«Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita» sosteneva Umberto Eco e per Agnese Solero – che non ha ancora 70 anni, ma ha vissuto migliaia di vite – leggere è quasi un imperativo categorico: non un dovere, ma una vera fonte di piacere che tutti dovrebbero poter praticare in ogni circostanza della vita.
Agnese è un’insegnante per cui trasmettere l’amore per la lettura è mestiere, ma è anche volontaria culturale in carcere e curatrice della rassegna “Il libro nel bicchiere” che con Roberto Bettella organizza a Padova nelle sedi più differenti da una ventina d’anni.
«La lettura è apertura, noi veniamo a conoscenza della complessità della vita attraverso la conoscenza della vita degli altri», una necessità per chi vive recluso. Al Due Palazzi, la casa di reclusione di Padova, Agnese Solero è volontaria per l’associazione Granello di senape che cura anche la redazione di Ristretti orizzonti, e della cooperativa Altra città che dà lavoro alle persone detenute in carcere e a fine pena. «La biblioteca del carcere è intitolata a Tommaso Campanella, grande filosofo che ha vissuto 27 anni di carcere studiando e scrivendo, e ci vado per parlare di libri, portare libri, alzare la qualità della lettura e organizzare gruppi di lettura. La redazione Ristretti orizzonti lavora anche con le scuole grazie al progetto “Il carcere entra a scuola, la scuola entra in carcere” e così collego il mio lavoro all’impegno da volontaria perché credo che sia necessaria l’educazione alla legalità e l’esperienza diretta è formativa».
«Io mi occupo anche delle donazioni perché noi viviamo di donazioni in carcere e anche nelle scuole perché i soldi per i libri sono pochissimi. Tutti si riempiono la bocca dicendo che i ragazzi non capiscono i testi e non organizzano un pensiero, dando la colpa agli smart-
phone, in realtà il punto è che più cose sai, più ti imprimi nella testa parole di altri, più ti allarghi la vita, vivi anche la vita degli altri e ti fai delle domande; e se non ti fai delle domande sei fregato. I soldi non ci sono e allora ci vogliono persone motivate che si diano da fare. Per esempio, mi chiama una conoscente e mi dice: “ho una casa da liberare piena di libri, vieni?” E io vado e mi carico, porto a casa i libri e li scelgo in base a criteri personali ma che riguardano la vita della comunità: scelgo libri curati, dignitosi, che siano argomenti attuali, che non ci sia nessuna censura o che non ci sia nessuna volontà educativa nel senso di trasformazione della persona. C’è gente che ha paura di buttare i libri e secondo me è sbagliato perché muoiono le persone, muoiono i libri, muoiono gli alberi: non puoi consegnarmi un tascabile ingiallito che lo apri e le pagine schizzano via. Quel libro è già morto per me. E poi per il carcere bisogna tenere altissima la dignità delle persone, questo significa ricercare anche il gusto della copertina, che il libro non sia macchiato, ingiallito. Introdurre la persona alla lettura significa anche questo: c’è gente che non ha mai preso in mano un libro in vita sua e se ne vanta anche, io glielo consegno ma anche gli leggo una storia, un racconto e lo stesso faccio a scuola; non puoi imporre a un ragazzo la lettura di un libro. Per suggerire un libro devi averlo letto e farti un’idea forte di cosa interessa senza censura. Il mondo sta cambiando, noi crediamo di indirizzare le persone alla lettura di testi che consideriamo educativi per motivi che solo noi sappiamo e invece loro sono orientati alla ricerca di tutt’altro. Noi dobbiamo ascoltare. Io ho alunni giovanissimi che grazie a Tik Tok sono finiti a leggere libri che io come insegnante non gli avrei dato».
Sono circa duecento le persone detenute coinvolte: «Viene in biblioteca la parte più colta, più interessata, più fresca dal punto di vista mentale. C’è una gran parte di persone che non solo non ha mai letto un libro, ma che probabilmente si sente al di fuori della comunità umana e non prende in considerazione di poter scendere in biblioteca. Noi proviamo a raggiungerli con il carrello ai piani o con i gruppi di lettura».
In carcere, infatti, si legge e si scrive: i gruppi di lettura spaziano dall’attualità all’epica e «un lavoro importantissimo è svolto da Sandro Botticelli e Rossella Favero che con il progetto Kutub Hurra propongono letture in lingua araba e italiana di racconti e romanzi, letture rivolte alla comunità araba che è molto numerosa per la quale è difficile trovare libri».
Ma la biblioteca e tutte le attività alle 15 chiudono; in carcere resta poi un lungo tempo vuoto e faticoso. Cosa si legge in carcere? «Libri sugli animali, di viaggi, di fotografie, erotici, gialli, romanzi storici, romanzi d’amore, poesie d’amore: le stesse cose che si leggono anche fuori – conclude Agnese – Abbiamo un accordo con la Rete provinciale delle biblioteche che ci consente di avere anche le novità. C’è poi una persona meravigliosa che da un anno ogni mese regala tre libri: mi chiede quali voglio e me li fa trovare».
Ristretti orizzonti è la rivista realizzata nel carcere Due Palazzi dall’associazione Granello di senape dal 1999. Molto conosciuta e apprezzata, è uno strumento importante per conoscere la situazione delle carceri in Italia. Si può leggere gratuitamente nel sito, ma ci si può abbonare o acquistare il singolo numero. Il sito online è www.ristretti.org
“La scuola entra in carcere, il carcere entra a scuola” è un progetto educativo che mira a creare un ponte tra il mondo della scuola e quello del carcere attraverso incontri e scambi di esperienze tra studenti e persone detenute o ex detenute. L’obiettivo è educare alla legalità, sensibilizzare sulla realtà penitenziaria e favorire la riflessione su temi come la trasgressione e l’integrazione sociale. Lo scambio prevede che gli studenti incontrino i detenuti all’interno delle istituzioni penitenziarie e che detenuti o ex detenuti partecipino a dibattiti e portino testimonianze direttamente nelle scuole.