Idee
Contro l’oblio. La narrazione della trasformazione dei manicomi in luoghi di accoglienza e cura
“L’impossibile diventa possibile. La nuova vita degli ex manicomi italiani” di Giulia Galeotti
Idee“L’impossibile diventa possibile. La nuova vita degli ex manicomi italiani” di Giulia Galeotti
L’eliminazione dei “mezzi di contenzione meccanica, gli elettroshock, le sbarre” di cui parla Giulia Galeotti, curatrice di “L’impossibile diventa possibile. La nuova vita degli ex manicomi italiani” (Castelvecchi, 178 pagine, 19 euro) grazie alla legge Basaglia, ha rappresentato il primo passo di un lungo cammino.
Vere e proprie città, spesso abbandonate a se stesse, lentamente hanno ripreso a vivere in diversi contesti, finalizzati all’inclusione. E alla memoria. Il libro, con una introduzione di Virginio Colmegna e postfazione di Mario Panizza, ripercorre le diverse strade di queste rinascite, iniziando da Aversa, con il racconto di Enrica Riera: la trasformazione di una struttura duecentesca in fattoria sociale, in cui persone con fragilità ritrovano una comunione perduta con la natura.
Si va poi a Ferrara guidati da Silvia Camisasca: uno dei frammenti della grande stagione estense, il palazzo Tassoni, è divenuto sede della facoltà di Architettura; si passa poi per Firenze con Silvia Guidi (che narra di un altro luogo-fortezza, “una piccola città-stato”, l’ospedale psichiatrico di Maggiano), che, come altri luoghi presenti in questo libro, si intreccia con la storia della letteratura: qui venne “ospitato” Dino Campana, uno dei più grandi poeti del Novecento.
E poi quello che si chiamava Ospedale Psichiatrico Giudiziario, nato nel ventennio fascista, la cui abolizione segna l’inizio della seconda vita di oggetti, lettere, e con la nuova, reale esistenza a favore di chi non ha un tetto. Il manicomio palermitano, narrato da Enrica Riera, oggi è diventato testimonianza di quanti hanno vissuto fuori dalla società perché ritenuti pericolosi. Fino a quando la Compagnia Instabile di Roberta Zottino non li ha riportati al senso della vita, a dimostrazione di come non tutto venga divorato dal nulla dell’oblio. Grazie anche al ritorno a casa e alla riapertura di lettere mai spedite. E Riera ricorda la riabilitazione delle strutture di Potenza trasformate in spazio museale con opere create da importanti artisti, divenendo “polo di meraviglia e meraviglie, ma soprattutto di libertà”.
Il legame con l’arte è affrontato da Gabriele Nicolò, con gli esempi di van Gogh, Courbet, Goya, Signorini, Balla, a testimoniare, talvolta tragicamente, come l’isolamento e le barriere siano tutt’altro che cure.
Non poteva mancare la storia del Santa Maria della Pietà a Roma, narrata da Paola Petrignani, divenuto, grazie a chi aveva lavorato qui prima della chiusura, il Museo Laboratorio della Mente, con installazioni multimediali in grado di far percepire l’isolamento e il dolore di chi vi è stato recluso.
Il ritorno alla luce, e al mare, di bambini “separati” è narrato da Giulia Alberico sulla scorta di un libro dello psicoterapeuta Massimo Ammaniti. La trasformazione del grande Regio Manicomio di Torino, meglio conosciuto come Collegno -luogo che ha ospitato il famoso Smemorato-, è narrata da Roberto Rosano, mentre Riera racconta le vicende dell’ospedale psichiatrico di Trieste, con la commovente ed esemplare storia della sartoria dei tessuti riciclati.
La curatrice del volume ci porta infine nella Venezia in cui è iniziata ogni cosa, perché patria di Franco Basaglia, con l’“Isola dei matti”: prima manicomio per gente di alto lignaggio, poi, anche per i poveri con la storia della “Follia reclusa” e le attività finalizzate a far conoscere come allora non si puntasse alla guarigione, ma all’isolamento e alla condanna. Gli strumenti esposti, come camicie di forza, cinture, manicotti, sono ricordo di un’epoca di cui non sapremmo nulla e che invece, grazie al riuso intelligente di veri e propri lager, torna oggi ad ammonirci. E a dare un senso a storie dimenticate.