Idee
Acqua preziosa, serve più civismo
Il conferimento dello Stockholm Water Prize, il Nobel per l’acqua, lo ha reso noto al grande pubblico trattandosi della prima volta di questo premio per un italiano.
Il conferimento dello Stockholm Water Prize, il Nobel per l’acqua, lo ha reso noto al grande pubblico trattandosi della prima volta di questo premio per un italiano.
Ma per Andrea Rinaldo è soltanto il corollario di decenni di insegnamenti, ricerche e progetti sul tema dell’ecoidrologia (e di altri riconoscimenti). Veneziano, ex nazionale di rugby, è professore di Idraulica all’Università di Padova e all’Ecole Polytechnique Fédérale di Losanna. Da sempre collega il tema dell’acqua a quelli della democrazia e dell’uso più consapevole delle risorse.
Prof. Rinaldo, si può dire che l’ecoidrologia sia principalmente una creatura sua. Cos’è di fatto?«Lo dice il nome stesso, è l’unione tra ecologismo e idrogeologia. Perché lo studio di quest’ultima materia permette di capire il funzionamento di un ecosistema fluviale e il ciclo dell’acqua nella sua interezza. Molti movimenti ambientalisti lo hanno colto e ora cercano di avere una visione più globale».
La questione dell’approvvigionamento idrico è tornata prepotentemente d’attualità, visto il periodo di prolungata siccità.«Certo, ma bisogna partire da due considerazioni. La prima è che i fenomeni geologici e atmosferici sono propedeutici alla comprensione di una situazione. Non ha senso analizzare la siccità a cadenza annuale: è qualcosa di molto più prolungato; la Bibbia stessa parla di “sette anni di vacche magre e sette di vacche grasse”. La seconda riguarda l’approccio ai periodi siccitosi. Si chiede giustamente di intervenire sul territorio, dagli invasi alle altre grandi opere come le dighe. Ma prima di tutto viene l’adattamento sociale. Cioè, avere e mettere in campo più “civismo”: meno consumi domestici inutili, più attenti agli sprechi, impianti idraulici più efficienti nelle nostre abitazioni».
Quindi manca senso civico per lei? Eppure negli ultimi anni sembra aumentata di molto la sensibilità.«Indubbiamente la situazione è migliorata, ma si può e si deve fare molto di più. Vedo la differenza di civismo in Italia e in Svizzera, dove pure insegno: nel Paese elvetico c’è molta più attenzione. Questo, nonostante da noi il sapere specifico non manchi, tanto che in Europa siamo i primi per competenza. Non è un caso che sia stata istituita proprio a Padova la prima cattedra di scienze idrauliche al mondo, nel 1713. Peraltro nel Veneto l’innovazione idraulica ha sempre avuto un particolare impulso. Se poi vogliamo capire cosa può fare la tecnologia, pensiamo a Israele: con un clima da arido a semiarido esporta addirittura l’acqua potabile nella vicina Giordania, grazie a un sistema di riciclo. Questo deve aprire la strada ad altri ragionamenti, come sulla distribuzione: oltre un miliardo di persone nel mondo non accede all’acqua potabile e questa è una delle principali cause di mortalità. Mentre il benessere si valuta anche con il consumo di acqua potabile».
Tra scarsità e ipotesi di razionamenti, c’è però l’aspetto del governo della risorsa idrica. Restando nel locale, pensiamo al fatto che l’acqua nel Padovano proviene dal Vicentino.«L’utilizzo della risorsa comporta di per sé la formazione di gerarchie tra comunità diverse. Questo, in base alla collocazione geografica. Per fortuna esistono gli Ambiti territoriali ottimali: da noi funzionano seppure tra qualche schermaglia politica. E finora hanno garantito una distribuzione molto equa».