Si tratta di “uno dei testi profetici più ricchi di pathos e particolarmente significativo per rappresentare in modo emblematico sia il pensiero ebraico riguardo all’attesa della rinascita nazionale e spirituale del popolo d’Israele, che non è venuta meno malgrado le sventure e le sofferenze dell’esilio, sia la fede nella resurrezione dei morti, nel tempo della redenzione messianica”.
“Da parte di chi lavora nel dialogo, in queste settimane la prospettiva che ci anima è quella di ricordare il percorso che è stato fatto fino ad ora e che non va buttato via ma anzi va valorizzato. Il rischio è lasciarci abbagliare dall'albero che brucia e non vedere la foresta che cresce”. A parlare è Brunetto Salvarani, teologo ed esperto di dialogo, al quale abbiamo chiesto un commento sull'impatto che il conflitto scoppiato in Medio Oriente il 7 ottobre sta avendo sulle relazioni tra le comunità etniche e religiose, in Europa e nel nostro Paese
Don Tonio Dell’Olio, presidente della Commissione “Spirito di Assisi”: “Le guerre vengono sicuramente permesse dalla produzione e dalla circolazione delle armi ma vengono alimentate dal sentimento dell'odio che va crescendo. Allora noi dovremmo essere in grado - e questo è un compito non solo delle religioni, ma anche della società civile, dei movimenti per la pace - di sentire 'l'odore di bruciato', come diceva Dossetti, e laddove l'inimicizia cresce, riannodare segni di pace, e costruire ponti laddove altri costruiscono i muri”
“A dire la verità adesso è un periodo in cui gli aiuti umanitari diventano sempre minori. E beni come cibo, vestiti, medicine, scarseggiano”. Da Zaporizhzhia è mons. Maksym Ryabukha, vescovo ausiliare dell'Esarcato arcivescovile di Donetsk nel Donbass, a fare il punto della situazione da una delle aree più “calde” del conflitto ucraino: “Si cerca di fare tutto il possibile. Ma ci sono purtroppo zone inaccessibili in cui non è più possibile ad arrivare”
Anche il Myanmar, che da circa tre anni sta vivendo una delle pagine più oscure della sua storia, si unisce alla Giornata di preghiera mondiale per la pace del 27 ottobre fortemente voluta da Papa Francesco. Sono i vescovi delle diocesi di Loikaw e Hakha ad assicurarlo al Sir. Da Roma, dove sta partecipando al Sinodo, il cardinale Charles Bo ha invitato con una lettera i fedeli cattolici e cristiani del suo Paese ad aderire all’appello del Papa. L’invito è stato rilanciato dai vescovi in tutte le diocesi locali
“C’è molta sofferenza e paura nella nostra piccola comunità cristiana e nelle società sia israeliana che palestinese, poiché la violenza e l’odio producono solo distruzione”. Lo scrive il Patriarca latino di Gerusalemme, card. Pierbattista Pizzaballa in risposta ad una lettera che mons. Mariano Crociata, presidente della Comece, gli ha inviato a nome dei vescovi dell’Unione europea. Il cardinale esprime alla Comece la sua gratitudine per “la vostra vicinanza spirituale e i vostri sforzi nel sensibilizzare la comunità internazionale”.
“Sono ore drammatiche” anche in Libano. “Il punto chiave oggi è l’attacco su Gaza. Se Israele dà inizio alle operazioni di terra, ci saranno ripercussioni sull’intera regione”. Fady Noun, giornalista indipendente di Beirut, descrive così al Sir quanto il Paese sta vivendo in queste ore con il fiato in sospeso quanto sta accadendo nel vicino Israele e Gaza. “Non sappiamo come potrà evolversi la situazione. Tutto dipenderà da un’invasione terrestre su Gaza. Se ciò dovesse accadere, il fronte prenderà completamente fuoco. Tutti i libanesi sperano che ciò non accada”
Subito dopo il bombardamento dell’ospedale al Ahli a Gaza, Hezbollah ha indetto “un giorno di rabbia senza precedenti” e centinaia di manifestanti hanno risposto alla chiamata in Libano, Giordania, Tunisia, Cisgiordania e Iran manifestando per strada e mirando soprattutto alle ambasciate. Una reazione che ha coinciso in Europa con un picco di allerta che ha coinvolto aeroporti, musei e luoghi di culto, in primis le sinagoghe. L'imam Pallavicini (Coreis) spiega: "Un giorno della rabbia da un punto di vista di chi è veramente religioso e tra questi anche i musulmani, non ci può essere”
“Non abbandoniamo Israele. Israele è il baluardo della democrazia in Medio Oriente. Israele deve vincere questa battaglia, deve essere sostenuto con la solidarietà e con interventi fattivi di tutto il mondo occidentale, altrimenti non sarà perso Israele, sarà perso il mondo per come lo conosciamo”. È questo “il messaggio” che le celebrazioni degli 80 anni dal rastrellamento degli ebrei dal ghetto di Roma (16 ottobre 1943) vogliono gridare al mondo oggi e a farsene portavoce è, in questa intervista al Sir, il presidente della comunità ebraica di Roma, Victor Fadlun