Tra le lacrime di quell’arcobaleno potremmo allora arrivare a scorgere l’invito di Dio a sporcarci le mani coi colori della vita e ad essere fantasiosi e sorprendenti come i folletti.
Il maestro è partito come tutte le mattine da casa ed è andato di strada in strada a leggere ai suoi alunni affacciati ai balconi dei Quartieri Spagnoli.
Un’opera nata per far riflettere su uno degli aspetti della pandemia, che in questi mesi è rimasto dell’ombra: l’isolamento delle persone anziane nelle case di riposo e negli ospedali.
Dopo sei mesi di silenzio, lunedì scorso la campanella è tornata a suonare in tutto l’Alto Adige. Nei cortili di scuole e istituti è stato un ordinato brulicare di zainetti e mascherine, in un’atmosfera mista di emozione e tensione, che ha avuto come protagonisti non solo i 91.797 tra bambini e ragazzi dei tre gruppi linguistici che sono tornati in classe una settimana prima dei loro colleghi nel resto d’Italia. Un anno scolastico, questo, che inizia da dove di solito dovrebbe finire, ossia dagli esami. E ad essere esaminati – paradosso della pandemia – questa volta non sono i ragazzi, ma gli insegnanti e i vertici scolastici, chiamati non solo a condividere e trasmettere il sapere, ma anche (oggi più di ieri) a garantire la sicurezza di alunni e studenti. E ad essere esaminati sono anche gli amministratori pubblici, chiamati a gestire il non facile nodo del trasporto pubblico