FattiIl Governo rimarrà in carica per gli affari correnti fino alle prossime elezioni. I nodi da sciogliere su benzina, bollette, pensioni e bonus 200 euro. E sui 26 miliardi del Piano
Il principio cardine (nell’ambito della correttezza istituzionale) è quello della continuità dell’azione di governo. Ecco perché l’esecutivo guidato da Mario Draghi, benché dimissionario ma non sfiduciato dal Parlamento, resterà in carica per almeno cento giorni – così come ha chiesto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella – «per il disbrigo degli affari correnti». Il perimetro di quello che i ministri (compresi quelli del Movimento 5 stelle, della Lega di Matteo Salvini e di Forza Italia, anche se Mariastella Gelmini, Renato Brunetta e Mara Carfagna hanno lasciato il partito di Silvio Berlusconi) potranno fare è stato delimitato con una circolare che lo stesso premier Draghi ha sottoscritto il 22 luglio. I fronti su cui intervenire certo non mancano: dalla crisi internazionale determinata dalla guerra in Ucraina alla situazione epidemiologica da Covid-19 (va impostata la campagna per la quarta dose di vaccino). Soprattutto il Governo rimane impegnato – si legge nella circolare Draghi – nell’attuazione legislativa, regolamentare e amministrativa del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Sull’esecutivo (che non può chiedere il voto di fiducia) grava soprattutto, a Camere sciolte, il divieto di presentare nuovi disegni di legge e nuovi decreti legislativi. Tuttavia, per non perdere la seconda rata da 26 miliardi del Pnrr, il Governo potrà lavorare alla preparazione dei decreti attuatividelle leggi delega già approvate o in via di approvazione al Parlamento. Il Piano, fra prestiti e sovvenzioni, vale complessivamente 191,5 miliardi da impiegare entro il 2026 per la transizione digitale e verde. Entro dicembre l’Italia deve portare a termine 55 compiti (39 traguardi e 16 obiettivi), che valgono la terza rata, dopo la seconda da 21 miliardi: stanziamenti che arriveranno nelle prossime settimane in base ai 45 obiettivi centrati nel primo semestre 2022.
Entro la prima settimana di agosto potrebbe essere approvato dal Governo il decreto Aiuti bis, ribattezzato “decreto Agosto”, che dovrebbe avere una dotazione compresa fra 10 e 13 miliardi di euro. A questo proposito, mercoledì 27 luglio, il presidente del Consiglio ha incontrato, a Palazzo Chigi, Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri, i leader rispettivamente di Cgil, Cisl e Uil. Oltre alla proroga sino al 31 dicembre delle misure per alleggerire alla pompa il prezzo dei carburanti (il taglio di 30 centesimi sulle accise è in vigore fino al 21 agosto), i sindacati confederali hanno chiesto il rinnovo del bonus sociale sulle bollette di luce e gas e ancora il rinnovo per un altro mese del bonus di 200 euro per lavoratori e pensionati (fino a 35 mila euro di reddito lordo annuo), allargando la platea ad atipici, precari e disoccupati. In discussione anche il taglio dell’Iva sui beni di prima necessità. Va infine ricordato che, per non condizionare l’attività del nuovo esecutivo che uscirà dalle urne del 25 settembre (per la prima volta nella storia repubblicana italiana, le elezioni si svolgeranno in autunno e la prima seduta del nuovo Parlamento è in programma per il 13 ottobre), il Governo Draghi non può metter mano alla legge di bilancio del 2023. Toccherà, invece, al ministro dell’Economia Daniele Franco, per scongiurare l’esercizio provvisorio, presentare a Bruxelles, entro il 15 ottobre, la Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza (Nadef), che sarà soltanto una fotografia dell’esistente. Nei prossimi due mesi, il Governo Draghi potrà approvare decreti legge soltanto se ricorreranno i presupposti di necessità e urgenza stabiliti dalla Costituzione. Non avrà invece la facoltà di occuparsi di temi prioritari come il piano per la lotta al lavoro sommerso, la riforma dei servizi idrici integrati, la “nuvola” per gestire i dati della pubblica amministrazione. I partiti si sono impegnati a non ostacolare l’attività dell’esecutivo, ma già imperversa una campagna elettorale “balneare” che promette scintille.
Nei 76 anni di storia repubblicana si sono susseguiti 67 governi e 30 presidenti del Consiglio e le crisi relative, cioè il tempo che intercorre tra le dimissioni di un governo e il giuramento del nuovo, occupano complessivamente 1.510 giorni, cioè più di quattro anni. Con la seconda Repubblica a partire dal 1994, si succedono 17 governi con 11 premier, dalla durata media di 617 giorni.
Con il ritorno alle urne decadono le discussioni alla Camera dello ius scholae e della legalizzazione della cannabis (fissate a luglio). Analogo destino per la legge sul suicidio assistito. Addio anche alla possibilità di legiferare sul doppio cognome.
