È stato approvato il 17 giugno scorso il progetto di legge regionale che introduce una riforma della governance del trasporto pubblico locale. Ad annunciare il varo della noma – votato a maggioranza dal Consiglio regionale – è Silvia Rizzotto (Fratelli d’Italia), presidente della Seconda commissione consiliare e relatrice del provvedimento in aula: «Un passaggio normativo strategico, atteso da tempo, che interviene su un settore complesso e delicato, fondamentale per la mobilità di cittadini e imprese. Il provvedimento nasce dalla necessità di superare l’attuale frammentazione organizzativa e di aggiornare un impianto legislativo ormai datato».
La riforma, tuttavia, non è stata risparmiata dalle critiche delle opposizioni che hanno evidenziato ritardi e inefficienze del Tpl regionale. «Il progetto di legge discusso in Consiglio regionale arriva con un ritardo mastodontico – ha denunciato Renzo Masolo di Europa Verde – È un bene che oggi si cerchi finalmente di uniformare i servizi in ambito di trasporto pubblico, o che si discuta di un osservatorio regionale dei trasporti. Ma noi ci battiamo per l’introduzione del biglietto climatico in Veneto, perché riteniamo che di questo potrebbero beneficiare soprattutto i più giovani, i quali potrebbero così non avvertire come necessario l’acquisto di un’auto. C’è poi il tema dell’integrazione tra trasporto pubblico e bicicletta, oggi penalizzato. Basti pensare che i bus oggi non effettuano trasporto bici».
Critica anche Elena Ostanel (Il Veneto che Vogliamo): «La nuova governance basata su agenzie per il Tpl può funzionare soltanto se i territori, Comuni ed enti locali, mantengono voce in capitolo, se si arriverà a una vera integrazione del servizio anche tra province diverse e se si introdurrà il biglietto unico. Ma questo dipende dal fatto che la Regione faccia la sua parte, invece di pretendere un diritto di veto senza investire un euro». Dalla maggioranza risponde la vice presidente regionale Elisa de Berti, che detiene anche la delega ai trasporti: «Chi oggi parla di ritardo forse non ricorda che nel 2020 abbiamo approvato il piano regionale dei trasporti e allora dicevano che era inutile. Il nostro è stato un lavoro silenzioso, durato anni, durante i quali abbiamo sentito aziende, sindacati, enti di governo per preparare la legge che oggi siamo andati a votare. Tutti i soggetti coinvolti hanno dato il loro contributo perché ritenevano la riforma necessaria».
Cosa cambierà, quindi, per i cittadini? «Il problema è che finora c’erano 29 operatori e la Regione non aveva voce in capitolo, men che meno per arrivare al biglietto unico – specifica la vicepresidente – Adesso l’ente regionale avrà un ruolo importante e decisivo, specie nell’integrazione del trasporto su ferro e su gomma. I servizi saranno quindi integrati e coadiuvati dalle agenzie che verranno costituite, a loro volta coordinate dalla Regione. In merito alle risorse, certamente la Regione farà la sua parte, ma da adesso l’Iva che i Comuni risparmiano sarà versata sul potenziamento del trasporto pubblico: non è un obbligo, è una scelta che abbiamo fatto tutti assieme per migliorare i servizi. Il nostro obiettivo è arrivare al 1° gennaio 2027 con tutte le agenzie in partenza, con la definizione dei bacini che non è detto coincideranno con le province. La Regione ha sempre investito nel Tpl, per esempio nel rinnovo dei treni, e, oggi, grazie a questa riforma, saremo ancora più presenti».
Il nuovo progetto di legge sembra preludere a una rivoluzione nel trasporto pubblico locale, ma non mancano perplessità anche di natura tecnica. Lo fa notare, per esempio, Luca Della Lucia, docente di gestione ed esercizio dei sistemi di trasporto presso il Dipartimento di ingegneria dell’Università di Padova: «La legge introduce uno strumento nuovo, le agenzie, che hanno il vantaggio di dare la possibilità alla Regione di partecipare alle attività delle agenzie stesse che governeranno i bacini. Questi nuovi organi consentiranno, tra l’altro, di recuperare i soldi che comuni e province devono aggiungere, ovvero l’Iva che ammonta al 10 per cento su circa 250 milioni di euro. La riconfigurazione dei bacini è stata demandata a un passaggio successivo, anche se si tratta di uno dei nodi principali da sciogliere soprattutto per la definizione dei criteri di gestione dei servizi di interesse regionale (come il coordinamento di orari e tariffario gomma-ferro) e/o i servizi inter-bacino».
