Mosaico
Arteven, fulcro teatrale veneto
Circuito regionale in continuo dialogo con le comunità locali per diffondere la cultura del teatro. Intervista al presidente Zuin
Circuito regionale in continuo dialogo con le comunità locali per diffondere la cultura del teatro. Intervista al presidente Zuin
Apertura a un nuovo pubblico, armonizzazione dei costi di gestione, promozione delle stagioni teatrali apparentemente più periferiche e sempre tanta qualità dell’offerta. Sono alcuni dei punti cardine del Documento programmatico 2024-2028 del circuito teatrale regionale “Arteven”, approvato a dicembre scorso di pari passo con il rinnovo del proprio consiglio d’amministrazione. Al vertice, in qualità di presidente, resta Massimo Zuin, veneziano di 59 anni, pronto a concretizzare le linee guida tra continuità e innovazione.
Già nelle stagioni passate avete sperimentato diversi linguaggi nuovi. Ma cosa vuol dire, a livello pratico, aprirsi a nuovi spettatori? «Il teatro di per sé è costituito da ambiti differenti. A livello nazionale se ne individuano attualmente quattro: prosa, danza, circo contemporaneo e musica; la commistione avviene da parecchio tempo e attira sempre nuovo pubblico. Questo, ovviamente, non basta per riempire le sale. Bisogna innanzitutto dialogare con tutte le realtà teatrali presenti nel territorio veneto. Ma anche con le istituzioni che gestiscono i teatri, per capire come calibrare l’offerta in base alle possibilità economiche e alle aspettative della gente del posto. È chiaro che al Goldoni di Venezia si va per assistere a performance ben diverse da quelle che hanno caratterizzato le stagioni a Mira. Poi c’è il lavoro nelle scuole, mescolando la parte educativa al divertimento, con l’obbiettivo finale di diffondere la cultura teatrale. In quest’ultima direzione vanno le lezioni-spettacolo che abbiamo già allestito negli anni scorsi in molti istituti veneti. Iniziative che, peraltro, hanno fatto da trampolino di lancio per attori e registi poi affermatisi in tutta Italia ed Europa, come i vari Andrea Pennacchi e Damiano Michieletto». I costi sono un aspetto tutt’altro che marginale e voi stessi ne parlate nel documento. Come gestirete le varie voci, dalle spese per il funzionamento delle sale ai compensi dei lavoratori? «È qualcosa di molto strutturato che parte sempre dall’interazione con il territorio. I nostri consulenti e dipendenti sono una ventina in tutto, ciascuno con competenze specifiche. Una volta a contatto con gli uffici Cultura dei Comuni, lavorano a braccetto per costruire un’offerta adeguata e sostenibile. In altre parole, non è più come una volta dove l’economo comunale pagava la sera stessa la compagnia una volta portato in scena lo spettacolo. Del resto, come Arteven fatturiamo oltre nove milioni di euro per portare avanti tutte le nostre attività».
E la promozione? Oltre a essere un altro caposaldo del documento programmatico, resta un passaggio fondamentale per avvicinare gli artisti allo spettatore. «Anche in questo caso non si sfugge alle differenze territoriali. In base a un certo tipo di tradizione teatrale, si punta a determinate proposte e alle relative politiche per farle conoscere. Per esempio, se puntiamo ai giovani, in qualche città universitaria facciamo prezzi più bassi. Agiamo in maniera del tutto diversa, invece, se abbiamo a che fare con la nicchia che apprezza il teatro più classico. Per non parlare delle tante modalità di abbonamento possibili. Inoltre, si strizza sempre l’occhio all’attualità e alle ricorrenze. Nei mesi scorsi, altro esempio, abbiamo realizzato una rassegna per i 75 anni dell’approdo di Hemingway a Caorle, peraltro in alcuni dei teatri più antichi e prestigiosi del Veneto. Ugualmente viene fatto con il bando che abbiamo preparato per le compagnie per i cent’anni esatti dalla morte di Eleonora Duse». Se restringiamo il campo al territorio della nostra Diocesi, come trova le realtà teatrali presenti? «In generale molto vivaci. Penso a Piove di Sacco, Cittadella, Thiene. Ma anche a Dolo, che ha ristrutturato da poco i propri spazi. Ciò è dovuto a un cambiamento di mentalità da parte di molti amministratori, hanno capito che lo sviluppo non è più garantito soltanto dal mattone. Un teatro aperto di sera garantisce spesso introiti anche a bar, ristoranti e strutture ricettive del circondario. Ma dà anche la sensazione di maggiore sicurezza urbana, visto il flusso di persone che transita per assistere ai singoli spettacoli».