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Mappe | Mappe 07 – Il Terzo settore – maggio 2022

lunedì 23 Maggio 2022

Ali tarpate per il volontariato. Un grande valore economico e sociale, ma intrappolato da norme contraddittorie

Giovanni Sgobba
Giovanni Sgobba
redattore

È successo durante la pandemia. L’abbiamo visto in questi mesi recenti, nell’accoglienza dei profughi ucraini. Ma possiamo prendere anche eventi nefasti passati, come terremoti e alluvioni, che sconquassano la quotidianità. Nell’attimo emergenziale, una macchina fatta di volontari si attiva per soccorrere, per essere d’aiuto, per far sì che un problema, un grosso problema, se condiviso, possa gravare meno sull’esistenza del singolo. Abbiamo un problema! (Un grosso problema) è il titolo dell’albo illustrato di Kite edizioni (uscito nell’aprile 2022, 32 pagine a colori, con Davide Calì nei panni di autore e Marco Somà in quelli di illustratore) da cui è tratta la copertina di questo numero 7 di Mappe: un giorno un oggetto enorme e misterioso cade dal cielo, tutti cercano di capire di che cosa si tratti, per quale ragione sia arrivato e soprattutto come spostarlo da lì. Il problema pare insormontabile e mentre c’è chi filosofeggia o si rintana per studiare fantascienfiche soluzioni, ecco proprio la soluzione è sotto gli occhi di tutti, basta cambiare il punto di vista e attivarsi tutti. Essere, insomma, operosi. Quella corda che lega i vari insetti, affinché nessuno rimanga indietro, questo è fare rete, questo è il terzo settore, un valore umano composto da cinque milioni di italiani, ma anche economico, 80 miliardi di euro, pari al 5 per cento del Pil nazionale. Ma come racconta Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum terzo settore: «Sono terzo settore le associazioni che accolgono i profughi dalle guerre, i volontari che trascorrono il tempo con i nostri anziani soli o le cooperative sociali che danno lavoro alle persone con disabilità. Sono Terzo settore le realtà non profit dove portiamo i nostri figli a praticare uno sport o a imparare uno strumento musicale, quelle che forniscono il servizio ambulanze in convenzione con il Servizio sanitario nazionale (ben l’85 per cento), quelle che si mobilitano per l’ambiente e difendono i diritti dei più svantaggiati. Questo, e molto altro ancora, è terzo settore: cittadine e cittadini autorganizzati che si attivano per la comunità senza fine di lucro, ma per rendere più giusta, più inclusiva, sostenibile e solidale la società. Attraverso la partecipazione attiva, il terzo settore con i suoi volontari e i suoi lavoratori semina solidarietà e fiducia tra le persone, le assiste nel bisogno anche e soprattutto quando le istituzioni non sono presenti, promuove inclusione sociale e cittadinanza attiva, stimola la partecipazione alla vita democratica, arriva con i suoi servizi e le sue attività in ogni comunità e territorio, anche quelli più emarginati. Senza il terzo settore saremmo tutti più soli, spaventati, impotenti».

Una presenza talmente radicata nel territorio da osservarlo con occhi “privilegiati”, facendosi portavoce delle esigenze e anticipando le istituzioni, arrivando prima, in un certo senso. Del resto anche se il filosofo Hegel vedeva nello Stato il custode della “verità” con conseguente adeguamento degli altri soggetti a esso, la forma pura di assistenza, volontariato, socialità ha sempre avuto una forma antropologica innata. E anche gli Stati moderni devono riconoscerlo. Eppur il terzo settore sta attraversando una fase di grande difficoltà. Sicuramente la pandemia ha inferto un duro colpo al mondo dell’associazionismo e del volontariato, che peraltro non ha potuto contare sul sostegno dello Stato, visto che i ristori previsti dal Governo nella fase più emergenziale non sono mai arrivati. Le energie positive non mancano, ma da più fronti si alza un coro all’unisono: ciò che manca è una politica che sappia valorizzare queste energie. Lunedì 23 maggio, ActionAid, Aism, Airc, Emergency, Fai, Lega del filo d’oro, Save the Children e Fondazione Telethon si sono appellate con forza al Parlamento per non snaturare lo spirito del 5 per mille, nato per sostenere le attività nel campo del volontariato e della ricerca scientifica, ma che, se dovesse essere approvata la legge in questi giorni in discussione, verrebbe utilizzando anche per finanziare il fondo assistenza per il personale delle forze armate. La famosa e annosa riforma, il registro unico, l’aumento dell’Iva previsto nell’ultima legge di bilancio (momentaneamente congelato, ma non del tutto cancellato) sono operazioni “cosmetiche” che non entrano nel cuore della materia, al più la intrappolano: «La riforma nasce cinque anni fa con l’obiettivo di dare un riconoscimento giuridico al terzo settore e attraverso questo, valorizzare le attività che svolge – osserva ancora Vanessa Pallucchi – A oggi, però, il quadro non è ancora completo e migliaia di organizzazioni vivono in uno stato di incertezza rispetto a quello che sarà il loro futuro. Uno deinodi principali è il regime fiscale: la norma tende a penalizzare gli enti, aggravandoli con un carico fiscale e burocratico sinceramente incomprensibile. Soprattutto per le associazioni piccole e piccolissime, questo significa ostacolare la loro vocazione sociale e creare il rischio che desistano dal loro impegno. La situazione è paradossale: tutti, anche ai livelli più alti delle istituzioni, riconoscono il ruolo fondamentale del terzo settore nell’economia e nella società diquesto Paese, eppure nei fatti non lo si sta mettendo nella condizione di svolgerlo». Il terzo settore appare oggi tarpato, incatenato come il Prometeo della mitologia greca, non in grado di esprimersi nella maestosità delle sue capacità. E questo sì che è un problema, un grossissimo problema.

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