IdeeQuirinale, Quirinale, Quirinale. Politica e stampa nazionale sembrano non parlare d’altro. Le grandi sfide che abbiamo di fronte a noi sembrano tutte passare in secondo piano.
Il futuro del pianeta dopo l’accordo a metà della Cop26 di Glasgow è già un ricordo. Le turbolenze sul Pacifico, con una Cina sempre più invadente, si riassumono in qualche riga. L’Unione Europea, la conferenza sul suo futuro dopo la stagione Covid nella quale – finalmente si è vista la solidarietà oltre l’austerità. Nulla di tutto ciò. Sembra che i partiti abbiano a mente solo l’elezione del Capo dello stato. La logica del consenso – lo comprendiamo anche noi profani delle liturgie di Palazzo – chiede parole chiave nette, prese di posizioni incisive e la capacità di distinguersi. Quel poco di elettorato fedele, che tende a riconoscersi nel tempo in un simbolo, ha bisogno di letture semplici e immediate per problemi complessi: elettore o elettrice rassicurati, conversazioni (o scontri) al bar assicurati, voti alle urne (tendenzialmente) mantenuti. Ora, Mario Draghi al Governo sgombra il campo da tutto ciò.
Prende decisioni impopolari, non cambia idea, ottiene risultati, crea tendenza su scala continentale anziché provare a comprenderla per mettersi in scia alla chetichella (come nel recente passato). Ai partiti dunque non rimane che utilizzare gli spazi utili rimasti per lo scontro, “darsele di santa ragione” in chiave elettorale, mentre l’ex presidente della Banca centrale europea risolve i problemi quelli veri. La domanda è: quanto può reggere il Governo in questa maniera, poniamo anche che al Quirinale non salisse Draghi? E se invece il salvatore dell’euro fosse designato successore di Mattarella, quali garanzie darebbe al Paese tale sistema politico in un momento storico in cui non sappiamo nemmeno se saremo in grado di spendere l’ingente quantità di denari che l’Unione europea riverserà sull’Italia da oggi al 2025? A forza di ripetere che le sfide che abbiamo davanti a noi sono cruciali, abbiamo finito per assuefarci. I partiti sembrano non rendersi più conto che sul fronte della ristrutturazione del Paese (a livello economico, amministrativo e sociale), sul contesto climatico, sul versante migratorio i nodi sono arrivati al pettine e non c’è più tempo per la “melina”.
Se invece i leader politici volessero davvero risolvere il “problema Quirinale” per poi passare ai problemi che affliggono la vita reale delle persone (emergenza sanitaria, dispersione scolastica e povertà educativa, lavoro che manca o che non è più sostenibile) allora perché non trovare un accorso subito e farlo sul nome di una donna? È vero, non è solo una questione di genere: quali nomi? Di quali esperienze? Proveniente da quale spicchio dell’arco costituzionale? Tuttavia, proprio nei giorni in cui celebriamo la lotta contro la violenza sulle donne, crediamo che la scelta compatta su un nome femminile avrebbe un significato tale da aprire una pagina nuova nella storia politica di questo Paese che consentisse a tutte le forze in campo di riprendere il cammino nel pieno interesse della popolazione. Al momento di andare in stampa (alle 18 di martedì 23 novembre), l’Italia tocca 103 femminicidi nel solo 2021, mettendo così fine alla tendenza in discesa che durava dal 2018. Si tratta del 40 per cento di tutti gli omicidi, come certifica il report della Direzione centrale della Polizia criminale pubblicato nel sito web del Ministero dell’Interno. Delle 103 donne uccise, 87 sono state assassinate in ambito familiare-affettivo, 60 di loro per mano del partner o ex partner con un aumento del 2 per cento rispetto allo scorso anno. A gridare vendetta sono i casi in cui la violenza estrema arriva dopo che una denuncia era già stata sporta presso le forze dell’ordine. Una donna sul Colle più alto di Roma rappresenterebbe un messaggio chiaro per tutte coloro che hanno perso la vita, ma anche per quella parte di mondo che ancora subisce il gender gap (stipendi inferiori agli uomini a parità di mansioni) e che assume la maggior parte del lavoro domestico familiare non riconosciuto. Naturalmente, a patto che i partiti vogliano fare sul serio.
