Basterebbe la foto in bianco e nero che accompagna questo articolo (la trovate di seguito) per raccontare i 75 anni di Casa Pio X. Non li restituisce tutti, certo, perché è stata scattata 25 anni fa – era il giugno 2000 – ma dice ciò che è stata la casa di via Vescovado 29, per un numero immenso di persone. Lascio che sia don Paolo Doni, che manca a tutti immensamente, a dire cos’è stata – e cos’è – Casa Pio X. «Qualcuno afferma che sia “un grande contenitore” dove c’è di tutto – scriveva nell’introduzione al fascicolo realizzato per il 50° – Obiettivamente, mi sembra questa una visione riduttiva, non in grado di dare ragione della ricchezza di questa istituzione che, per molti versi, ha assunto in Diocesi la funzione di volano pastorale. Casa Pio X è fatta di persone; ha il volto concreto di chi l’ha diretta, l’ha amministrata, di chi ci ha lavorato e vissuto dentro».
I volti ritratti nella foto scelta per accompagnare questo articolo parlano di tutte le persone che, dal 1950 a oggi, hanno lavorato e vissuto in Casa Pio X. Di tutte le persone che l’hanno amata e, anche se sta “cambiando vita”, continueranno ad amarla.
Una casa che ha “insegnato” il servizio
«Conservo questa foto nello scrigno dei miei ricordi – racconta Barbara Trestini – Ci siamo io, mio marito Guido (il quale in concomitanza alla nota pastorale Per vivere e per crescere, il centro parrocchiale del 2000 fu incaricato di avviare il Servizio diocesano centri parrocchiali, successivamente evoluto in Noi associazione) e il nostro primo figlio Gabriele: una famiglia nella famiglia di Casa Pio X. Ero profondamente orgogliosa che potesse esserci anche lui in quel momento speciale. Fu Leopoldo Nicolè, a quel tempo amministratore della Casa, a chiederci con affetto di portarlo con noi come segno di continuità, di un futuro che si affacciava tra quelle mura».
Barbara conosceva già Casa Pio X attraverso l’Azione cattolica, «ma nel 1996 ho iniziato davvero a viverla grazie al mio servizio pomeridiano in portineria. Lì, giorno dopo giorno, ho imparato il valore autentico dell’accoglienza, dell’ascolto, della cura discreta e costante. In seguito sono passata al turno del mattino e per oltre vent’anni quella casa è diventata parte di me. È stata la mia seconda casa: viva, pulsante, abitata da legami sinceri, da volti, voci, sogni e cammini condivisi. Ogni giorno vi passavano giovani, sacerdoti, operatori pastorali, laici e volontari. Ho avuto la grazia di incontrare persone che hanno lasciato un segno profondo nella mia vita, e che oggi sono nella Casa del Padre, come don Paolo Doni, che con sguardo lungimirante e fiducia sincera sapeva coinvolgere e valorizzare i laici; don Livio Destro e don Lucio Calore, testimoni fedeli di una Chiesa vicina, concreta, vissuta nella quotidianità».
E poi – ricorda Barbara – il lavoro condiviso, l’entusiasmo che si respirava nella preparazione del materiale per l’apertura dell’anno pastorale, la collaborazione serena, l’impegno generoso e la gioia contagiosa di tanti giovani volontari.
«Tra i ricordi, il più prezioso che porto nel cuore è la festa per il 50° anniversario della casa, raccontata proprio in questa foto che risale all’anno 2000. Un momento intenso, emozionante, ricco di gratitudine, un ritrovarsi, rivedendo volti, condividendo memorie, riconoscendo insieme un forte senso di appartenenza. “L’albero della vita” rappresentato nella vetrata della scala principale raccontava tutto questo: ogni foglia un colore e una sfumatura diversa, ogni ramo una storia. Tutte radicate in una terra comune, che continua a proiettarsi con speranza verso il futuro. Per me, Casa Pio X è stata una “semina”. Un luogo dove si è donato e ricevuto, dove la vita comunitaria ha messo radici profonde e feconde. Dove i semi gettati nel tempo continuano a portare frutto nel cuore, nella fede, nelle relazioni. Una casa che mi ha insegnato a vivere il quotidiano come servizio e il servizio come dono».
La ricchezza della fraternità sacerdotale
«Prima di tutto, da fine gennaio 1985, Casa Pio X è stata un ufficio per te – racconta don Cesare Contarini – Poi, il 2 ottobre di quel anno, ho avuto anche la stanza. Anche a quel tempo, fatalità, c’erano lavori di ristrutturazione, sistemazione, spostamenti… Da quella data ho avuto la comodità di avere “casa e bottega” a quattro passi l’una dall’altra». Ha lasciato l’ufficio nel giugno del 1993, quando è passato alla direzione della Difesa del popolo. «Via Vescovado 29 è stata per me casa soprattutto nella mitica “Comunità degli 80 scalini”, che ha permesso di vivere fraternamente tra preti. Era facile andare d’accordo, trovare intese anche pastorali grazie al fatto di essere insieme a pranzo, qualche volta a cena… oppure quando ci si incontrava al ritorno dagli impegni serali. La “Comunità degli 80 scalini” è stata un bellissima esperienza di fraternità sacerdotale autogestita e di amicizia».
