Storie
Tina Anselmi, che fu la prima ministra
La democrazia è un bene deperibile che va coltivato con cura. Un motto che ben definisce lo spirito di Tina Anselmi, la parlamentare nata a Castelfranco Veneto il 25 marzo 1927.
StorieLa democrazia è un bene deperibile che va coltivato con cura. Un motto che ben definisce lo spirito di Tina Anselmi, la parlamentare nata a Castelfranco Veneto il 25 marzo 1927.
Una donna – “un politico” – che molto ha rappresentato, e soprattutto fatto, per il nostro Paese, tanto che nel 2006 un gruppo di blogger ne sostenne la candidatura a Presidente delle Repubblica a partire dal blog “Tina Anselmi al Quirinale”. Basta scorrere alcune delle dieci ragioni per cui veniva candidata, per imparare a conoscerla: perché riconosce il valore della Costituzione della Repubblica italiana; per il suo impegno nella liberazione dal fascismo e successivamente nell’opera di ricostruzione politica e sociale dell’Italia; per le doti di equilibrio e dirittura morale, d’intransigenza istituzionale che le hanno fatto guadagnare il consenso più ampio e disinteressato di tutte le parti politiche; per l’impegno che ha profuso fuori dagli incarichi politici per promuovere una cultura di pace e di giustizia sociale; per aver esaltato il ruolo della donna nella politica e nella società, attraverso il suo esempio di vita e la sua attività politica.
Una biografia politica esemplareNasce in una famiglia cattolica, il padre è un aiuto farmacista di idee socialiste perseguitato dai fascisti. Studente a Bassano, nel settembre del 1944 assieme ad altri studenti è costretta dai fascisti ad assistere all’impiccagione di trentuno prigionieri per rappresaglia. Da qui il suo impegno nella Resistenza, prima con la brigata Cesare Battisti poi al Comando regionale veneto del Corpo volontari della libertà. Il suo impegno politico si rafforza e sempre nel 1944 si iscrive alla Democrazia cristiana. Dopo la guerra si laurea, diventa maestra elementare e quindi sindacalista: della Cgil prima, ma dal 1950 è tra i fondatori della Cisl. La sua attività politica in questi anni è tra le giovani della Dc e i suoi sono incarichi nazionali ed europei. Nel 1968 viene eletta deputata e lo sarà per sei legislature, fino al 1992 quando «per il bene del partito» fu costretta a cambiare collegio elettorale.
La prima ministra italianaDopo essere stata per tre volte sottosegretaria, dal 29 luglio 1976 è alla guida del Lavoro e della previdenza sociale nel terzo governo Andreotti, diventando la prima donna ministra della storia italiana dopo 115 anni dall’Unità d’Italia e836 ministri maschi. È stata poi ministra della Sanità tra il 1978 il 1979, portando a termine la riforma della Sanità – ferma da 14 anni – che ha garantito a tutti il diritto alla copertura delle spese sanitarie. E poi la “legge Basaglia” sulla chiusura dei manicomi, così chiamata dallo psichiatra Franco Basaglia che tanto si batté perché ciò si realizzasse; la firma della legge 194 sull’interruzione volontaria della gravidanza, nonostante durante il referendum Tina Anselmi – profondamente credente – si fosse schierata con il suo partito, la Dc, contro questa legge, in ossequio al valore della “laicità dello Stato”. A lei si deve legge sulle pari opportunità.
