Domenica 31 marzo torna l'ora legale e sposteremo le lancette un'ora in avanti. Avrebbe potuto essere l’ultima volta, ma i deputati che si dovevano esprimere entro aprile, hanno votato per porre fine al cambio stagionale dell’ora dal 2021. Adesso tocca ai Governi nazionali decidere. I Paesi dell'UE che decidono di mantenere l'ora legale dovrebbero regolare gli orologi per l'ultima volta l'ultima domenica di marzo 2021, mentre quelli che preferiscono mantenere l’ora solare dovrebbero spostare gli orologi per l’ultima volta l’ultima domenica di ottobre 2021. Così ha stabilito la risoluzione approvata dai deputati con 410 voti a favore, 192 contrari e 51 astensioni.
Ci avviciniamo al voto per le elezioni del Parlamento europeo. Da parecchio tempo un appuntamento elettorale di questo tipo non era così discusso. Nell’aria si percepiscono dei cambiamenti. Forse si potrebbe provare a fare un punto della situazione, perché non c’è più soltanto un diffuso clima di sfiducia che aveva tenuto lontano i cittadini dalla tornata elettorale precedente. Questa volta molto probabilmente la partecipazione aumenterà rispetto al passato. Ma quale indicazioni emergeranno per il futuro?
Nel Novecento i Paesi europei, ammalati di nazionalismo, sono andati alla guerra degli uni contro gli altri. Quanti dolori e quante vite perdute! Oggi siamo in un’altra stagione: la cultura del vivere per sé conduce all’egoismo nazionale e locale, all’assenza di visioni. Ma, a forza di vivere per sé, l’uomo muore; si spegne un Paese, una comunità, una nazione. E così l’Europa rischia il congedo dalla Storia. Ma il mondo ha bisogno dell’Europa, del suo umanesimo, della sua forza ragionevole, della sua capacità di mediazione e di dialogo, delle sue risorse, della sua intraprendenza economica, della sua cultura.
«Sia dunque un così insigne santo ad esaudire i nostri voti e, come egli un tempo con la luce della civiltà cristiana riuscì a fugare le tenebre e a irradiare il dono della pace, così ora presieda, all'intera vita europea e con la sua intercessione la sviluppi e l'incrementi sempre più» . Così papa Paolo VI nella Pacis Nutius, la lettera apostolica datata 24 ottobre 1964 con cui «San Benedetto Abate viene proclamato patrono principale dell’intera Europa». San Benedetto viene celebrato il 21 marzo, giorno della sua morte.
Romano Prodi, ex presidente della Commissione europea, propone di esporre la bandiera blu dell’Unione europea il 21 marzo, primo giorno di primavera dedicato a San Benedetto, patrono d’Europa. «Gli europeisti - ha spiegato alla stampa - avranno una occasione per avere la stessa bandiera, per essere visibilmente partecipi di un progetto».
L’Agenzia nazionale per i giovani, l’ente pubblico che in Italia ha il compito di mettere in atto le politiche giovanili dell’Ue, propone una serie di “palestre di progettazione” per “formare giovani e semplificare l’accesso ai programmi europei”. Dieci date tra aprile e dicembre sono a disposizione per chi vuole andare a Roma all’Agenzia e conoscere meglio o accedere al Corpo europeo di solidarietà ed Erasmus+.
Si è costruita e si è stratificata «una narrazione popolare per la quale essere in Europa è un minus». Lo ha denunciato Matteo Bracciali, responsabile del Dipartimento internazionale delle Acli, intervenendo all’incontro “Valore lavoro”, organizzato dal Coordinamento Donne delle Acli presso l’Ufficio in Italia del Parlamento europeo.
La Commissione europea ha proposto di inserire 23 paesi nella lista nera degli Stati ad alto rischio di agevolare il riciclaggio di denaro sporco perché la loro legislazione antiriciclaggio è carente e l’obiettivo dell'elenco è proteggere il sistema finanziario dell'UE prevenendo meglio i rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.
Gli Stati membri però hanno sostenuto che il processo di aggiornamento dell'elenco fosse poco chiaro e potenzialmente vulnerabile alle azioni legali e si sono rifiutati di includere i 23 Paesi nell’aggiornamento della lista nera dell’UE.
Gli eurodeputati di fronte alla decisione del Consiglio hanno espresso preoccupazione e chiedono di non mischiare la politica con la lotta al riciclaggio di denaro sporco.
In Grecia, nell’isola di Samos, si rischia una grave crisi umanitaria: oltre 4.000 migranti e rifugiati sono intrappolati in condizioni terribili, mentre le tensioni con la popolazione locale vanno via via inasprendosi. Oltre alla più nota situazione nell’isola di Lesbo, l’hotspot di Samos, che può accogliere solo 1.500 persone, è sovraffollato all’inverosimile. Perciò, all’esterno del campo, le rigogliose colline coperte di pini della bella isola dell’Egeo sono tappezzate di tende e baracche precarie, senza elettricità, con pochi punti per la distribuzione dell’acqua e una ventina di toilette. Rarissimi i medici e gli psicologi. I volontari di qualche Ong locale cercano almeno di lavare le lenzuola per impedire il degrado totale. Ma d’inverno fa freddo, il cibo è scarso e accanto agli accampamenti spontanei si ammassano montagne di rifiuti e topi. L’assenza di servizi e la presenza, a ridosso della città, di migliaia di donne, uomini e bambini disperati stanno mettendo in difficoltà la convivenza con i 33 mila abitanti di Samos, che normalmente vivono di turismo e cominciano a manifestare insofferenza.