Casa Pio X, sottolinea don Cesare, «è stata un simbolo per la Diocesi. Ma anche un luogo di incontro per tante persone che si sono messe a servizio in Azione cattolica, ad esempio, ma non solo. Tante le attività che hanno impegnato cuori e menti di giovani maturati nelle nostre comunità e che poi si sono impegnati in vari servizi. Casa Pio X è un luogo che parla di persone, che parla di vita».
Per i sacerdoti residenti, poi, è stata preziosa anche la cappellina al piano terra: «Quando era possibile, si celebrava l’eucaristia insieme. Magari con Giovanna e Rosetta Salvatori, che si sono prese cura di noi preti per tanti anni».
Preti cresciuti insieme
Anche don Giorgio Bezze ha vissuto, dal 1993 al 2002 (quando era assistente del settore giovani di Azione cattolica), nella “Comunità degli 80 scalini” (dal numero di scalini, appunto, che servivano per raggiungerla; vi risiedevano gli assistenti diocesani dell’Ac e alcuni direttori degli uffici pastorali. «Il clima che si respirava era quello di una vera fraternità, dove c’era spazio non solo per confronti belli e profondi su temi e aspetti della vita della Chiesa e dell’attualità, ma anche per momenti di convivialità e allegria e condivisioni di deliziosi pranzi preparati dalle indimenticabili Giovanna e Rosetta Salvadori. Ricordo il clima fraterno che si creava – con don Lucio Calore, don Livio Destro e don Giuseppe Masiero, ora non più tra noi – fatto di momenti semplici e di parole che ti aiutavano a crescere e a metterti sempre in ricerca senza mai dare nulla per scontato. Lì trovavi sempre motivi per continuare il tuo servizio e una casa accogliente nei momenti di scoraggiamento».
La porteremo nel cuore…
«Ho attraversato il grande portone di Casa Pio X da dipendente della Diocesi il 15 novembre 1998, giorno in cui iniziò l’operatività della segreteria del Giubileo del 2000 guidata da don Paolo Doni, ma Casa Pio X era “famosa” e frequentata da tutti coloro che erano di Ac e così anch’io l’avevo conosciuta – racconta Maristella Roveroni – Vivendoci quotidianamente ho potuto cogliere diverse sfumature di questa grande casa che nel tempo lo è diventata di diverse associazioni, la casa e l’ufficio di tanti preti, crocevia di uffici pastorali, della comunicazione diocesana, luogo di incontri degli organismi diocesani, aule di studio e lezione per tanti universitari, spazio per tante piccole e grandi realtà diocesane che qui hanno trovato negli anni un luogo accogliente e strettamente legato alla Curia».
Tante stagioni si sono susseguite, «ma lo spirito di chi l’ha fondata, diretta e resa sempre accogliente, bella e crocevia di vita ecclesiale non è mai venuto meno. Ora si volta pagina, ma resterà la memoria di quanto vissuto. Grazie alla Diocesi che ha contribuito con tanto amore a far sì che questa casa diventasse veramente tale per centinaia di persone che in questi 75 anni ne hanno varcato la soglia per vari motivi e ora che si lascia, tutti la porteremo nel cuore».
Luogo di crescita umano e professionale
Era il 1996 quando Paola Zampieri è entrata per la prima volta in Casa Pio X: «Luce, volti sorridenti, piedi veloci, mani calde di giovani uomini e donne laboriosi. Così ho percepito e vissuto Casa Pio X dal momento in cui vi ho messo piede. Neolaureata, prime esperienze di lavoro dentro un cuore pulsante che in quegli anni stava dando vita a tante iniziative culturali della Diocesi: la mostra sul Seminario di Gregorio Barbarigo, su Giuliano Vangi e il rinnovo del presbiterio della Cattedrale, l’avvio del Museo diocesano… Esserci stata in quel brulicare di eventi che avevano il quartier generale al secondo piano della Casa, avere potuto mettere a disposizione idee per contribuire a pensarli – nella squadra di lavoro capitanata da don Paolo Doni – e parole per dire, spiegare, raccontare, far conoscere… tutto questo è un dono di cui sono molto grata e un bagaglio che ha contribuito fortemente alla mia formazione umana e professionale».
I cambiamenti fanno crescere… rami
Maria Rocca è entrata in Casa Pio X per la prima volta nel 1994: «L’occasione mi portava negli uffici dell’Azione cattolica per iscrivermi a un campo formativo diocesano per animatori dei gruppi giovani. Ero poco più che ventenne, studiavo a Venezia ed ero impegnata in parrocchia. Amavo l’arte e le relazioni, due caratteristiche che mi contraddistinguono ancora. Sicuramente il lungo percorso che ho fatto con l’Ac a livello diocesano mi ha aiutato a crescere e, intrecciandosi e incarnandosi con la mia vita, a diventare la persona che sono».
