“Non eroi o paladini di qualche ideale, ma uomini e donne autentici”. Sono i sette nuovi santi che Papa Leone canonizza in piazza San Pietro davanti a una folla che occupa anche parte di via della Conciliazione. Sul sagrato della basilica il capo dello Stato Sergio Mattarella, il presidente del Libano Joseph Khalil Aoun, e delegazioni dal Venezuela e Armenia.
Nella Giornata missionaria mondiale il vescovo di Roma chiede di pregare “specialmente per quegli uomini e quelle donne che hanno lasciato tutto per andare a portare il Vangelo a chi non lo conosce”: costoro sono “missionari di speranza tra le genti”.
Così i nuovi santi. Tra loro Bartolo Longo “l’apostolo del Rosario” come lo definì Giovanni Paolo II, l’uomo che “per amore di Maria divenne scrittore, apostolo del Vangelo, propagatore del Rosario, fondatore del celebre santuario in mezzo a enormi difficoltà e avversità”; ancora creò “istituti di carità, divenne questuante per i figli dei poveri” e trasformò Pompei da valle desolata e sperduta in una “cittadella di bontà umana e cristiana”. Poi l’arcivescovo armeno Ignazio Choukrallah Maloyan, martire del genocidio, il “Grande crimine” come viene chiamato in Armenia, compiuto dall’impero Ottomano. Ma anche Pietro To Rot, un catechista ucciso perché si oppose agli occupanti giapponesi: è il primo santo di Papua Nuova Guinea. Quando Giovanni Paolo II lo beatificò a Port Moresby, gennaio 1995, dietro la piccola bara bianca vi erano la moglie Paula Ia Varpit e la figlia Rufina, l’unica rimasta in vita dei tre figli di To Rot.
Gli altri santi ecco le italiane Maria Troncatti e Vincenza Maria Poloni, poi i venezuelani Giuseppe Gregorio Hernández Cisneros e María Carmen Elena Rendiles Martínez.
I nuovi santi, dice Leone XIV nell’omelia in piazza san Pietro, “hanno tenuto accesa la lampada della fede” e sono diventati “lampade capaci di diffondere la luce di Cristo”. La fede è il tema centrale delle parole del Papa, a commento del Vangelo di Luca, il racconto della vedova che cerca giustizia e la chiede al giudice che “non ha timore del giudizio di Dio e non ha rispetto per il prossimo”. Quasi nulle sembrano le possibilità per la donna di essere ascoltata, e invece, scrive Luca, il giudice accoglie la richiesta con queste parole: “anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi”.
Papa Leone sottolinea che la tenacia della vedova – nella Bibbia la vedova e l’orfano sono le categorie più bisognose, perché indifese e senza mezzi – “diventa per noi un bell’esempio di speranza, specialmente nel tempo della prova e della tribolazione. La perseveranza della donna e il comportamento del giudice, che opera controvoglia, preparano però una provocatoria domanda di Gesù: Dio, il Padre buono, non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui”.
Ecco l’interrogativo con il quale si chiude il brano di Luca: “il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” Senza la fede, afferma il Papa, sparirebbe la speranza e la “libertà di tutti verrebbe sconfitta dalla morte; il nostro desiderio di vita precipiterebbe nel nulla. Senza fede in Dio non possiamo sperare nella salvezza”. Come non ci stanchiamo di respirare, ha detto ancora Leone XIV “così non stanchiamoci di pregare”, perché la fede “si esprime nella preghiera e la preghiera autentica vive di fede”.
Due le tentazioni che mettono alla prova la fede: lo scandalo del male che porta “a pensare che Dio non ascolti il pianto degli oppressi e non abbia pietà del dolore innocente”; e la pretesa “che Dio debba agire come vogliamo noi”; una preghiera in sostanza che diventa “comando verso Dio, per insegnargli come fare a essere giusto e efficace”. Ma Dio “fa giustizia verso tutti donando per tutti la sua vita”. Quando gridiamo al Signore dove sei, nella preghiera “riconosciamo che Dio è lì dove l’innocente soffre”. La croce rivela la giustizia di Dio, afferma il Papa, e quando “siamo crocifissi dal dolore e dalla violenza, dall’odio e dalla guerra, Cristo è già lì, in croce per noi e con noi. Non c’è pianto che Dio non consoli; non c’è lacrima che sia lontana dal suo cuore. Il Signore ci ascolta”. Così accogliendo la misericordia di Dio si diventa davvero capaci di “misericordia verso il prossimo”. Chi non “accoglie la pace come un dono, non saprà donare la pace”.
Anche per la pace in Terra Santa, in Ucraina e negli altri luoghi di guerra, non può mancare la preghiera: “Dio conceda a tutti i responsabili saggezza e perseveranza per avanzare nella ricerca di una pace giusta e duratura”. E non dimentica, Papa Leone, il Myanmar da dove giungono notizie “purtroppo dolorose”. Così rinnova il suo appello affinché “si giunga a un cessate il fuoco immediato e efficace”.