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Dentro l’emergenza pandemica. Lente d’ingrandimento sulla sanità: i punti sensibili oltre il Covid
Pensionamenti, rinnovo di convenzioni e padovani che si curano fuori città
FattiPensionamenti, rinnovo di convenzioni e padovani che si curano fuori città
Diagnosi e cura della sanità, ancora dentro la pandemia. Oltre la continua emergenza, sembrano stagliarsi vecchie e nuove insicurezze.
L’allarme sul Pnrr. Ancora una volta, esterna senza diplomazia le preoccupazioni Rosy Bindi, ex ministro della sanità, che su Il Foglio in merito all’impiego delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza, avverte: «Mancano diecimila medici e almeno il doppio degli infermieri. E siamo ancor più carenti di altre professionalità, quelle che dovrebbero garantire i servizi previsti dal Pnrr. Costruire le Case della comunità va benissimo, ma significa realizzare servizi di prossimità, servizi domiciliari e più in generale servizi sul territorio in modo da garantire continuità assistenziale e tutte le cure primarie. Occorre che il futuro sia ora». Un allarme che riguarda, eccome, anche il “modello veneto” che sembra sempre meno lontano dalla Lombardia…
La Bassa dimenticata. La consigliera regionale Elena Ostanel (Il Veneto che vogliamo) punta l’indice sul direttore della sanità veneta, Luciano Flor. C’era l’impegno per “un’equa distribuzione dei pazienti in terapia intensiva” che è rimasto lettera morta. «I contagi salgono e la terapia intensiva cardiologica di Schiavonia è ancora chiusa. Questo ritardo non è più accettabile, dopo quasi due anni dall’inizio della pandemia e mesi di proteste dei sindaci, operatori sanitari e cittadini della Bassa» afferma. E Ostanel insiste: «La Regione aveva promesso che sarebbe stato definito in tempi brevi un accordo con la Casa di cura di Abano per l’utilizzo di 40 posti letto in malattie infettive per pazienti a bassa e media intensità di cura da dividersi fra la struttura di Abano e la Diaz a Padova. A che punto siamo? Essendo chiusa la terapia intensiva cardiologica, dove vanno i pazienti della Bassa colpiti da infarto?».
L’esodo dei medici. Nel 2021, in Italia hanno raggiunto la pensione 3.061 medici di base più 295 nelle guardie mediche e 322 pediatri. E quest’anno si prevede saranno, rispettivamente, 3.257 più 383 e 427. Di fatto, programmazione saltata. E non per colpa del Covid. Se mai, della “meritocrazia” a numero chiuso. O del business in sanità. Il Veneto nell’ultimo anno ha perso 229 medici di famiglia, 13 nelle guardie mediche e altrettanti pediatri. All’Ordine dei medici di Padova gli iscritti sono 5.668 (più 1.167 odontoiatri): gli specialisti in sanità pubblica risultano 185, mentre 331 in pediatria. Nelle ultime settimane, è definitivamente esploso il “caso medici di famiglia” con migliaia di padovani senza più assistenza.La convenzione. I medici di base non dipendono dal servizio sanitario nazionale. Ora occorre rinnovare la convenzione. Governo e Regioni hanno predisposto una bozza: 38 ore settimanali di cui 20 nello studio, 6 nella Casa di comunità e 12 nel Distretto. Non basta, perché ai medici viene chiesto di rafforzare la rete territoriale e di garantire l’apertura degli studi cinque giorni a settimana con orario 8-20 (obbligatorio il lunedì). Intanto il Veneto aumenta (fino a 1.800) il massimale degli assistiti: la delibera recentemente approvata dalla giunta Zaia comporta 5,50 euro in più a paziente. D’altro canto, la Regione ha fatto scattare un’altra novità: le guardie mediche avranno una tariffa parificata alle Unità speciali di continuità assistenziale, da 23 a 40 euro all’ora. Costo dei due provvedimenti 52 milioni di euro, che vengono attinti dal Fondo sanitario regionale.
Padova: eccellenza? Nel 2020, le statistiche consolidate (controllo di gestione dell’Azienda ospedale-Università e dell’Ulss 6 Euganea) parlano chiaro. Sono ben 1.975 i residenti nel comune capoluogo ad aver fatto pendere la bilancia verso i ricoveri in altri ospedali veneti: 18.742 per 135.614 giorni di degenza fra via Giustiniani e Sant’Antonio contro i 20.717 pazienti padovani “in fuga” nel Veneto per 158.369 giorni di degenza. Urologia, cardiologia, geriatria e ginecologia dai numeri ufficiali sembrano essere cliniche e reparti da “radiografare” con più attenzione dal direttore generale Giuseppe Dal Ben.
Sanità privata. Le statistiche indicano 312 ricoveri a Villa Maria (17 lungodegenti), 135 alla Casa di cura Trieste (95 in riabilitazione), 1.047 alla casa di cura di Abano (319 in ortopedia) e 114 a Parco dei Tigli di Teolo (con 4.521 giorni di degenza). L’Ulss 6 Euganea rimborsa, inoltre, prestazioni a 377 strutture socio-sanitarie convenzionate. Per lo più, seguono disabili e malati terminali: 97 società e 15 cooperative sociali. Seguono 77 strutture per disabili psichici e altre 65 di assistenza agli anziani. Ma incassano il finanziamento pubblico anche 87 strutture poliambulatoriali: 14 medici, 36 società e due cooperative con attività clinica; 11 società di laboratorio analisi; 14 di diagnostica strumentale e per immagini.