Alla vigilia del 24 febbraio, giorno in cui un anno fa cominciava l’invasione russa in Ucraina, Sua Beatitudine Shvchuk ripercorre i mesi di guerra e di aiuto umanitario alla popolazione. “Ogni nostra parrocchia è diventata un centro di servizio sociale. Sono orgoglioso dei miei vescovi e sacerdoti, monaci e monache” anche se “si sentono demoralizzati per i funerali senza fine di vittime civili e militari che celebrano. Ma la Chiesa oggi è una piccola luce di speranza. Questa solidarietà cristiana, questo amore e questo affidamento totale al Signore, ci donano la possibilità di sperare”
La Conferenza episcopale turca si è data come missione in questa emergenza quella di “agire laddove nessuno sta agendo, raggiungendo i più discriminati e i più dimenticati”. “In queste ore - racconta Giulia Longo - è importante per noi capire chi non sta ricevendo aiuti e chi non è inserito ufficialmente nel sistema degli aiuti. Insomma, raggiungere la minoranza della minoranza”. La coordinatrice di Caritas Turchia ricorda che già prima del terremoto, l’Anatolia viveva in una situazione di grande vulnerabilità dovuta alla situazione economica, alla presenza di 5 milioni di profughi che ci sono in questo paese, e ad un confine - quello con la Siria - “che si porta dietro ferite molto profonde"
“Rappresenta la nave della speranza. La possiamo paragonare alla nave di Noè. E’ la speranza che viene dalla nostra fede e dall’amore di Papa Francesco per l’umanità, per ogni persona che soffre. Il suo amore riflette l’amore della Chiesa, l’amore di Cristo per ogni essere umano”.
“La Chiesa è per la pace e incoraggia tutto ciò che si può fare perché la pace ci sia in Moldavia e in Ucraina. Il messaggio di papa Francesco è chiaro ed è il solco sul quale noi camminiamo nella speranza che si arrivi ad una soluzione e anche ad una liberazione del territorio ucraino”. A parlare da Chisinau è mons. Cesare Lo Deserto, vicario generale della diocesi, al termine di una giornata di altissima tensione su tutta la regione. Riguardo poi al “nodo” Transnistria, osserva: “Ci vogliono soluzioni che valgano per tutta la storia. Ormai lo sappiamo: le mezze soluzioni o le soluzioni cosiddette ibride non hanno nessun valore, anzi sono pericolose”
Intervista a mons. Pezzi, arcivescovo di Mosca, ad un anno dall’operazione militare russa su vasta scala in Ucraina. “Penso - dice - che in questo momento quello che occorre fare, sia non chiudere mai le porte, non chiudere mai al dialogo. In questo senso penso che rifiutare le possibilità di incontro e di dialogo sarebbe sbagliato. Questo non significa che bisogna per forza sposare le posizioni dell’altro o tacere. Però mi sembra che a priori rifiutare l’incontro, a qualsiasi livello, non fa che accrescere le distanze”
La testimonianza da Iskenderun (Turchia) di padre Antuan Ilgit, vicario generale del Vicariato apostolico dell’Anatolia: “Come un capitano che non può lasciare la propria nave, anche noi ora non possiamo lasciare questa gente. Siamo qui. Siamo stanchi ma rimaniamo. Il Signore ci dà forza e ci aiuta. Anche il Papa ci sta seguendo da molto vicino, ci sta accanto e ci fa sentire la sua presenza. È una vicinanza che ci fa capire che non siamo soli e che siamo in comunione con tutta la Chiesa”
“Si tratta di un processo lungo e ancora in divenire. L’augurio è che questa sinodalità diventi stile permanente nella Chiesa”. È Margaret Karram, presidente del Movimento dei Focolari, a raccontare al Sir l’esperienza vissuta a Praga per la tappa continentale dell’Assemblea Sinodale Europea: “Si parla sempre di ciò che oggi manca nella Chiesa e si parla forse troppo poco di quello che la Chiesa fa nel mondo. Pensiamo agli ordini religiosi, ai movimenti e ai carismi nati nella Chiesa lungo i secoli. Pensiamo a quanti oggi lavorano a fianco degli emarginati, per i poveri, i malati”
È stata “un’esperienza spirituale che ci ha condotto a sperimentare, per la prima volta, che è possibile incontrarci, ascoltarci e dialogare a partire dalle nostre differenze e al di là dei tanti ostacoli, muri e barriere che la nostra storia ci mette sul cammino”. È quanto scrivono i circa 200 delegati delle 39 Conferenze episcopali europee al termine della prima parte dell’Assemblea sinodale europea che si è svolta a Praga dal 5 al 9 febbraio. “Sono veramente molto contento”, commenta il card. Hollerich. “Potevano esserci tensioni molto feroci ma questo non è avvenuto. Siamo rimasti fratelli e sorelle"
Il Sinodo non è fatto per distruggere le distinzioni, per distruggere l’identità cattolica. Non è fatto per spazzare vie le distinzioni. Piuttosto, è fatto per sostenere le distinzioni, per comprendere il Vangelo e ciò che rende la Chiesa cattolica veramente una, santa, cattolica e apostolica”.