Storie
Cuba è, forse, il simbolo più vivo nell’immaginario della politica del ‘900. Ultimo baluardo dell’idea socialista nel continente americano, è stata testimone di come era diviso il mondo all’epoca. Ha affascinato gli americani fino agli anni ’50 poi, con la rivoluzione, è diventata nemica dell’occidente e porto di approdo dei russi. Ha subito boicottaggi ed embarghi che durano ancora oggi, ma ha anche visto parte del suo popolo cercare una fuga verso gli Stati Uniti, stanco dell’oppressione del regime.
È perciò un luogo di contraddizioni, la cui apparente leggerezza nell’affrontare la vita fa da contraltare alle difficoltà economiche che, pur essendoci sempre state, trovano ora uno dei momenti più bui, peggiore persino del “periodo speciale” quando, negli anni ’90, la caduta dell’Unione Sovietica fece mancare il supporto economico alla vita dell’isola.
Chi è andato a visitare L’Avana, nei suoi racconti, descrive la città come decadente e nel suo cuore spera egoisticamente che la situazione non cambi mai. Sono troppo affascinanti le strade interrotte, i palazzi del Malecón dagli intonaci colorati e scrostati, i quartieri a pezzi, le porte aperte delle case, il mare, la musica. È così che il turismo è diventato la fonte principale di reddito negli ultimi decenni. Durante e appena dopo la pandemia una serie sfortunata di circostanze e di scelte politiche hanno fatto precipitare il paese nel baratro. Le sanzioni dell’amministrazione Trump hanno indurito l’embargo che dura dal 1960, il più lungo mai imposto a un Paese. Le previsioni sul Pil del 2025 erano del meno 0,3 per cento, ma con i dazi americani sono state ribassate al meno 0,4 per cento. Nel 2024 la crescita è stata nulla. Il tutto consegue il pesantissimo meno10,9 per cento nell’anno del Covid. Contemporaneamente la scelta di ridurre la fornitura di petrolio da parte del Venezuela, ex alleato storico, ha scatenato un effetto a catena che ha visto il trasporto pubblico e privato calare drasticamente e i sempre più frequenti blackout elettrici in centrali vecchie e prive di manutenzione. Senza benzina i trasporti sono ridotti a meno del necessario rendendo per nulla attrattive le prenotazioni turistiche, calate del 30 per cento.
Il cambio è ufficialmente ancora di 120 pesos per 1 dollaro. Al mercato nero, però, ne servono il triplo, cioè 370 pesos. La valuta ha perso quasi un quinto del suo valore quest’anno contro la moneta americana e il 90 per cento negli ultimi 5 anni. A marzo di quest’anno il governo ha dovuto chiudere scuole e attività lavorative per due giorni perché non c’era l’energia necessaria al funzionamento del paese. Il presidente Miguel Diaz-Canel è alleato stretto della Russia di Putin e della Cina di Xi Jinping, ma i recenti sconvolgimenti geopolitici in Medioriente e in Ucraina, che porteranno inevitabilmente alla ridefinizione di un nuovo ordine mondiale, hanno distratto le risorse degli alleati non più destinate all’isola caraibica. In uno dei recenti Consigli dei ministri il presidente ha dovuto rendere noto che gli obiettivi economici prefissati non saranno rispettati. Il Governo ha perciò stabilito di assecondare una vera e propria “economia di guerra” che punta a ridurre le importazioni e a incrementare le esportazioni, per salvaguardare le scarsissime riserve di valuta estera. L’ammissione della difficoltà è una novità nella comunicazione politica del Paese, da decenni trincerata dalla propaganda del sogno socialista.
Certamente l’isolamento imposto soprattutto dagli Stati Uniti non favorisce una ripresa, ha visto anzi l’incedere di un rischio alimentazione per gli abitanti. Cuba importa fino all’80 per cento del fabbisogno alimentare e, avendo le riserve di valuta convertibile ormai esaurite, non riesce a garantire una distribuzione minima. L’approvvigionamento del cibo segue ancora il modello imposto da Fidel Castro. Le famiglie, ogni settimana, posseggono una tessera, la libreta, che stabilisce il tipo e la quantità di alimenti a loro spettante. In ogni quartiere ci sono magazzini con riserve di olio, zucchero, sale e in genere i beni di prima necessità razionati e distribuiti. Siccome sopravvivere con tali standard diventa molto difficile, ciascun abitante svolge un secondo lavoro: imbianchino, autista, piccoli commerci e così via.