Le perplessità riguardano anche altri aspetti: «Oggi il grosso della mobilità pubblica fa capo solo ai capoluoghi principali e più dell’80 per cento degli abbonamenti sono di studenti – prosegue nella sua analisi il professore – Fanno eccezione Venezia, dove ci si muove quasi esclusivamente con il trasporto pubblico, e Belluno dove c’è un piano ad hoc per i dipendenti di Luxottica. Secondo il piano regionale approvato nel 2020, dovremmo raddoppiare il numero di utenti che si spostano con i mezzi pubblici. Sono passati cinque anni ma siamo lontani dall’obiettivo, perché oggi gli studenti già ne fanno uso, occorrono strumenti e strategie per intercettare nuove componenti di mobilità sistematica come i lavoratori e non sistematica come i turisti. A mio avviso, bisogna lavorare per potenziare gli strumenti informativi e organizzativi a supporto delle decisioni, investendo anche solo l’uno per mille dei 22 miliardi messi a budget per il Tpl regionale, vorrebbe dire avere due milioni all’anno disponibili per monitorare i risultati, formulare progetti, aggiustare gli obiettivi ecc. Ma su questo la Regione non ha previsto investimenti». «Altro esempio su come si poterebbe migliorare: oggi per avere i fondi dei bandi bisogna presentare i progetti. Ma le risorse andrebbero messe, a monte, proprio in fase progettuale, coinvolgendo la cittadinanza. Invece i sindaci bravi a reperire risorse si rivolgono alla Regione o allo Stato e demandano la discussione dei progetti a quando questi sono già stati approvati. Un caso eclatante è l’Alta velocità: nella tratta Brescia-Padova prima è stato avviato il cantiere, poi si è deciso a che velocità far correre i treni, degradando il voltaggio. Anche questo è indice di mancanza di un livello decisionale efficiente che si riflette poi nella qualità dei trasporti» conclude il prof. Della Lucia.
Dal 1° ottobre 2025 dovrebbe scattare lo stop alla circolazione dei diesel Euro 5 (immatricolati tra 2009 e 2015) nei Comuni con oltre 30 mila abitanti di Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia-Romagna, nei giorni feriali dalle 8.30 alle 18.30 (con variazioni che dipendono dalle differenti Regioni). Il provvedimento risponde alle sentenze Ue sull’inquinamento da Pm10, in particolare nella Pianura Padana. Il Veneto sembra aver scelto la linea più severa, introducendo un blocco totale alla circolazione, sette giorni su sette, 24 ore su 24. Le sanzioni partono da 168 euro, ma la Lega ha proposto un emendamento per rinviare il divieto al 31 ottobre 2026, lasciando alle Regioni margine decisionale per le scelte future. Secondo l’Aci, l’Automobile club italiano, al 31 dicembre 2023, nella nostra penisola, erano ancora in circolazione oltre 3,7 milioni di veicoli diesel Euro 5.
La Provincia di Padova, accogliendo la proposta della Consulta degli studenti di Padova e con il supporto di Busitalia Veneto, ha introdotto un supplemento sperimentale agli abbonamenti annuali extraurbani per studenti, valido dal 1° settembre al 30 giugno (escluse le domeniche). Al costo di 68 euro, permetterà viaggi extra casa-scuola sulle tratte extraurbane del bacino di Padova. L’iniziativa punta a garantire maggior autonomia, offrendo una soluzione economica per spostarsi nel tempo libero, con risparmi fino all’88 per cento: «Immaginate un ragazzo che desidera fare nuoto, uscire con gli amici o studiare in biblioteca – ricorda Alessandro Gianesini della Consulta degli studenti – Abita in provincia e questi posti sono dispersi in un territorio frammentato, i genitori lavorano e non possono portarlo, così il trasporto pubblico rimane l’ultima possibilità».
La riforma del trasporto pubblico locale prevede l’istituzione di nuove agenzie territoriali incaricate della gestione del servizio per conto della Regione. Queste agenzie sostituiranno Comuni, Province e la Città Metropolitana di Venezia nelle funzioni di governo del Tpl, pur continuando a far parte del sistema in forma aggregata all’interno di bacini territoriali omogenei, ciascuno con la propria agenzia. La riforma, attuata in collaborazione con Infrastrutture Venete, mira a creare un servizio unico regionale, con bigliettazione integrata e una gestione più diretta ed efficiente da parte della Regione, che manterrà potere di supervisione e indirizzo. Con questa nuova organizzazione, si punta anche a semplificare i flussi finanziari, evitando passaggi intermedi di fondi tra aziende (come Actv, Mom e BusItalia) ed enti locali, e riducendo l’impatto fiscale. Le nuove agenzie avranno il compito di gestire contratti, appalti, tariffe e monitorare la qualità dei servizi erogati. I risparmi ottenuti, secondo la Regione, verranno reinvestiti per potenziare il servizio e affrontare le criticità, in particolare quelle legate alla carenza di personale.