Chiesa
(dall’inviato in Terra Santa) “…quindi Gesù si ritirò nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Efraim, dove si trattenne con i suoi discepoli”: qui a Tayibe, nome attuale dell’antica Efraim, vanno orgogliosi del passaggio del Signore nella loro terra. Nella chiesa parrocchiale spicca un gigantesco dipinto che ricorda il brano del Vangelo. Oggi Tayibe è un villaggio cristiano – in Cisgiordania – di 1.200 abitanti, fra una quindicina di villaggi a maggioranza musulmana e pressato da insediamenti di coloni israeliani che, racconta il parroco, padre Bashar Fawadleh, incendiano le piantagioni di ulivi e si macchiano di altre scorribande (minacce, auto incendiate…).
“Qui la vita è dura”. Abuna Bashar è un giovane sacerdote, parroco a Tayibe dal 2021. “Fino agli anni ’80 gli abitanti erano tremila, ma la gente è emigrata. E dopo il 7 ottobre le partenze sono aumentate”. Gli abitanti del villaggio che vivono all’estero, spiega il sacerdote, sono addirittura 14mila, molti dei quali negli Stati Uniti, ma anche in Europa e in altri continenti. “Qui la vita è dura. Siamo intrappolati, non si può andare a Gerusalemme per lavorare, le coltivazioni sono prese di mira dai coloni. Viviamo senza sicurezza, siamo soli”. L’Autorità palestinese non fa nulla per voi? Sorride e scuote la testa. Aiuti dall’estero? “Sì, ne arrivano. Ma soprattutto abbiamo bisogno di non sentirci abbandonati. Abbiamo avuto visite da politici di alcuni governi europei, ma non dall’Italia”.
Tre campanili, vero ecumenismo. La parrocchia è vivace, lo si capisce al volo. C’è una scuola con 400 studenti, il 70% dei quali musulmani che arrivano dai villaggi vicini. Poi la squadra di calcio, una scuola d’arte, l’intenzione di riaprire i corsi di ceramica, una casa di accoglienza. Una delle caratteristiche di Tayibe è la presenza di tre comunità cristiane: oltre ai cattolici, ci sono gli ortodossi e i melchiti. Tre campanili ne sono il segno esteriore, “ma – spiega il parroco – siamo davvero in ottimi rapporti, collaboriamo spesso, viviamo insieme i momenti forti dell’anno, Natale, la processione delle Palme, la festa di Pasqua. D’estate abbiamo un unico campo estivo”, una sorta di oratorio, “con 150 ragazzi delle tre comunità”. Sono presenti anche quattro congregazioni religiose.
Riaccendere la radio. Inoltre, sono stati avviati alcuni progetti, sostenuti da fondi internazionali, ad esempio per la valorizzazione del sito archeologico. “Eppure, se non c’è lavoro, se non si può mantenere la famiglia, se si vive nella paura, diventa normale – sottolinea padre Fawadleh – che le famiglie vogliano andarsene”. Uno dei sogni è riattivare la radio locale, che da tempo ha interrotto le trasmissioni: “Potremmo dare lavoro – dice il prete – ad almeno dieci persone”. Prende forma, nel frattempo, un altro progetto, inteso a realizzare venti appartamenti: per ora è aperto il cantiere per cinque di essi, un modo come un altro per evitare nuove emigrazioni.
Guardando avanti. La visita dei vescovi lombardi porta un segno di amicizia, di possibili collaborazioni. È già in atto un gemellaggio con la diocesi di Crema: in futuro i legami potrebbero rafforzarsi. Il parroco parla del sostegno che viene dal Patriarcato latino. Quindi torna a spiegare la storia della cittadina, della parrocchia, racconta della sua gente. Ci porta a visitare i locali dove trascorse alcuni periodi Charles de Foucauld. Non manca una visita al più antico edificio di culto della zona. A un tratto – forse sorprendendo gli ospiti – rende nota la “trinità di Tayibe”: “Lavoro, case e sicurezza”, ovvero i tre elementi necessari “per vivere in serenità”, per immaginare – anche qui, in Cisgiordania – un futuro in pace.