Le auto di Cuba sono fra le cose più fotografate al mondo, assieme alla Tour Eiffel e Venezia, ma dentro il loro cofano nascondono motori di svariate marche, arrivati nell’isola chissà come, e i pezzi di ricambio, ormai introvabili, vengono usati e riusati fino a essere inutilizzabili.
Nelle campagne l’agricoltura e l’allevamento sono crollati miseramente. Dal 2019 al 2024 la produzione di carne di maiale è quasi sparita, (meno 95 per cento), la pasta è al meno 92 per cento), il riso a meno 82,4 per cento, la farina a meno 60 per cento, lo yogurt a meno 81,2 per cento, il caffè a meno 65,6 per cento, meno 83,3 per cento per il formaggio, meno 84 per cento per i gamberetti e meno 45 per cento per le aragoste e le interruzioni della corrente elettrica e il crollo delle importazioni hanno reso più difficili coltivazioni e allevamenti.
La conseguenza è l’impazzimento dei prezzi. Al mercato nero, per l’equivalente di 300 dollari, si riescono ad acquistare una scatola di uova, 2 buste di latte, 4 litri di olio, fagioli, yogurt, salsicce e 5 chili di carne di pollo e manzo. Il potere d’acquisto è da considerare rispetto allo stipendio statale medio mensile che è di appena 3 mila pesos (8,10 dollari) e la pensione minima che si attesta 1.500 pesos (4 dollari).
Quando si varca la soglia di un supermercato gli scaffali sono per lo più vuoti, i prodotti si contano sulle dita della mano e sono sparsi qua e là a debita distanza per fare finta che appaiano più numerosi. Per ogni cosa che si chiede al commesso la risposta è un desolante “no hay”. Nel febbraio 2024, per la prima volta nella sua storia, il Governo ha chiesto l’intervento del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite per distribuire un chilo di latte al mese a ogni bambino sotto i sette anni.
L’accesso a internet è raro e concentrato solo in alcune piazze de l’Avana. Quando ci si addentra compaiono alcuni ragazzi che, di soppiatto, propongono tessere. L’uso di sei gigabyte di traffico mobile costa 380 pesos, equivalente a circa un dollaro, ma per avere più dati bisogna pagare fino a 10 volte tanto, rendendo impossibile l’acquisto per la maggior parte della gente.
Le ristrettezze economiche sono sempre state presenti nella vita di Cuba, ma garantivano una sussistenza dignitosa ed erano in parte alleviate da musicisti e danzatori nel lungo mare e all’interno della città. Ora la sfiducia sembra aver toccato il punto più basso e ha aperto un altro fronte: la crisi migratoria. Si stima che tra il 2022 e il 2023 il Paese abbia perso il 18 per cento della popolazione, persone in maggioranza giovani non più disponibili al lavoro dei campi e delle fabbriche.
Nel 1952 Fulgencio Batista, Capo di Stato maggiore dell’esercito, assunse il potere grazie a un golpe militare favorito dagli Stati Uniti. Promosse una politica a favore dell’influenza militare ed economica americana, sospendendo le garanzie costituzionali. Svendette i grandi giacimenti e le infrastrutture alle multinazionali statunitensi, portando il debito del Paese a livelli insostenibili.
Nel frattempo l’avvocato Fidel Castro, dal suo esilio messicano, riorganizzò la lotta assieme al medico argentino Che Guevara. Dopo essere sbarcati con una piccola flotta affrontarono l’esercito e, assorbendo le perdite della guerriglia sui monti della Sierra Maestra, convinsero la popolazione ad attuare la rivoluzione che avvenne nel 1958 a Santa Clara.
L’instaurazione di un regime socialista mosse il presidente americano Kennedy a cercare di rovesciare il governo con la disastrosa invasione della Baia dei porci del 1961 e a decretare l’embargo che dura ancora oggi. Nel 1962 la guerra fredda tra Usa e Urss raggiunse il culmine con la crisi missilistica di Cuba, la “crisi d’ottobre”. Fu uno dei momenti più critici della guerra fredda.