Il documento si apre con un versetto dell’Apocalisse, dove si immagina Cristo rivolgersi a ciascuno dei poveri dicendo: hai poca forza ma «io ti ho amato», «dilexi te». Richiama la «bimillenaria storia di attenzione ecclesiale verso i poveri» e afferma che «la cura dei poveri fa parte della grande Tradizione della Chiesa, come un faro di luce che, dal Vangelo in poi, ha illuminato i cuori e i passi dei cristiani di ogni tempo», perché la carità è «una forza che cambia la realtà, un’autentica potenza storica di cambiamento».
Esiste dunque «un vincolo inseparabile tra la nostra fede e i poveri», e «ogni rinnovamento ecclesiale ha sempre avuto fra le sue priorità l’attenzione preferenziale ai poveri». La Dilexi Te ribadisce che i poveri non sono una «categoria sociologica», ma la «carne di Cristo», e che rimandano all’«essenziale della fede»: il Figlio di Dio che «si è svuotato» e «fatto povero».
L’esortazione ha anche una valenza politica, poiché «la mancanza di equità è la radice dei mali sociali». Il papa denuncia «la miseria di tante persone», indica i «nuovi e drammatici squilibri» e le «crescenti disuguaglianze», e critica «una visione dell’esistenza imperniata sull’accumulo della ricchezza e sul successo sociale a tutti i costi, da conseguire anche a scapito degli altri, profittando di ideali sociali e sistemi politico-economici ingiusti che favoriscono i più forti».
apa Leone esprime una profonda preoccupazione per le disuguaglianze economiche e per la concentrazione della ricchezza, che solleva interrogativi etici e sociali. La sua è una critica al sistema economico globale che permette – e talvolta incoraggia – tali disparità. Anche la democrazia, se non accompagnata da una forte coscienza sociale e da politiche che promuovano l’equità, può fallire nel garantire una vita dignitosa per tutti.
A coloro che hanno in mano le sorti delle nazioni, il papa chiede di ascoltare i poveri e di «risolvere le cause strutturali della povertà», superando l’idea di politiche sociali «verso i poveri, ma mai con i poveri, mai dei poveri». Al «popolo di Dio», invece, chiede di «far sentire, pur in modi diversi, una voce che svegli, che denunci, che esponga», perché «la proposta del Vangelo non è soltanto quella di un rapporto individuale e intimo» con il Signore, e perché le «strutture di peccato» e «d’ingiustizia» vanno riconosciute e abbattute «con la forza del bene». I poveri si confrontano con realtà dure come «la disuguaglianza, la mancanza di lavoro, della terra e della casa, la negazione dei diritti sociali e lavorativi», elementi essenziali per accedere alle risorse materiali, culturali e sociali indispensabili a un tenore di vita minimo accettabile. La conclusione è chiara: i meccanismi che regolano l’economia sono frutto di scelte umane e, come tali, possono essere modificati e riorientati secondo principi e criteri diversi da quelli attuali.