Chiesa
In questa domenica, che precede il Natale, l’Avvento giunge a compimento: Dio sceglie non solo di visitare, ma di vivere in mezzo al suo popolo; sceglie uno sconosciuto villaggio della Palestina, Betlemme. Sceglie ancora di nascere in una mangiatoia da una povera ragazza di Nazareth, Maria: sarà lei a dare corpo e volto all’Emanuele, Dio con noi.
Ma è anche la domenica di Giuseppe “uomo giusto” come scrive Matteo. Giuseppe viene a sapere la maternità della sua promessa sposa Maria, e, proprio perché uomo giusto, non vuole accusarla pubblicamente ma pensa di ripudiarla in segreto. Il fidanzamento ebraico costituiva un vero e proprio vincolo giuridico e la sua violazione, come si legge nel Deuteronomio, era considerata adulterio. L’evangelista, dice all’Angelus Papa Leone, ci presenta Giuseppe “nel momento in cui Dio gli rivela, in sogno, la sua missione. Ci propone così una pagina molto bella della storia della salvezza, il cui protagonista è un uomo fragile e fallibile, come noi, e al tempo stesso coraggioso e forte nella fede”. Giuseppe, diceva Papa Benedetto XVI, è “l’uomo nuovo, che guarda con fiducia e coraggio al futuro, non segue il proprio progetto, ma si affida totalmente all’infinita misericordia di colui che avvera le profezie e apre il tempo della salvezza”.
Nella prima lettura troviamo nel testo del profeta Isaia l’annuncio che questi fa al re di Giuda Acaz: “il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele”. Un testo che viene spesso letto e collegato con il brano di Matteo come una profezia del concepimento verginale di Gesù.
Nasce, dunque, in un piccolo paese Gesù, una terra circondata dalle superpotenze dell’epoca: Roma, l’Egitto dei faraoni e la Persia; nasce lui stesso profugo, lontano dalla terra dei suoi genitori. “Il Figlio di Dio ‘viene’ nel suo seno [di Maria] per diventare uomo e lei lo accoglie” affermava Papa Francesco. “Così, in modo unico, Dio si è avvicinato all’essere umano prendendo la carne da una donna”.
Sappiamo che Giuseppe non solo non ripudia segretamente Maria, “e così – afferma Leone XIV all’Angelus – mostra di cogliere il senso più profondo della sua stessa osservanza religiosa: quello della misericordia”. Ma di più, in questo accettare la volontà del Signore “la purezza e la nobiltà dei suoi sentimenti diventano ancora più evidenti” afferma Papa Prevost; e nell’accogliere “il ruolo inaspettato che dovrà assumersi” Giuseppe “con un grande atto di fede, lascia anche l’ultima spiaggia delle sue sicurezze e prende il largo verso un futuro che è ormai totalmente nelle mani di Dio”. Così cita Sant’Agostino il Papa per dire che “alla pietà e alla carità di Giuseppe nacque dalla vergine Maria un figlio e proprio il Figlio di Dio”.
“La volontà di Dio per lui – scrive Benedetto XVI nel suo libro L’infanzia di Gesù – non è una legge imposta dall’esterno, ma gioia. La legge gli diventa spontaneamente vangelo, buona novella, perché egli la interpreta in atteggiamento di apertura personale e piena di amore verso Dio, e così impara a comprenderla e a viverla dal di dentro”. E in quanto figlio di Davide, ricorda ancora Benedetto XVI, Giuseppe sa che “deve farsi garante della fedeltà di Dio”.
Ma torniamo alle parole del Papa che all’Angelus spiega come “pietà e carità, misericordia e abbandono” sono le virtù dell’uomo di Nazaret che “la Liturgia oggi ci propone, affinché ci accompagnino in questi ultimi giorni di Avvento, verso il Santo Natale”. Atteggiamenti importanti, li definisce, che “educano il cuore all’incontro con Cristo e con i fratelli, e che possono aiutarci ad essere, gli uni per gli altri, presepe accogliente, casa ospitale, segno della presenza di Dio”. L’invito di Leone XIV è di non “perdere occasione per praticarli: perdonando, incoraggiando, dando un po’ di speranza alle persone con cui viviamo e a quelle che incontriamo; e rinnovando nella preghiera il nostro filiale abbandono al Signore e alla sua Provvidenza, affidandogli tutto con fiducia”.
Angelus nella domenica in cui bambini e ragazzi sono in piazza per la benedizione delle statuette del presepio. L’auspicio del Papa è che “tutti i bambini del mondo possano vivere nella pace che “esiste, vuole abitarci, ha il mite potere di illuminare e allargare l’intelligenza, resiste alla violenza e la vince. La pace – scrive il Papa nel messaggio per la giornata del primo gennaio – ha il respiro dell’eterno: mentre al male si grida ‘basta’, alla pace si sussurra ‘per sempre’”. Scrive ancora Papa Leone: “anche nei luoghi in cui rimangono soltanto macerie e dove la disperazione sembra inevitabile, proprio oggi troviamo chi non ha dimenticato la pace. Come la sera di Pasqua Gesù entrò nel luogo dove si trovavano i discepoli, impauriti e scoraggiati, così la pace di Cristo risorto continua ad attraversare porte e barriere con le voci e i volti dei suoi testimoni”.