontro con Cristo si saranno specchiati in Lui vedendo così che il volto bello dell’umanità sta nel servire il prossimo, nel promuovere il bene che edifica».
Alla fine della cerimonia, toccanti sono state le parole pronunciate da parenti dei tre militari. In particolare quelle di Christian, figlio di Valerio Daprà: «Mio padre ha scelto una strada fatta di coraggio, sacrificio e responsabilità. Per lui era importante quel senso di responsabilità che era costantemente presente nella sua vita, insieme alla pacatezza e alla modestia sincera. Sono le qualità che ha sempre cercato di trasmettermi e anche se questa insensata tragedia lo ha strappato a me e all’affetto di tutti coloro che lo hanno amato, voglio credere che l’eredità caratteriale e morale che lascia continui a parlarmi anche nel silenzio, mantenendo viva la sua memoria».
Il ministro della difesa Guido Crosetto visibilmente turbato, ha affermato tra le altre cose, che «il nome dei giusti, invece, di chi ha dato la vita per la Patria, è scritto nella roccia della memoria della Repubblica».
A margine della celebrazione mons. Claudio Cipolla ha osservato come in questa occasione «è stata una città che si è stretta attorno a questo dolore, accumunata da valori profondi che fanno riferimento al nostro essere cristiani. Abbiamo percepito nella celebrazione una dimensione di sincera umanità. Si è celebrata la vita di tre uomini che hanno testimoniato il valore della donazione che, come abbiamo constatato anche in questa occasione, ha dei rischi: oggi l’Italia ha riconosciuto questo prezioso servizio che viene svolto dall’Arma dei carabinieri. Da parte delle famiglie la sensazione è stata che adesso, se c’è ancora qualcosa che possiamo dire su queste vite, non viene della nostra razionalità, ma dalla spiritualità, dalle fede».