Una Chiesa che da sempre serve da ponte tra l’ortodossia e Roma. In prima linea nella ricerca di una pace in Europa. Schierata silenziosamente in aiuto dei migranti che continuano a passare per il Paese per raggiungere l’Europa. È la Chiesa cattolica di Ungheria che dal 28 al 30 aprile accoglierà Papa Francesco a Budapest. “La parola centrale di questa visita è futuro e il nostro futuro è Cristo” spiega don Csaba Török, portavoce dei vescovi ungheresi, a presentare in un incontro online organizzato da Iscom (Pontificia Università della Santa Croce) le attese del popolo ungherese in vista del viaggio apostolico
Ancora una Pasqua sotto i colpi dei missili. Secondo le cifre date dal capo del dipartimento delle comunicazioni della polizia nazionale, in più di 13mila chiese ieri sul territorio dell'Ucraina si sono tenuti i servizi festivi della Pasqua ortodossa che secondo il calendario giuliano, si celebra una settimana dopo la Pasqua cattolica. Anche quest’anno, ingente il numero delle forze dell’ordine schierato per assicurare il più possibile la sicurezza con il coinvolgimento di oltre 20mila agenti su tutto il territorio nazionale. Nei sermoni pasquali dei vescovi greco cattolici, da Kharkiv a Donetsk fino ad Odessa, riecheggiano i dolori del popolo ucraino ma anche la fede incrollabile nella vittoria e nella rinascita della loro terra
“Le nostre donne sono coraggiose. Dall’inizio della guerra hanno affrontato con grande coraggio e con forza questo momento difficile che stiamo vivendo nel paese. Ma soffrono e assomigliano davvero alla madre di Dio che è rimasta ai piedi della Croce”. E’ mons. Oleksandr Yazlovetskiy, vescovo ausiliare della diocesi di Kiev-Zhytomyr, e presidente della Caritas-Spes, a parlare delle mamme non solo dei soldati morti sul fronte, ma dei bambini uccisi, deportati, feriti. “Sto celebrando funerali”, racconta il vescovo, “e posso dire che le persone che piangono e soffrono di più, sono le mamme”.
Mons. Paolo Pezzi, arcivescovo di Mosca, commenta la preghiera di Papa Francesco, all'udienza generale di mercoledì 5 aprile, per le mamme dei soldati ucraini e russi, morti sul fronte. “Tutti i morti in guerra non hanno più colore, non hanno più segni distintivi. L’unico segno è il cuore grondante di sangue che grida e che si eleva a Dio perché li accolga nel suo Regno”. E aggiunge: “La voce del Papa non ha mai smesso di arrivare in Russia”. “Si può non essere d’accordo con lui, si può pensarla diversamente ma certamente si riconosce in lui un uomo vero, un uomo di Dio”
Alla vigilia della Pasqua e a quasi due mesi dal sisma, parla da Iskenderun il vicario apostolico dell’Anatolia, mons. Paolo Bizzeti: “Noi, nella Pasqua, ci siamo immersi da quasi due mesi, perché il terremoto è stato ed è tuttora un mistero di morte e di vita che si combattono”. Ripensando alla Via Crucis di Gesù, mons. Bizzeti indica in particolare le stazioni in cui “Gesù cade e si rialza. Non cade una volta sola ma varie volte”. “L’augurio – dice - è che tutti siano impegnati a trasformare la morte in una occasione di vita, di solidarietà, di speranza. Non dobbiamo lasciarci sopraffare dalla paura della morte e dalle cadute perché insieme ci si può sempre rialzare”.
Si è conclusa oggi, con il rientro in Italia dei 30 furgoni, la carovana della pace della Rete #StopTheWarNow. Ultima tappa, dopo Odessa e Mykolaiv, la città di Kherson dove ancora russi e ucraini si combattono da una sponda all’altra del fiume. Gianpiero Cofano, coordinatore della Rete: “Siamo l'Italia che non vuole rimanere indifferente. Che ha a cuore il destino di pace di questo Paese. Chi è venuto qui, lo ha fatto per dire all’Italia di non dimenticare il popolo ucraino, per esprimere solidarietà e vicinanza, per spingere i nostri politici a lavorare per i negoziati. Noi siamo convinti che la pace è frutto anche di una spinta che viene dal basso”
Distribuzione di pacchi alla popolazione mentre sulla piazza vengono montati microfoni e amplificatori. Cominciano la musica, le canzoni. L’atmosfera si scalda. La gente comincia a battere le mani e ballare. Per un pomeriggio la città è strappata dal grigiore della guerra e può finalmente riprendersi la sua normalità. La missione di #StopTheWarNow si riassume in questa piazza: fraternità e aiuto umanitario, condivisione e vicinanza. “Siamo qui per dirci che siamo fratelli, siamo vicini”, ha detto a nome di tutti Ivana Borsotto, presidente della Focsiv
Domenica delle Palme, nella città di Mykolaiv, nel sud dell’Ucraina, a 40 chilometri di distanza dal fronte, dove ancora si combatte, si distrugge e si muore. Sono voluti venire qui in questa città i 150 volontari della carovana della pace #StopThe WarNow. Hanno scelto come data la Domenica delle Palme e come luogo la parrocchia cattolica di San Giuseppe. Hanno percorso 5mila chilometri, per portare non solo tonnellate di aiuti umanitari ma anche questo messaggio di pace e la preghiera perché “cessino il rumore dei carrarmati e delle bombe”
È stato inaugurato questa mattina nella città portuale ucraina un generatore consegnato grazie alla carovana della pace StopTheWarNow. L’impianto ha una potenza di 200 kilowatt ed è stato acquistato grazie ad un contributo significativo dell’arcidiocesi di Bologna e del card. Matteo Maria Zuppi. Un pezzo d’Italia dunque da oggi batte nel cuore dell’Ucraina che a causa dei continui attacchi missilistici russi mirati alle infrastrutture civili essenziali del paese, rimane spesso senza elettricità mettendo in difficoltà estrema la popolazione e a rischio i servizi essenziali delle città