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Caccia, tema che divide. In Veneto la stagione è iniziata in anticipo
In Veneto, la stagione venatoria è iniziata in anticipo, il 1° settembre. Nel mezzo c’è chi tutela gli animali e chi ne fa strumento contro la proliferazione
In Veneto, la stagione venatoria è iniziata in anticipo, il 1° settembre. Nel mezzo c’è chi tutela gli animali e chi ne fa strumento contro la proliferazione
L’avvio della nuova stagione venatoria è imminente, per la partenza fissata domenica 25 settembre e la chiusura al 30gennaio. Si tratta di un’attività e una passione portata avanti nel solo Veneto da 38 mila affiliati ufficiali, ma che incontra pure l’avversione profonda di una grande moltitudine di persone, con i consueti strascichi di perplessità e polemiche. La questione che sta alla base di tutto è di per sé sufficientemente complessa: rispettare gli animali e garantirne la sopravvivenza da un lato, gestire il non sempre facile rapporto con l’uomo dall’altro. Per quest’anno non sembrano esserci eccezioni, vista la nota diramata dai consiglieri regionali d’opposizione Andrea Zanoni e Arturo Lorenzoni: «Ancora una volta gli interessi di una esigua minoranza come quella dei cacciatori hanno vinto sul dovere costituzionale di tutela della fauna selvatica. Dopo lunghi mesi di clima impazzito, di siccità, di fiumi senz’acqua, di agricoltura in ginocchio, di scarsità di alimentazione naturale, era doveroso assumere misure di protezione. Invece questa Giunta ha concesso esattamente il contrario, aprendo addirittura la stagione di caccia in preapertura già il 1° settembre anche a specie rare come la tortora selvatica o al colombaccio che ancora ha i piccoli al nido». Zanoni e Lorenzoni rilanciano gli appelli di varie associazioni come Enpa, Lipu, Lac, Lav, Legambiente, Wwf Italia. «Si doveva almeno raggiungere una mediazione tra gli interessi di chi va a caccia e le esigenze di tutela della fauna selvatica previste da direttive dell’Unione europea e dalla Costituzione italiana».
Non sono mancate le repliche dalla controparte: Sergio Berlato, eurodeputato vicentino e presidente dell’Associazione per la Cultura Rurale, è soprattutto appassionatissimo delle doppiette a scopo venatorio: «Ogni anno gli animalisti e certi gruppi di ambientalisti ci attaccano per qualche motivo, con accuse verbali o addirittura con ricorsial Tar. Eppure noi facciamo qualcosa di completamente legale, utile persino per l’equilibrio naturale. Aggiungo che inItalia abbiamo una delle normative più restrittive a riguardo: mentre in Francia cominciano a cacciare il 4 agosto, lanostra legge principale, la 157 del 1992, dispone due giornate di chiusura assoluta, il martedì e il venerdì e proibiscedi sparare a qualsiasi esemplare in aree ghiacciate, dove si troverebbero in difficoltà a passare, o dove sono avvenuti incendi, per un arco di dieci anni». Sempre leggi alla mano, con tanto di riferimenti alle direttive europee, fa alcune precisazioni sulla figura stessa del cacciatore: «Al di là del fatto che per le varie licenze previste ci si ritrova ogni anno a pagare centinaia di euro (21 milioni di euro sborsano annualmente i cacciatori veneti, ndr), non ti lasciano certo imbracciare un fucile se non dimostri completa idoneità mentale e caratteriale. Ed è pure un attimo toglierti il porto d’armi sportivo». Passa poi agli argomenti più puntuali: l’anticipo della caccia ad alcune specie e le conseguenze della scarsità idrica della scorsa estate. «Da sempre, in determinati anni, si possono cacciare certe specie prima di altre. Quanto alla mancanza d’acqua, faccio presente che i volatili sono in grado di andare alla ricerca di sorgenti, visto che sono abituati a migrare. Per quel che riguarda invece molti mammiferi, si dissetano principalmente attraverso la rugiada notturna». I periodi siccitosi, quindi, non avrebbero per Berlato effetti catastrofici. Un altro aspetto da considerare è quello degli animali invasivi, che distruggono terreni agricoli e causano disagi alla popolazione. Su tutti i cinghiali, da almeno una ventina d’anni una piaga per chi vive sui colli Euganei. «Tempo addietro, quando ero assessore in Regione – insiste Sergio Berlato – avevamo chiesto ad alcuni sindaci di riqualificare parte del Parco Colli per permetterne l’abbattimento. Poi però non se ne è fatto nulla, forse per il timore di portare alla cementificazione di alcune aree. Il problema comunque si estende ai caprioli che scendono su altri pascoli, ai corvidi di vario tipo (corvi, gazze, cornacchie, etc, ndr), quindi a uccelli non cacciabili come i gabbiani: sono un pericolo per altri tipi di fauna e per molte specie vegetali».