L’impegno politico-istituzionaleNella primavera del 1978, nelle settimane successive al rapimento di Aldo Moro, Anselmi fu incaricata dei contatti tra la Democrazia cristiana e la famiglia dello statista. Nel 1981 viene nominata presidente della Commissione di inchiesta sulla loggia massonica P2, che termina i lavori nel 1985: è un capitolo essenziale della vita della Repubblica, una responsabilità che Anselmi assume pienamente e con forza, firmando l’importante relazione che analizza le gravi relazioni della loggia con apparati dello Stato e con frange della criminalità organizzata, messe in campo per condizionare con ogni mezzo la vita democratica del Paese. L’incarico le fu assegnato da Nilde Iotti, allora Presidente della Camera: Tina Anselmi chiese quindici minuti per pensarci, poi accettò l’incarico. Fu la sola donna della Commissione, che era composta da altri venti senatori e venti deputati. Questo incarico le costò insulti, delegittimazione e un crescente isolamento politico, anche nel suo partito. Del resto basta un piccolo stralcio della relazione finale della Commissione per capire la portata dell’inchiesta: «Le conclusioni che abbiamo esposto sono di tenore tale che l’estensore di queste note avverte per primo l’esigenza di procedere con la massima cautela possibile in questa materia, per la quale peraltro, si deve riconoscere, è del tutto illusorio sperare di raggiungere dimostrazioni che poggino su prove inconfutabili. Si è così argomentato sulla base dei documenti proponendo una linea interpretativa che si riconduca a logica e coerenza, pronti a verificare tale assunto con altre possibili ricostruzioni posto che, secondo l’assunto metodologico seguito, consentano di fornire altra spiegazione coerente ed unitaria dei fenomeni». In seguito diventa presidente della Commissione nazionale per le pari opportunità, membro della Commissione di inchiesta sull’operato dei soldati italiani in Somalia, presidente della Commissione nazionale sulle conseguenze delle leggi razziali per la comunità ebraica italiana che ha terminato i suoi lavori nell’aprile 2001.
Il volumeIl suo impegno per le donne è ben raccontato nel volume di Mauro Pitteri Tina Anselmi per le donne. Attività politica e parlamentare dal 1956 al 1992, iniziativa di ricerca e progetto editoriale promossi da Cisl Veneto e Fondazione Corazzin con l’obiettivo di riscoprire e valorizzare l’intensa, ma poco esplorata, attività politica e parlamentare di Tina Anselmi per promuovere l’emancipazione femminile. Dal volume emerge una politica capace einnovatrice, nella legislazione come nella cultura: si mosse a tutela della maternità di tutte le donne, delle casalinghe, del lavoro domestico, delle donne migranti; lavorò per la difesa della dignità della donna intesa come persona, con le sue proposte di legge contro la violenza sessuale, la sua opposizione, isolata anche nel suo partito, contro l’amnistia per i reati sessuali, la necessità di una efficace educazione sessuale nelle scuole. Nella prefazione al volume, Gianantonio Stella ricorda che la chiamavano la “Tina vagante” perché era libera: «Certo Tina Anselmi pagò cara la sua cocciuta volontà di respingere ogni interferenza (sulla P2, ndr)… finché nel ’92, rimossa e spostata da Arnaldo Forlani dal suo collegio di Castelfranco, venne esclusa dal Parlamento. Per sempre. Nonostante il rispetto che tanti italiani avevano per lei e che tornava a galla ogni volta che si parlava della necessità, finalmente, una volta o l’altra, di eleggere una donna al Quirinale».
Tina Anselmi è morta a casa, a Castelfranco, poco dopo la mezzanotte del 1° novembre 2016, a 89 anni: dal 2001 era affetta dal morbo si Parkinson e la sua salute venne poi aggravata da un ictus. Riposa nella tomba di famiglia.
Pacifista nel profondo: «Pur avendo io fatto la guerra, fatto esplodere micce, penso che il mio ingresso paritario nella società non sia stato ottimale perché è avvenuto per questa strada, né auguro che altri debbano seguirla».
Tina Anselmi si è battuta per le quote rosa, necessarie per assicurare alle elezioni una percentuale minima fissa alle donne perché le considerava un’arma da usare: «Diciamolo: siamo ancora in un Paese di fatto maschilista dove va ricordato che la Corte costituzionale, quando bocciò le quote, raccomandò ai partiti di allargare subito alle donne e le quote furono bocciate perché “banalmente” gli uomini pensano: “Ci sono tot posti a disposizione, se ci son le donne non ci stiamo noi”» raccontò a Gianantonio Stella in un’intervista.