Le votazioni amministrative della primavera 2023 interessano sindaci e consigli di quasi 800 Comuni, il 10% del totale. Nei rispettivi territori risiedono 7,2 milioni di abitanti, il 12% della popolazione italiana, con circa 6 milioni di elettori
Un primo confronto con le opposizioni sul tema delle riforme istituzionali. Nella biblioteca del presidente della Camera, a Montecitorio, la premier Meloni con un’ampia delegazione della maggioranza (compresi i vicepremier Tajani e Salvini) ha incontrato i rappresentanti dei gruppi parlamentari di opposizione. In forma ufficiale, con uno schema che ha ricordato le consultazioni per la formazione del governo. Il risultato non poteva che essere interlocutorio, trattandosi di una ricognizione iniziale.
Il Consiglio dei ministri che si è riunito il 1° maggio ha varato un decreto legge che contiene “Misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro”. Ulteriore riduzione del cuneo fiscale e contributivo; misure di contrasto alla povertà in seguito alla fine del Reddito di cittadinanza; allargamento delle possibilità di stipulare contratti a termine: questi i punti principali del provvedimento che interviene anche sulla disciplina in materia di sicurezza sul lavoro.
A differenza del voto amministrativo – è imminente una tornata di elezioni comunali come sempre significative per tanti territori e città – quello europeo è un voto dal carattere eminentemente politico.
Il governo intende utilizzare tutti i fondi previsti dal Pnrr. Nell’informativa resa in Parlamento – prima al Senato e poi alla Camera – il ministro Raffaele Fitto ha ribadito quanto già affermato dalla premier Meloni in risposta all’ipotesi di rinunciare a una parte dei finanziamenti a fronte delle difficoltà di attuazione del Piano. Difficoltà estremamente concrete al punto che già si è consapevoli dell’impossibilità di completare tutti gli interventi entro il termine finale del 2026.
La vicenda dei finanziamenti del Pnrr ha portato in evidenza non soltanto il problema della capacità di spesa, ma anche la rilevanza cruciale che assumono la scelte relative alla distribuzione delle risorse.
La decisione su come impiegare le risorse pubbliche, a quali scopi e a quali soggetti destinarle, è sicuramente un parametro fondamentale per esprimere un giudizio motivato sui governanti e sui legislatori.
Nonostante i tanti segnali positivi, il Rapporto Bes redatto dall’Istat documenta come il Paese sia ancora in forte sofferenza per l’impatto degli ultimi tre, drammatici anni dominati dalla pandemia, dalla crisi energetica e dalla guerra in Ucraina. Bes sta per benessere equo e sostenibile, rilevato secondo una serie molto articolata di indicatori (oggi sono ben 152) messi a punto e costantemente aggiornati da quando si è preso coscienza del fatto che il famoso Pil, il prodotto interno lordo, non potesse essere l’unica misura della crescita di una società. Il Rapporto di quest’anno, relativo al 2022, era atteso soprattutto in quanto orientato a mettere in luce le trasformazioni avvenute nel Paese rispetto al 2019, l’ultimo anno prima del Covid