Uno dei problemi non ancora risolti è che spesso, dopo una prima fase in cui il paziente risponde bene alle terapie, il tumore muta le proprie caratteristiche e diventa resistente ai farmaci.
La World Medical Association (Wma) afferma la propria contrarietà verso eutanasia e suicidio assistito. Una posizione ribadita in un documento a conclusione della Assemblea annuale dell'Associazione svoltasi a Tbilisi in Georgia. "Nessun medico - si legge nella Dichiarazione - dovrebbe essere forzato a prendere parte a procedure di eutanasia o suicidio assistito né essere obbligato a prendere decisioni di rinvio a tal fine"
Il "milasen", ritenuto il primo farmaco destinato a un singolo paziente, apre notevoli speranze allo sviluppo della cosiddetta "medicina personalizzata".
Alcune domande, semplicemente elencate: le limitate condizioni cliniche indicate per la non punibilità dell’aiuto al suicidio resteranno tali o si amplieranno, per non discriminare altre tipologie di “sofferenze”? Chi dovrà verificarle? A chi toccherà attuare le manovre di “assistenza” al suicidio, visto che i medici stanno già manifestando a gran voce il loro dissenso e la loro indisponibilità (a norma di codice deontologico) a tale prassi? Ci si fermerà alla fattispecie del suicidio assistito o si finirà per includere, senza ipocrisie, anche l’eutanasia vera e propria (che con sospetto tempismo, già in queste ore, viene riproposta in nuovi ddl alla Camera)?