Oltre all’Azione cattolica c’è un progetto professionale che la lega a Casa Pio X: quello per la vetrata “L’albero della vita”, sulla scalinata che porta al piano dell’Ac, realizzato nei primi mesi del 2000. «Ricordo perfettamente l’audacia, l’entusiasmo, il desiderio, le emozioni, la ricerca messe sulla carta. Il percorso in studio, con disegni e disegni, e il confronto fertile con l’amministratore della casa, Leopoldo Nicolè e il grafico diocesano Marco Ghedin per arrivare alla scelta definitiva del bozzetto, da cui sarebbero state realizzate tutte le formelle che costituiscono la vetrata».
Da quasi vent’anni Maria non vive più a Padova. «Di quel tempo mi rimane la luce colorata che filtra da quei vetri, quasi come un seme e un ramo vivo. Molto spesso mi sono arrivati messaggi di amici dicendomi che passando lì davanti mi stavano pensando. Le relazioni e l’arte sono la cosa più importante che ho costruito anche attraverso la frequentazione di Casa Pio X. Punti fermi anche in questa vita adulta. Giusto un paio di mesi fa ho realizzato a Sestri Levante, con un’amica artista – Francesca Tassano – un progetto dal titolo “Racconti emersi” che riflette sulla memoria delle cose e dei luoghi, e ho esposto opere nuove insieme a un ciclo che ho realizzato molto tempo fa e che per la prima volta avevo esposto proprio negli spazi del cinema-teatro nel 2003. Un’opera in particolare, che ora a parlarne sembra quasi profetica, si chiama “Luoghi d’assenza”. Anche “Luoghi d’assenza” è un’opera viva, penso che dobbiamo credere ai cambiamenti senza retrotopia, ma con l’idea che sono radici che fanno crescere rami. Ecco, è questa l’idea che spero permanga della vetrata e di Casa Pio X in tutti noi».
Anche Leopoldo Nicolè non vive più a Padova, ma i ricordi degli “anni di Casa Pio X” sono vivi. Il restauro completo, ad esempio, non sarebbe stato possibile «senza il sostegno e l’infaticabilità di don Paolo Doni, così come i lavori per la multisala Pio X». Così ha scritto nel volume in ricordo di don Paolo, “Lo sguardo oltre”. E ancora: «Non si trattava mai di una ristrutturazione limitata al recupero degli edifici: direi, anzi, che i lavori erano pensati proprio per ridare nuovo slancio e vita alle varie associazioni e attività».
Alcune date di Casa Pio X
1945-46 Il vescovo Carlo Agostini sostiene l’idea di una casa per l’attività organizzata dei laici cattolici
1950 Il 24 dicembre viene inaugurata dal vescovo Girolamo Bortignon e intitolata a papa Pio X, alunno del Seminario di Padova dal 1850 al 1858, del quale era in corso la causa di canonizzazione
Anni ’50 Le prime associazioni che “abitano” la casa sono l’Azione cattolica, le Acli, il Cif, il Csi, il Centro cinematografico cattolico. Fin dall’inizio è prevista la residenza per gli assistenti ecclesiastici dell’Ac, la cosiddetta “Comunità degli 80 scalini”
1954-56 Si costruisce una nuova ala di cinque piani (in via Bonporti); nascono il cinema-teatro e la mensa
1977 Il 12 marzo, nel pieno degli “anni di piombo”, alcune bottiglie incendiarie – lanciate da estremisti – devastano la portineria e il Centro padovano delle comunicazioni sociali
Anni ’80-‘90 La casa accoglie alcuni uffici diocesani e apre le porte all’Università di Padova, mettendo a disposizione degli spazi per le lezioni.
2002 Il 30 settembre, dopo un periodo di ristrutturazione e adeguamento del cinema-teatro, nasce – con tre sale: Petrarca, Giotto e Donatello – l’Mpx, Multisala Pio X
L’ala di via Bonporti resta attiva. Ecco le realtà presenti
Da inizio giugno Casa Pio X sta viaggiando a “scartamento ridotto”. Le realtà presenti nel corpo principale, quello che affaccia su via Vescovado 29, si sono spostate in altre sedi: alcune definitivamente, come l’Azione cattolica; altre – alcuni degli uffici diocesani, ad esempio – hanno una collocazione provvisoria in attesa dello spostamento nel palazzo vescovile (per informazioni: diocesipadova.it). L’ala di Casa Pio X che dà su via Bonporti è ancora “attiva” dal primo al terzo piano, mentre il quarto è in attesa di lavori. Dal numero civico 20 è possibile raggiungere le seguenti realtà: Cif, Noi Padova, Unitalsi, Api-Colf (al primo piano); Usmi, Pastorale dei giovani, Pastorale del sociale e del lavoro, Pastorale della salute, Pastorale delle vocazioni, Pastorale dell’ecumenismo e Pastorale della famiglia (al secondo). Al terzo si trovano l’Ufficio per le comunicazioni sociali, La Difesa del popolo ed Euganea editoriale comunicazioni. A numero 18 di via Bonporti è possibile accedere all’ufficio per la Pastorale della carità.