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Mappe 25 - Orizzonte possibile - novembre 2024

lunedì 11 Novembre 2024

Cambiamenti climatici e sociali. Uno sviluppo insostenibile

Gianluca Salmaso

Sembrava un traguardo tanto lontano quanto ambizioso quello pensato dalle Nazioni Unite con l’Agenda 2030: immaginare come sarebbe stato il mondo nei quindici anni successivi, delineandone i programmi d’azione per lo sviluppo umano, economico sostenibile. Un orizzonte che si è fatto naturalmente più vicino al punto tale che, arrivati a metà del guado, viene naturale chiedersi come stia andando la traversata. «Dobbiamo migliorare i servizi sanitari, promuovere servizi per l’infanzia e l’occupazione femminile. – ha subito messo in chiaro Marcella Mallen presidente di ASviS (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile) nel corso della presentazione, a metà ottobre, del rapporto Coltivare ora il nostro futuro – Servono scelte politiche coraggiose e investimenti adeguati da inserire in un Piano di accelerazione nazionale, sotto la responsabilità diretta della presidenza del Consiglio dei ministri». Il mondo, d’altro canto, è cambiato radicalmente e senza bisogno di citare l’esperienza della pandemia ci accorgiamo quotidianamente che le nostre scelte di consumatori prima ancora che di cittadini e di elettori, anche le più semplici e in apparenza banali, spesso sono già cambiate radicalmente ma solo in parte per via di una mutata sensibilità quanto piuttosto per via delle spinte che ci arrivano dalle molteplici crisi internazionali e dalle loro ricadute economiche. «Non possiamo dire “prima risolvano loro i problemi e poi noi ci diamo da fare”. Non può essere la scusa per rinviare scelte che dobbiamo fare oggi», ha messo in chiaro Enrico Giovannini, direttore scientifico di ASviS, presentando il rapporto 2024. «Come risulta anche dal rapporto italiano, non stiamo sul sentiero che porta alla sostenibilità – commenta Giorgio Santini, presidente AsVeSS, costola veneta di ASviS – Non lo siamo sia dal punto di vista dei cambiamenti climatici, quindi della parte dell’energia, sia da quello sociale». Una situazione, quella nazionale, niente affatto idilliaca e in ritardo sotto tutti i punti di vista, con strategie inadeguate e fondi non sufficienti. «L’evidente insostenibilità dello sviluppo italiano dovrebbe dar vita a un grande dibattito politico, pubblico e culturale su come cambiare questa condizione, coerentemente con gli impegni internazionali sottoscritti dal nostro Paese, e assicurare benessere diffuso per tutte e per tutti, in equilibrio con il nostro pianeta, per noi e per le generazioni future – scrivono nell’introduzione al rapporto Marcella Mallen e Pierluigi Stefanini, i due presidenti ASviS – Lo sviluppo sostenibile, come descritto dall’Agenda 2030, è l’unica strada possibile per costruire un futuro di speranza. Non realizzare lo sviluppo sostenibile vuol dire ridurre la qualità della vita delle persone, le loro potenzialità, la loro libertà, la resilienza delle comunità locali, la tenuta dei nostri territori, la capacità del pianeta di rigenerarsi e sostenere la nostra società. Vuol dire anche ridurre la competitività e la salute della nostra economia».

Ma se l’Italia è in difficoltà, come sta il Veneto? «Nella nostra Regione vediamo l’insorgere di due problematiche forti che riguardano da un lato l’inquinamento atmosferico, derivante anche dalla configurazione anche nel nostro territorio, e dall’altro di un problema che non riusciamo a risolvere, cioè l’eccessivo consumo di suolo – riflette ancora Santini – Continuiamo, insomma, a urbanizzare troppo territorio e questo ovviamente si ripercuote poi nel primo problema, che è quello degli effetti meteorologici legati ai cambiamenti climatici». Nel suo report sulla provincia di Padova, il primo di una serie che toccherà i principali capoluoghi regionali, AsVeSS si concentra anche sul piano sociale della sostenibilità. «Un focus importante l’abbiamo posto sui cosiddetti Neet (Not engaged in education, employment or training, ndr), cioè i giovani che lasciano gli studi, non li proseguono ma non si dedicano neppure a un’attività lavorativa – continua Giorgio Santini – Questi ragazzi manifestano un disagio sociale e denotano un problema per una realtà come il Veneto, che non sta male dal punto di vista dell’attività economica e avrebbe bisogno di lavoratori professionalizzati, dove inevitabilmente si stanno perdendo delle occasioni importanti di sviluppo e di crescita personale». Il ruolo dell’Associazione veneta per lo sviluppo sostenibile si va delineando come quello di un testimone quanto più possibile attendibile dei cambiamenti che avvengono nel tessuto socioeconomico del territorio, capace di produrre analisi e riflessioni utili tanto al decisore politico quanto alle istituzioni attive sul territorio: «Si tratta di un lavoro che abbiamo intrapreso in questi ultimi anni – conclude Santini – pensato affinché la Regione Veneto si possa avvalere di un monitoraggio utile a capire a che punto siamo della transizione e quali sono i problemi, le difficoltà che permangono sul territorio. La sfida oggi è portare queste riflessioni nelle città, attraverso anche le Camere di commercio, ragionando con le realtà territoriali attive negli ambiti promossi dall’Agenda 2030».

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