Direttore, con la recente scomparsa di mia sorella Maria Vittoria sono persuaso dell’urgenza di riuscire – davvero e fino in fondo – ad avviare un pubblico confronto di esperienze, riflessioni, scelte intorno al sottile e delicato confine fra il “vivere già come morti” e il “morire da vivi”.
Proviamo con uno sforzo a sostituire i chiodi, la corona di spine e tutti i simboli della Settimana Santa, con i volti dei bambini o di coloro che sono rimasti “vittime” di quegli aguzzini che non vogliono fermare la guerra a Gaza, come in Ucraina. Sarà facile comprendere come da giorni, mesi e anni, siamo nel cuore di un’infinita Via Crucis globale. Che non è nemmeno più «a pezzi».
Credere nella Pasqua significa non arrendersi al male. Parte da questo richiamo il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, per rileggere il significato profondo della Risurrezione oggi. In un tempo segnato da fragilità, guerre e divisioni, la Chiesa è chiamata a custodire e testimoniare la speranza. L’invito è a trasformare la fede pasquale in gesti concreti di riconciliazione, misericordia e fraternità.
Una tappa importante si è appena compiuta, con l’emissione, da parte di Viale Trastevere, della tradizionale ordinanza che definisce le modalità di svolgimento dell’esame
Lo psicologo Matteo Lancini analizza il successo di “Adolescence” e avverte: “I genitori chiedono ai figli di non provare emozioni che li fanno sentire inadeguati”. La vera prevenzione? “Offrire relazioni autentiche”
Nel 1992, il medico e scrittore Colin Douglas affermava sul British Medical Journal che il “movimento hospice è troppo buono per essere vero, e troppo piccolo per essere utile”. Se trent’anni fa erano pochi coloro che avevano familiarità con i concetti di hospice e cure palliative, oggi questi termini sono entrati nel vocabolario comune. Tuttavia, per la maggioranza delle persone rimangono realtà sconosciute, non avendo avuto un’esperienza diretta con il lavoro che si svolge in queste strutture.