La Camera ha dato il suo secondo sì alla riforma costituzionale che introduce il voto dei diciottenni anche per l'elezione dei senatori. Manca ormai solo un ulteriore passaggio al Senato per il varo definitivo, con la doppia lettura di entrambi i rami del Parlamento. Il testo, infatti, è stato già approvato sia dalla Camera (il 31 luglio 2019) che dal Senato (il 9 settembre 2020). La riforma interviene sull'articolo 58 della Costituzione sopprimendo dal primo comma le parole “dagli elettori che hanno superato il venticinquesimo anno di età”. Questo il testo residuo: “I senatori sono eletti a suffragio universale e diretto”. Una formula del tutto analoga a quella prevista dall'art. 56 per l'altro ramo del Parlamento, vale a dire: “La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto”. Insomma, tutti i cittadini maggiorenni potranno eleggere sia i deputati che i senatori
A voler essere precisi, la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema aveva già trovato un diretto richiamo nel secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione, come uno degli ambiti di competenza legislativa esclusiva dello Stato secondo la revisione del 2001. È però evidente che le innovazioni previste dalla riforma in corso di approvazione avrebbero un impatto di grande rilevanza nell'orientare le scelte legislative e di governo. L'iter è appena all'inizio: ora occorre un voto della Camera e a distanza di almeno tre mesi una nuova delibera di entrambi i rami del Parlamento
Nel momento in cui il Paese sembra finalmente nelle condizioni di ripartire, va assolutamente evitato il rischio che ci sia chi corre e chi rimane al palo, magari zavorrato da storici ritardi.
La lettura alta e per nulla scontata che Sergio Mattarella ha operato di settantacinque anni di storia repubblicana inizia con il richiamo al referendum del 2 giugno 1946 e alla “straordinaria stagione costituente” e si conclude con un appello ai giovani, a cui ora tocca scrivere e vivere “i capitoli nuovi di questa storia”. Perché “la storia siamo noi”, “nessuno si senta escluso”, sottolinea il Presidente con un'inedita citazione di Francesco De Gregori. Il parallelismo tra la ricostruzione post-bellica e il grande sforzo per risollevarsi dopo “le due grandi crisi globali, quella economico-finanziaria e quella provocata dalla pandemia” è enunciato subito all'inizio del discorso.
La ripresa economica che tutti ci auguriamo rapida e consistente non è un processo neutro e uniforme, né la pandemia ha colpito tutti allo stesso modo.
Con l’Ue il premier Draghi si era impegnato al varo entro il mese di maggio e ha mantenuto la promessa. In tutta la vicenda del Piano nazionale di ripresa e resilienza di qui al 2026 quella dei tempi sarà una questione cruciale. Aver rispettato la scadenza, in questo caso, significa che a breve il nostro Paese potrà ricevere il primo rateo di circa 25 miliardi. Il problema è che bisogna non solo fare presto, ma fare anche bene
Piuttosto che esercitarsi in un “estremamente improprio” e finanche inutile totonomi quirinalizio, è più proficuo far emergere i desideri e le preoccupazioni che animano le forze politiche nei movimenti intorno al Colle più alto delle istituzioni
La sfida del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è immane. Tra l'anno in corso e il prossimo sono 48 le riforme che dovranno essere varate e rese operative.
Nel suo primo question time alla Camera (l'ultimo di un presidente del Consiglio risaliva allo scorso ottobre) Mario Draghi ha dato seguito a una serie di “interrogazioni a risposta immediata” presentate da deputati di vari gruppi sui dei principali temi al centro del dibattito pubblico