Circa sessanta morti, centinaia di feriti, devastazioni, blocchi stradali, quasi quotidiani assalti ad aeroporti, istituzioni e imprese, 200 mila persone che sono, appunto, scese dalle Ande per “accamparsi” nella capitale. Di fronte, Istituzioni “di burro”, fallite e inconsistenti. È questo il bilancio, probabilmente ancora provvisorio, di queste settimane di proteste e violenze
Il Cile ci riprova. Prende avvio in questi giorni un nuovo processo costituente, che si attuerà entro l’anno, dopo la vittoria del no al plebiscito dello scorso 4 settembre.
“La presenza del Papa polacco è stata un'oasi nella vita del popolo che sarà sempre ricordata e che rende sempre possibile l'apertura di nuovi orizzonti". Mons. Emilio Aranguren Echeverría pronunciò questa frase venticinque anni fa, in occasione della storica visita di Papa Giovanni Paolo II a Cuba. All’epoca, giovane vescovo, era segretario generale della Conferenza dei vescovi cattolici di Cuba (Cocc). E sentì con le sue orecchie Papa Wojtyla pronunciare la famosa frase: "Che il mondo si apra a Cuba e che Cuba si apra al mondo!”. Papa Wojtyla, con il suo messaggio e il suo carisma, seppe “conquistare” l’isola “della rivoluzione”, ebbe tra l’altro un lungo colloquio con il “líder máximo”
Nuove vittime hanno segnato le proteste e gli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine in Perù, nel fine settimana. Il numero di morti, a oltre un mese dall’inizio delle proteste, è arrivato a 62. Nella capitale Lima le città è quasi paralizzata da quattro giorni, per le massicce manifestazioni.
“Come vescovi offriamo ancora una volta il nostro servizio per mediare e costruire ponti di incontro. La Chiesa deve essere veramente solidale con l’intera umanità e la sua storia”.
Tutti sopra i quarant’anni. Molte donne. Mediamente, un livello basso di studio. E una forte predisposizione a essere suggestionati dai media. Eccolo il profilo dei “golpisti” di domenica scorsa, degli assalitori dei Palazzi dei tre principali centri di potere brasiliani: il Governo, il Parlamento, il Supremo tribunale federale. Fa ancora discutere il clamoroso assalto di Brasilia. Le Istituzioni federali, di fronte alle falle delle forze dell’ordine del Distretto federale di Brasilia, hanno preso in mano direttamente la situazione, usando il pugno di ferro di fronte a un gesto obiettivamente grave, senza precedenti.
Atti incostituzionali e scene che ricordano la Capitol Hill americana di un anno fa. La fede cristiana ha un ruolo essenziale nell’educare la cittadinanza alla pace. Domenica 8 gennaio diverse migliaia di sostenitori dell’ex presidente Bolsonaro, hanno messo a ferro e fuoco diversi edifici governativi della capitale Brasilia. Il ministro della Giustizia parla di circa 1.500 persone arrestate
"Misure preventive avrebbero potuto evitare la depredazione dei beni pubblici, soprattutto quelli che costituiscono il patrimonio artistico nazionale e che erano conservati negli edifici invasi. Ci auguriamo, ora, che i poteri della Repubblica possano agire rapidamente per dissipare gli atti antidemocratici in corso e punire i responsabili". All'indomani dell'assalto alle istituzioni parla il presidente della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile, dom Walmor Oliveira de Azevedo
La Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (Cnbb), attraverso i propri profili social, ha espresso la sua “preoccupazione per i gravi e violenti eventi di Brasilia”.