Musei in appaltoDa Milano a Trieste, da Verona a Firenze, da Torino a Roma: si “esternalizzano” guardiania, accoglienza, perfino biglietteria e bookshop. Di fatto, il “giacimento culturale” dei musei diventa la nuova frontiera del lavoro senza dignità e del diritto virtuale. Non fa eccezione la quotidianità al Museo civico degli Eremitani, perché anche l’aspirante Capitale europea della cultura non brilla nella gestione del personale. «Personalmente, ho prestato un anno di servizio civile a 3 euro all’ora. Eravamo in otto più i “nonni vigile” a garantire il servizio nelle sale degli Eremitani» testimonia Federica Arcoraci di Mi riconosci, l’associazione che ha guadagnato anche l’attenzione di Presa diretta. E racconta: «Studenti, universitari, volontari cui è richiesto un curriculum qualificato senza però essere pagati. È il primo inequivocabile segnale di sfruttamento. Il bando di selezione del servizio civile richiedeva laurea magistrale, con la capacità di organizzare eventi e visite guidate. In realtà, serve soltanto bassa manovalanza e non si garantisce nemmeno la formazione».Dietro le quinteL’Italia dei beni culturali sembra proprio riprodurre il “modello logistica” che appalta da lustri la movimentazione merci senza troppi scrupoli. Musei, mostre, monumenti, luoghi preziosi possono essere affidati a chi assume il personale con il livello D del contratto servizi fiduciari, scaduto da sette anni e più volte giudicato incostituzionale: il salario è al di sotto della soglia di povertà. Il pubblico abdica e il privato insegue il business: nel mezzo resta stritolato il terzo settore. «Con Mi riconosci vogliamo rendere manifesti i gravi problemi del settore beni culturali – insiste Federica Arcoraci – Raccogliamo di continuo segnalazioni di studenti o lavoratori sfruttati, non solo per la mancanza di pagamento ma anche per il modo in cui sono trattati. Rispetto all’Europa, siamo fuorilegge. Servizi culturali che crescono di prezzo, anche grazie al personale non retribuito. E il turismo culturale si regge su questo. All’assessore alla cultura Andrea Colasio avevamo proposto l’ingresso gratuito per i padovani, biglietti scontati agli studenti, ma sembra concentrarsi su Urbs picta, un’offerta per altro con orari molto ridotti, su misura dell’attuale gestione museale».
Lo spettacolo “dal basso”È l’altra faccia del terzo settore: associazioni, cooperative, imprese sociali che animano la vita culturale “dal basso” dopo aver sopportato gli effetti catastrofici della pandemia. «Con Res, Rete dello spettacolo dal vivo, abbiamo provato a riunire una parte di queste realtà, cercando di farci riconoscere dalla politica – spiega Filippo Tognazzo, attore, autore e formatore che presiede Res – E non parliamo solo di cultura, ma di migliaia di posti di lavoro con un impatto economico fra produzione e indotto importantissimo. Il governatore Zaia parla del 6 per cento dell’occupazione e del 5 per cento del Pil regionale, salvo poi mettere in bilancio poche briciole». Lo scenario è dispiegato da sempre. Grandi teatri, enti lirici, fondazioni con un ruolo storico e adeguato sostegno. Poi c’è il mondo del Fus, Fondo unico dello spettacolo, che garantisce le compagnie in grado di attingerlo. Il terzo settore dello spettacolo è invece costituito da realtà piccole, locali, votate al lavoro in funzione della comunità. Ragiona a voce alta Tognazzo: «Il Covid ha paralizzato teatri, sale, spazi di ogni tipo e ha reso evidente un aspetto del mondo del lavoro della cultura: da una parte un sistema finanziato, con tutele e diritti; dall’altra la moltitudine di strutture e lavoratori che, pur di lavorare, accettano sfruttamento e nero. Credo sia dovuto a due fattori. Il primo è la scarsità delle risorse: il Veneto investe 3,5 euro a cittadino in cultura, eppure ha un patrimonio immenso. Allo stesso tempo molte amministrazioni pensano di fare cultura senza investimenti. Riceviamo proposte di assessorati che mettono spazi e piano di sicurezza, ma chiedono agli artisti di esibirsi gratis».Un laboratorio e il PnrrIl terzo settore culturale possiede un profilo incontestabile. Confermato dall’Istat: 120 mila organizzazioni non profit attive con circa 220 mila persone al lavoro e 6 miliardi di euro di entrate all’anno. Negli ultimi due anni, però, la sopravvivenza per molti è un’incognita. Eppure si tratta di un “laboratorio” diffuso e prezioso: eventi, formazione, spettacoli, animazione, rigenerazione di spazi. Ma nel Pnrr il terzo settore compare nella Missione 5 (inclusione e coesione), in particolare per ciò che riguarda housing sociale e piani urbani integrati. Fa specie, dunque, l’assenza del terzo settore culturale come protagonista riconosciuto nell’ambito di competenza nonostante in Italia e in Veneto sia quello con più enti e volontari.
Quest’anno, le Giornate del Fai (Fondo per l’ambiente italiano), hanno compiuto 30 anni. Ecco alcuni numeri del più importante evento di piazza dedicato al patrimonio culturale e paesaggistico del nostro Paese: dal 1993 a oggi, 14.090 luoghi di storia, arte e natura aperti in tutta Italia, visitati da oltre 11.600.000 di cittadini, grazie a 145.500 volontari e 330 mila studenti “apprendisti Ciceroni”. Quest’anno, tra sabato 26 e domenica 27 marzo, sono stati coinvolti 700 luoghi solitamente non accessibili in 400 città italiane.