Fatti
Capannoni, una risorsa. Anche quelli dismessi
Non parliamo solamente di quelli ancora produttivi, ma delle “carcasse” dismesse. In un Veneto cementificato, c’è chi sta provando a riqualificarli
Non parliamo solamente di quelli ancora produttivi, ma delle “carcasse” dismesse. In un Veneto cementificato, c’è chi sta provando a riqualificarli
Qualcosa si muove nel Veneto dei tanti capannoni sparsi e del triste primato italiano di consumo di suolo. In prima linea per il cambiamento si mostrano le categorie economiche e le istituzioni, con progetti congiunti di riqualificazione da almeno quattro anni a questa parte. La strada che percorrono è quella del progetto “Capannoni on/off”, con cui rigenerare gli stabilimenti sfitti esistenti. Un progetto ambizioso arricchito da marzo dell’anno scorso dall’attivazione di un geoportale di mappatura degli insediamenti. «Si tratta di un lavoro molto complesso, che richiede tempo – spiega Omer Vilnai, a capo di un’impresa di costruzioni nonché delegato di Confindustria Veneto Est di Cittadella – Ma è il punto di partenza per ripensare e trasformare il territorio, superando l’occupazione estensiva e frammentata ereditata dal passato». A cosa si riferisce Vilnai? Ai 92 mila capannoni industriali rilevati in Veneto nel 2022, situati in ben 5.769 aree diverse per 41.300 ettari; in altre parole, il 18,4 per cento della superficie consumata. Di questi 92 mila, più di un terzo (32 mila) si trova nelle province di Padova e Treviso. Proprio qui è cominciato il censimento per il progetto “Capannoni on/off” e il successivo geoportale, che nelle intenzioni degli ideatori (le Camere di Commercio, le associazioni di categoria, il Consorzio Bim Piave) è un vero e proprio atlante dei siti produttivi a beneficio di enti locali e imprese. «Credo resti qualcosa di veramente innovativo, senza precedenti in Italia –prosegue Vilnai – Serve a fornire indicazioni sull’effettivo stato dell’arte degli stabilimenti così come delle lottizzazioni commerciali. Per cambiare davvero la situazione attuale, con il riuso o la demolizione, occorre partire da conoscenze condivise da parte degli operatori. Senza dimenticare la crescita delle comunità energetiche, utilizzando gli stessi edifici per le fonti di energia alternative». E per i dati effettivamente acquisiti? «Siamo riusciti a riunirli per la Marca Trevigiana; manca invece ancora qualcosa per la provincia patavina. Le difficoltà sono dovute ai diversi strumenti di pianificazione impiegati negli anni, con la parcellizzazione di tante cifre tra un ufficio comunale e l’altro. In ogni caso nei prossimi mesi contiamo di completare il tutto, per poi estenderlo alle altre province di nostra competenza, Venezia e Rovigo». Se in alcune porzioni della nostra Diocesi mancano tasselli importanti, nell’Alta Padovana vogliono dare un’accelerata a questo cambio di passo. Qui si punta a un nuovo approccio basato sulle conoscenze condivise attraverso l’Intesa programmatica d’area, tavolo di programmazione tra enti locali e attori economici di ogni tipo: «Tra poco partiranno gli incontri – precisa il sindaco di Cittadella Luca Pierobon, alla guida dell’Ipa assieme ai colleghi di Piazzola sul Brenta e Vigodarzere – L’obiettivo è rilanciare il territorio mettendone in relazione i diversi aspetti: storico-artistico, paesaggistico, di produzione agricola e artigianale. Vuol dire pensare a nuove iniziative e potenziare le infrastrutture che collegano, per esempio, la parte monumentale di Cittadella e Piazzola alla palude di Onara, o permettere di incontrare le fattorie del territorio». Intanto Moreno De Col, presidente Cna Veneto, ha annunciato la proposta presentata alla Cabina di regia a Palazzo Chigi sul RepowerEU, di incentivare l’installazione di piccoli impianti fotovoltaici (da 12 a 200 chilowattora) sfruttando le coperture dei capannoni delle piccole imprese, ma soprattutto delle aree dismesse e abbandonate.
Sono 92 mila capannoni in tutto il Veneto, uno ogni 54 abitanti, (10.600 quelli dismessi). Gli enti locali e le associazioni di categoria hanno avviato il progetto di un geoportale per unire le banche dati. Il sito è www.capannonionoff.it Il tema segue l’approfondimento di Mappe pubblicato a novembre 2021.
Lo scorso 21 aprile, la commissione Agricoltura del Parlamento europeo ha approvato all’unanimità, con 46 favorevoli, il nuovo regolamento sui prodotti a Denominazione di origine protetta (Dop) e Indicazione geografica protetta (Igp). Il testo prevede l’obbligo per entrambi di precisare sull’etichetta il nome del produttore e, nel caso dei secondi, anche l’origine della materia prima principale. Un passo in avanti nel “contenzioso” tra il croato Prošek e il veneto Prosecco: «Le questioni terminologiche saranno risolte alla radice – spiega Paolo De Castro, membro della Commissione Agricoltura dell’Europarlamento e relatore della riforma dei prodotti Dop e Igp – Nel testo è stato previsto il divieto a uno Stato membro di utilizzare come menzione tradizionale un termine che è una indicazione geografica di un altro Stato membro».