Anche l’Università di Padova, interpellata sull’argomento, ha rimarcato la complessità dell’argomento: «Esistono indubbiamente specie invasive – precisa Massimo Faccoli, docenti di zoologia forestale al Dipartimento di agronomia, animali, alimenti, risorse naturali e ambiente – Tutto questo è spesso conseguenza del cambiamento climatico, perché li fa proliferare in zone che prima erano loro precluse. Mi riferisco ai cinghiali in primis, reintrodotti in parte dagli stessi cacciatori, che si conquistano via via nuovi spazi nell’arco alpino grazie a inverni più miti e a primavere ed estati prolungate. La mancanza di predatori naturali, per gli ungulati come per tanti altri animali, favorisce ulteriormente la loro crescita numerica». Allora che si fa? «Semplificando al massimo, occorre più sorveglianza. E in un arco di tempo ben più lungo, tipo 10-15 anni. Quindi si decide che strategia adottare. In alcuni casi è stato proposto il trasferimento di esemplari da un luogo in cui sono in eccesso a un altro in cui sono assenti, ma questo è un passaggio molto delicato nonché oggettivamente complicato da gestire, perché è difficile stabilire i criteri per cui un territorio debba “ricevere” questi ospiti. In altri, l’abbattimento controllato potrebbe rivelarsi molto utile. Non dimentichiamoci che l’eccessiva proliferazione di certe popolazioni può portare alla diminuzione delle risorse naturali per le stesse». Non mancano, tuttavia, risvolti “felici” per l’ecosistema: «L’aumento dei cinghiali – conclude il docente Massimo Faccoli – ha portato anche al concomitante ritorno del lupo, che vuol dire ritorno alla biodiversità di un tempo».
Con legge regionale di agosto 2022, gli agricoltori veneti hanno la possibilità di chiedere l’introduzione del divietodi caccia in prossimità degli impianti di irrigazione a goccia, per tutelarli. L’intento consiste nell’evitare che nel corso dell’attività venatoria, possano verificarsi casi di foratura delle tubature. La violazione è punita con una multa da 100 a 600 euro.
«Il Senato ha deciso di aumentare le rette a carico delle famiglie che hanno un proprio caro anziano accolto in Rsa». Con questo messaggio Uneba ha criticato l’approvazione del decreto Aiuti bis dopo il voto dello scorso 13 settembre. «Negare questi sostegni – evidenzia il Comitato esecutivo di Uneba nazionale – agli enti che si dedicano ai più fragili, significa farli affogare, con costi dell’energia così spropositati. O volete che facciano stare gli anziani novantenni al freddo per risparmiare?». Uneba critica la scelta di non aver accolto gli emendamenti a favore degli enti del Terzo settore: «La mancanza di sostegno agli enti che si dedicano ai più fragili in questo momento così drammatico mette a rischio la sostenibilità stessa degli enti: già ora alcuni enti hanno ridotto i servizi, in futuro i più piccoli potrebbero chiudere».