“Santità, grazie per il suo amore e la sua attenzione”. E’ il primo post che appare sull’account twitter del cardinale Charles Bo dopo giorni di sospensioni e il primo pensiero va al messaggio di solidarietà e all’appello di Papa Francesco per la pace in Myanamr. La situazione nel Paese è sempre più critica: secondo l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani 200 sono le persone morte nelle proteste e circa 2.400 le persone in carcere. La giunta militare ha preso di mira i media locali e la trasmissione dati dei cellulari, per “far precipitare così il paese nell'oscurità”.
Il racconto durissimo dalla diocesi di Loikaw di padre Celso Ba Shwe, amministratore apostolico. “Molte città in Myanmar stanno diventando campi di sterminio”. Le forze di sicurezza fanno irruzione nelle case, trascinano fuori le persone. I manifestanti vengono catturati, torturati e alcuni sono morti sotto tortura. “Il mondo non deve tacere davanti alle sofferenze del popolo del Myanmar. È urgente e necessario un intervento internazionale. Quanti cadaveri sono necessari all'Onu per agire? Senza l'intervento internazionale, il Myanmar diventerà presto un cimitero. Aiutateci senza indugio”.
Lo choc per il numero dei morti che in Europa, in questo anno di pandemia, ha fatto il Coronavirus. Circa 900mila senza contare le 125mila vittime del Regno Unito. A loro e ai loro familiari va il primo pensiero del vescovo di Essen, mons. Overbeck, che in questa intervista al Sir, a nome dell’episcopato dell’Unione Europea, stila un “bilancio” di questo difficile anno. Il vescovo parla del grido di disperazione che arriva dai poveri: “Fate qualcosa! Non dimenticatevi di noi”. E poi osserva: “Il Coronavirus non è stato un incidente operativo negli ingranaggi del mondo. È di più, è una prova anche della nostra fede e di come trattare la vita, soprattutto per noi cristiani”.
È una strage. Oggi è il giorno in cui si contano e si seppelliscono i morti. Si prega per loro. A raccontare al Sir cosa sta succedendo in Myanmar in queste ore è mons. Francis Daw Tang, vescovo emerito di Myitkyina, dove nei giorni scorsi polizia e forze di sicurezza hanno assaltato la cattedrale di San Colombano.
Da Najaf una promessa, ed è Sayyed Jawad Al-Khoei, esponente di spicco del mondo sciita iracheno, a formularla: “Dobbiamo continuare a rafforzare le nostre relazioni come istituzioni e individui. Presto ci recheremo in Vaticano per assicurarci che questo dialogo continui, si sviluppi e non si fermi qui. Il mondo deve affrontare sfide comuni e queste sfide non possono essere risolte da nessuno Stato, istituzione o persona, da soli, senza il coordinamento e la collaborazione di tutti e in tutto il mondo”
Mattinata storica a Najaf e nella piana di Ur. Prima l’incontro con il Grande Ayatollah Al-Sistani nella sua residenza privata dove sono discusse “le grandi sfide che l'umanità deve affrontare in questo periodo” e dove è stata sottolineata “l’importanza della collaborazione e dell’amicizia fra le comunità religiose”. Poi nella piana di Ur e l’incontro interreligioso con i rappresentanti musulmani, cristiani e sabei. Nella preghiera finale, l’invocazione all’unico Dio: “Sostienici nella ricostruzione di questa terra, dacci la forza per avviare una nuova vita”.
Padre Amir Jaje, domenicano iracheno, racconta il dietro le quinte degli incontri di Najaf e piana di Ur. “Molti mi hanno confidato di essere rimasti toccati dalla personalità di Papa Francesco. Un uomo – mi hanno detto - che fa trasparire una profonda pace interiore dal suo volto”. E sulla visita del Papa al Grande Ayatollah Al-Sistami, dice: “Questo incontro rappresenta un punto di forza per il dialogo ed uno slancio per tutti coloro che lavorano e soprattutto credono nel dialogo”
Oltre 60 morti e mille arresti nel giorno che le Nazioni Unite hanno definito il "più sanguinoso" dal colpo di stato avvenuto un mese fa. I manifestanti vengono messi in prigione o portati nei campi di calcio. C’è chi esce dopo una notte ed è trattato bene. Ma ci sono alcuni video che mostrano scene di violenza. A raccontare al Sir cosa sta succedendo in Myanmar in queste ore è Joseph Kung Za Hmung, direttore del giornale cattolico “Gloria News Journal”, mentre su Twitter il cardinale Charles Bo scrive: “La guerra civile si sta trasformando in un campo di sterminio. Nessuno è al sicuro in nessun posto e in nessun momento”