Gli aerei che squarciarono le Torri Gemelle del World Trade Center e gli altri che si schiantarono contro il Pentagono e in un campo della Pennsylvania cambiarono la storia del mondo e pure il corso della vita di 2.752 bambini che da quel giorno non rividero più uno dei loro genitori. L’impegno della rete Tuesday’s children – I bambini del martedì, l’associazione nata all’indomani degli attentati, a supporto di chi si è ritrovato improvvisamente orfano
Acqua potabile. E’ la richiesta pressante che arriva dalle parrocchie, dalla Caritas, dalla protezione civile, dalle organizzazioni. Dopo il passaggio dell’uragano Ida è diventato un bene di prima necessità, mentre altra acqua continua a sommergere interi quartieri di New Orleans, delle campagne della Louisiana e di vaste aree del Mississippi e del Tennessee. Dopo l’acqua l’altra richiesta sono i generatori elettrici da mettere a disposizione di un quartiere o di un centro di soccorso per caricare i cellulari, poter scaldare il cibo in scatola, per le persone malate che necessitano aria condizionata. E poi ci sono le bombole del gas per attivare piccoli fornelli da campo, in uno Stato dove tutto o quasi è alimentato con elettricità.
È finita. Alle 23.59 ora locale di Kabul del 30 agosto 2021, l’ultimo C-17 dell’aviazione militare statunitense ha lasciato il suolo afghano, scrivendo la parola fine alla missione militare più lunga della storia Usa: 20 anni. Ora che la missione militare è finita si apre la stagione della missione diplomatica e tocca ai talebani dimostrare che le promesse di tenere aperto e funzionale l’aeroporto e consentire le partenze di voli civili saranno mantenute. Del resto è questo uno dei tre punti fermi della risoluzione varata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a cui il nuovo governo installato dai talebani dovrà sottostare se vuole ottenere il riconoscimento internazionale. Le altre due condizioni sono la salvaguardia dei diritti umani delle donne, dei bambini e delle minoranze; e lo stop a qualsiasi attacco terroristico che possa avere come obiettivo gli Stati Uniti e i suoi alleati.
I vescovi americani chiedono al governo degli Stati Uniti di agire con la massima urgenza per garantire che gli oltre 30.000 afghani, che hanno lavorato come interpreti, traduttori e in altri ruoli a fianco delle forze armate degli Stati Uniti negli ultimi vent’anni, vengano tratti in salvo, assieme alle loro famiglie.
Mentre i governatori del Maryland e della Virginia si offrono di accogliere più rifugiati, la Chiesa cattolica americana, fin dalla creazione di un programma di reinsediamento dei rifugiati nel 2006, ha lavorato con il governo per consentire che i 73.000 afgani, titolari di un permesso speciale SIV, assieme alle loro famiglie venissero correttamente accolti. Ed in queste ore frenetiche è quello che sta facendo Catholic Charities in Virginia, man mano che arrivano aerei carichi di profughi in una base militare a Fort Lee, che vengono trasferiti nell’area di Arlington, dove si trovano già altri rifugiati, da lungo tempo, provenienti dall’Afghanistan
L’inasprimento è arrivato dopo che una famiglia di immigrati, che alloggiava in una struttura gestita dalla Caritas di Rio Grande Valley, è stata fermata dalla polizia in un fast-food ed è stata scoperta positiva al Covid. In poche ore la narrativa dei migranti untori ha fatto il giro dei social e ha provocato reazioni politiche estremamente dure che l'ordinanza del governatore ha sintetizzato dicendo che "bus carichi di migranti, un numero imprecisato dei quali è infetto da Covid-19, vengono trasportati verso comunità sparse in tutto lo Stato del Texas, esponendo i texani alla diffusione del Covid-19". A nulla è valso un comunicato e un messaggio video diffuso da suor Norma Pimentel, la religiosa responsabile della Caritas di Rio Grande Valley, in cui spiegava che le famiglie prese in custodia vengono segnalate dalla Border Patrol, la polizia di frontiera federale, che li rilascia dopo i controlli di rito e alcuni giorni di detenzione
Ci sono i riluttanti, gli ansiosi, i procrastinatori. Ci sono gli evangelici bianchi, i cattolici latino-americani, i battisti afroamericani. Ci sono alcuni elettori di Trump, quelli che attendono l’autorizzazione ufficiale dall’agenzia del farmaco; quelli che vivono negli stati del Sud. Tutti hanno in comune un No: non vogliono farsi vaccinare contro il coronavirus. A più di sei mesi dall'inizio della campagna di vaccinazione contro il Covid-19, i cristiani evangelici continuano ad essere il gruppo più resistente secondo i dati pubblicati il 28 luglio scorso dal Public Religion Research Institute e dall'Interfaith Youth Core, un gruppo apartitico che studia l'intersezione tra religione e vita pubblica
Da quando le proteste sono cominciate si ritrovano online da Tampa, Orlando, e da altre città della Florida, ma anche da Atlanta in Georgia e da New York; ogni sera alle nove. Pregano per Cuba, pregano per la loro terra e per gli amici e i parenti scesi in piazza a protestare per la fame, per la sete di libertà, per quel mondo che internet ha avuto la capacità di mostrare diverso dalla narrativa del governo. Maria è economista, ma prima di tutto è una cattolica che quattro anni fa, grazie al lavoro del marito è arrivata negli Stati Uniti e ci è rimasta. È lei l’anima della preghiera notturna dei cubani-statunitensi che accompagnano a distanza quanto si vive sull’isola
Sono dieci le famiglie della parrocchia di Saint Joseph, a Surfside, un sobborgo a nord di Miami Beach di cui non si ha notizia dal 24 giugno. Le loro vite sono state seppellite nel crollo parziale del condominio delle Champlain Towers South, che ora nelle sue viscere, custodisce ancora i corpi di 145 dispersi. Sono 18, invece, le vittime ritrovate in mezzo ai detriti, da soccorritori eroici arrivati anche da Israele e dal Messico. Mercoledì sono stati recuperati i corpi di due bambini. Giorni fa, il timore era di non trovare vivo nessun disperso, oggi la devastante realtà è che nessun corpo possa essere recuperato. Il presidente americano Joe Biden e la first lady Jill, ieri hanno visitato la cittadina