Fatti
Ma come va l’economia italiana, stando ai numeri e non alle impressioni personali e alle beghe politiche? È in coma vigile. Cresciamo sì, ma pochissimo; peggio ancora, siamo agli ultimi posti in Europa e, nel 2027 (secondo le stime dell’Unione Europea), saremo all’ultimo.
L’Eurozona da qui a due anni crescerà dall’1,2 all’1,4%. Niente di ché, insomma. Ma l’Italia va al rallentatore: 0,4% nel 2025 – quasi niente – per poi passare allo 0,8% nel 2027. Il doppio di oggi, ma meno di tutti i Paesi dell’Unione. Pure la Germania, che da qualche anno è semplicemente ferma, correrà ad una velocità dal doppio al triplo della nostra.
Insomma non produciamo nuova ricchezza. E per un Paese come il nostro privo di materie prime, indebitato fino ai capelli, in crisi demografica strutturale, non è certo una buona notizia. Ma nemmeno è una novità.
È dal 1995 infatti che l’Italia va alla velocità della lumaca. Qualche spunto d’accelerazione, qualche frenata (2008, crisi subprime; 2020, Covid), ma l’andatura media segna un più 0,5% all’anno. Se negli ultimi trent’anni non avessimo triplicato i nostri debiti – la vera fatina magica del nostro attuale benessere – saremmo fanalini di coda del Primo mondo.
Un problema? Grosso come una casa. Senza nuova ricchezza – anzi, perdendo quella acquisita – non ci sono risorse aggiuntive per la sanità, il welfare, l’assistenza sociale, la sicurezza, la scuola e l’università… Figuriamoci per le grandi opere pubbliche, e sarà soprattutto questa la ragione che lascerà Sicilia e Calabria alla stessa distanza di prima.
Andando a cercare le cause, se ne trova una che basta e avanza: la produttività. Da decenni è stagnante, dopo la forte crescita del Dopoguerra, esauritasi con la fine del secolo scorso. L’economia si è terziarizzata – insomma i soldi girano, ma sono sempre quelli. Le industrie manifatturiere stanno rarefacendosi; l’export tira ma sembra sempre “occasionale” (quante multinazionali italiane ci sono in giro per il mondo?). La colossale pubblica amministrazione quasi sempre è un freno, quindi un costo improduttivo.
Siamo bravi a fare tortellini, spritz e accessori per auto; siamo a zero nell’alta tecnologia, nel mondo digitale, nell’innovazione, in tutti quei business che stanno spostando fette enormi di ricchezza da qua a là.
Non abbiamo né la propensione né il bisogno di cambiare; ci basta campare. Per fortuna, questo è il Paese più bello del mondo e la cosa aiuta.