La Settimana Santa nei tre villaggi cristiani nella Valle dell'Oronte, provincia di Idlib, dove governano le milizie filo-qaediste del fronte Hayat Tahrir al-Sham (al-Nusra). A raccontarla al Sir è il parroco di Knaye, il francescano padre Hanna Jallouf: “anche nella sofferenza viviamo un tempo di grazia. E la Pasqua è un tempo privilegiato”
Gholam Najafi è un giovane scrittore afghano, fuggito nel 2000 dal suo Paese a soli 10 anni, dopo l'uccisione del papà da parte dei talebani. Gholam è arrivato in Italia nel 2006, vive a Venezia dove si è costruito una nuova vita grazie allo studio e al suo amore per la letteratura. Al Sir ha ripercorso la sua storia di sofferenza, di sogni e di ricordi 'fissati' nei suoi libri.
Ušivak è uno dei centri di accoglienza temporanea dove vivono i migranti reduci dalla Rotta Balcanica. Sono soprattutto famiglie con bambini, minori non accompagnati e giovani. Gestito dall'Oim, il campo per loro è una specie di 'oasi' dove ritemprarsi nel corpo e nello spirito in attesa di provare il 'Game', il gioco, l'attraversamento del confine con la Croazia per entrare in Europa. Nel centro è attivo il Social Corner, dove volontari della Caritas animano le giornate, organizzando attività ricreative e formative e distribuendo tè e caffè. Un punto di incontro e di dialogo per infondere speranza a chi l'ha perduta
Sono oltre 53 mila gli iscritti al pellegrinaggio degli adolescenti che, il 18 aprile, incontreranno Papa Francesco in piazza San Pietro. #Seguimi è il tema dell'incontro, il primo del Papa in Vaticano con i ragazzi italiani dopo la lunga sosta dovuta alla pandemia. Ne abbiamo parlato con don Michele Falabretti, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile (Snpg)
Ospitati nelle stesse case che li videro un tempo sfollati a causa del terremoto. L’Aquila, che proprio ieri, ha commemorato il 13° anniversario del sisma del 2009, ha aperto le sue braccia per accogliere i profughi ucraini in fuga dalla guerra.
“Non si commemorano soltanto una tragedia sismica e le vittime che ha provocato, ma si testimonia la vita che non soccombe e si erge indomita: sfida la morte e nel duello esce vittoriosa. L’amore, infatti, ha la meglio sulla morte: non viene meno, non diminuisce col passare degli anni, ma si rafforza ogni giorno di più”.
Stessa sofferenza e stessi crimini: parte da questa consapevolezza la storia di Amir Omerspahic, bosgnacco, che dopo aver vissuto, a soli 17 anni, gli orrori della guerra in Bosnia, ha deciso di raccontare la sua storia di ex detenuto di un campo di prigionia serbo. Amir, insieme ad altri suoi amici serbi e croati, accomunati dalla stessa sorte, hanno maturato, grazie a un progetto di peace-building di Caritas Bosnia, la certezza che il popolo di cui facevano parte si era macchiato degli stessi crimini commessi da coloro che li avevano vessati. Uomini accomunati dalla stessa sofferenza che oggi, trenta anni dopo, gridano il loro ‘no’ alla guerra e all’odio etnico e settario.
Il War Childhood Museum di Sarajevo è il primo al mondo dedicato all'infanzia vittima della guerra. È il museo della guerra vissuta e raccontata dai bambini bosniaci anche attraverso oggetti della loro quotidianità. Spiega la direttrice Krvavac: “rivivere la sofferenza provocata dalla guerra può aiutare ad abbattere le barriere etnico-religiose”.
30 anni fa, a marzo, scoppiava la guerra in Bosnia, una delle più sanguinose delle guerre jugoslave. Risale al 5 aprile l'inizio dell'assedio di Sarajevo. Eventi che trovano oggi delle evidenti analogie con la guerra in Ucraina e che alimentano la paura che la Bosnia, con tutte le sue tensioni e instabilità, possa diventare una nuova Ucraina. Il Sir è andato a Sarajevo ad incontrare due testimoni di quei giorni, il card. Puljic e mons. Tomo Knezevic, all'epoca responsabile della Caritas Sarajevo.