Nel memorabile discorso a Vo' Euganeo, il capo dello Stato ha individuato nella scuola il paradigma del Paese nella sua interezza. “La riapertura delle scuole esprime la piena ripresa dell'Italia”, ha detto tra l'altro, “ha il valore e il significato di una ripartenza dell'intera società”. E' “una prova per la Repubblica, per tutti, nessuno escluso”, ha ribadito con una formula efficace e non priva di solennità. Non appare quindi una forzatura cercare di cogliere nelle sue parole anche un messaggio al mondo politico che vive ore di fibrillazione in attesa della tornata elettorale del 20 e 21 settembre
“Il mio è un No senza particolare entusiasmo, come credo siano senza entusiasmo anche molti Sì. Lo schema binario impone una scelta drastica e ci si ritrova su posizioni opposte anche se magari su molte argomentazioni ci si potrebbe ritrovare”. Enzo Balboni, già professore ordinario di diritto costituzionale all'Università Cattolica di Milano, è tra i firmatari di un appello di giuristi contrari alla legge costituzionale che riduce il numero di deputati e senatori. Ma non sale sulle barricate. “La materia del quesito in sé è miserella – spiega – in quanto il taglio lineare non assicura alcuna maggiore efficacia del Parlamento e presenta forti venature di polemica politica contingente. Ecco, l'errore più grande è stato quello di aver scelto lo strumento dei tagli lineari. Le riforme costituzionali non si fanno così”.
“Non si tratta di una riforma così divisiva come viene presentata. Non mette in gioco valori fondamentali, non stravolge gli equilibri costituzionali”. Valerio Onida, presidente emerito della Corte costituzionale, si è pubblicamente espresso a favore del Sì nel referendum sulla riforma che prevede la riduzione del numero dei parlamentari. Ma tiene a sottolineare che non condivide il clima di contrapposizione esasperata che si è creato tra i sostenitori delle due diverse opzioni. E auspica che si vada verso una nuova legge di tipo proporzionale.
Il 20 e 21 settembre gli italiani sono chiamati alle urne per il referendum sulla legge costituzionale che prevede la riduzione del numero dei parlamentari.
Sullo sfondo di tutto – o in primo piano, a seconda del punto di osservazione – c'è la questione dell'andamento dei contagi che condiziona qualsiasi operazione e progetto si intenda mettere in campo. Dall'altra parte, incombe una scadenza elettorale che coinvolge potenzialmente tutti i cittadini, chiamati a votare per il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari, con un doppio appuntamento (e in alcuni casi triplo, laddove si vota anche per i Comuni) nelle Regioni in cui si eleggono i cosiddetti “governatori”
Di fatto, è la terza manovra economica dall'inizio dell'anno, dopo quelle di aprile e di maggio. Il “decreto agosto” mobilita gli altri 25 miliardi di deficit autorizzati dal Parlamento con il voto a maggioranza assoluta sullo scostamento di bilancio. E il conto totale viaggia ormai intorno ai 100 miliardi di euro messi in campo per fronteggiare le conseguenze della pandemia. Nel decreto ci sono elementi tendenzialmente più strategici, come la fiscalità agevolata per le imprese meridionali (sgravio del 30% sui contributi previdenziali), ma lo spirito di fondo è quello di evitare che dopo l'estate la scadenza simultanea delle misure di protezione avviate nei mesi scorsi possa rendere insostenibile la situazione, soprattutto sul versante del lavoro.
La pandemia ha dimostrato a caro prezzo in tutto il mondo quanto le leadership populiste siano incapaci a gestire emergenze reali e non costruite ad arte con spregiudicate campagne propagandistiche.
Tra martedì e mercoledì le Camere hanno dato il via libera alla proroga dello stato d'emergenza, prolungato fino al 15 ottobre con deliberazione del Consiglio dei ministri. Le risoluzioni approvate, presentate dalle stesse forze di maggioranza, hanno fissato una serie di criteri che circoscrivono l'ampiezza del provvedimento e impegnano il governo al sistematico coinvolgimento del Parlamento. Del resto, se le ragioni dell'emergenza sono ancora obiettivamente attive – soprattutto se si guarda al contesto internazionale – la situazione consente di individuare procedure meno convulse rispetto alla prima fase della pandemia