Ci sono i posti, non chi li possa occupare. L’intero complesso economico italiano è carente di qualcosa come 750mila mancati lavoratori
Mancano drammaticamente infermieri e geometri, camionisti e informatici, camerieri e medici. Sono in affanno l’edilizia, il turismo, il metalmeccanico, i trasporti (pubblici e privati) e addirittura alcuni settori dell’impiego pubblico
L’Istat ci sta regalando numeri interessanti, nella sua analisi statistica dell’Italia di oggi. Tra questi, i dati relativi all’occupazione. Per un Paese fondato sulla fatica di trovare un lavoro, gli ultimi anni segnalano un deciso cambio di direzione. Il tasso di disoccupazione è al 6%, vicino a quello considerato “fisiologico” in un’economia in ottima salute. I laureati stanno facendo meno fatica a trovare un lavoro, cala il numero dei Neet (chi non studia né lavora) tra i più giovani: ora il fenomeno riguarda solo uno su sette.
Altre buone notizie: anche il Mezzogiorno migliora e in generale l’abbandono scolastico è in continuo calo, ora è sceso sotto il 10%.
Ma la situazione potrebbe essere decisamente migliore, considerando il fatto che l’intero complesso economico italiano è carente di qualcosa come 750mila mancati lavoratori: ci sono i posti, non c’è chi li possa occupare. Un fenomeno che ormai sta dilagando oltre il Nord e ben al di là dell’industria manifatturiera: mancano drammaticamente infermieri e geometri, camionisti e informatici, camerieri e medici. Sono in affanno l’edilizia, il turismo, il metalmeccanico, i trasporti (pubblici e privati) e addirittura alcuni settori dell’impiego pubblico. La scuola fatica a trovare insegnanti di matematica, i Comuni non scovano figure tecniche, pure gli operatori socio-sanitari (Oss) si sono fatti preziosi.
Non è un caso che se ne sia accorto pure il sistema scolastico, uno dei mondi più lenti e restii al cambiamento nel panorama italiano. Fioccano corsi sempre più specialistici tra i licei, aumentano le adesioni alle scuole professionali che a loro volta si indirizzano verso nicchie poco esplorate; per non parlare delle università.
La denatalità non promette di migliorare la situazione nel breve e medio periodo. Piuttosto sarà l’innovazione tecnologica a dettare il cambiamento, con macchinari (li definiamo anacronisticamente “robot”) sempre più in grado di sostituire le persone nelle mansioni più pericolose, monotone e faticose; con sviluppi tecnologici che bypasseranno l’intervento umano; con evoluzioni che però raccontano una cosa: la mancata, scarsa o sbagliata formazione scaverà un fossato tra chi sta al passo, e tra chi è rimasto fermo.
Ma tutto ciò in fondo entra nel cassetto delle “belle notizie”. Se blocchiamo l’emorragia delle figure più qualificate che vanno a lavorare all’estero, si traslocheranno queste righe nel cassetto delle ottime notizie.