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Mappe | Mappe 03 – L’abitare – dicembre 2021

domenica 12 Dicembre 2021

La città del domani. Quattro principi per i “15 minuti”

Giovanni Sgobba
Giovanni Sgobba
redattore

Ecologia, vicinanza, solidarietà e partecipazione. Quattro principi guida, quattro concetti fondamentali per ridisegnare i modelli di città non del futuro, ma del presente. Dell’oggi. Sono i mattoncini su cui edificare la cosiddetta “città dei 15 minuti”, un paradigma teorizzato dall’urbanista franco-colombiano Carlos Moreno e attraverso il quale Parigi si sta riorganizzando. Una città in cui avere tutto ciò che ci serve a un quarto d’ora di distanza: lavoro, divertimento, assistenza sanitaria, mangiare, tutto in un raggio facilmente raggiungibile a piedi o in bicicletta. Ed è sfogliando il libro di Moreno Urban life and proximity che Sergio Lironi, architetto e presidente onorario di Legambiente Padova, guarda con convinzione al policentrismo: «Questa teoria comporta una rivoluzione, non è solo un espediente urbanistico e tecnologico. A maggio, le Nazioni Unite hanno pubblicato un rapporto sull’habitat e sull’abitare a livello mondiale partendo dalle esigenze nate dalla pandemia e questo modello viene rilanciato. È ripensare all’urbanistica del Ventesimo secolo, quel modello proposto a partire da Le Corbusier in cui le funzioni venivano frammentate in parti di città diverse: c’era la città del tempo libero, quella del commercio, dell’industria e dell’abitare. E sì che i trasporti così avevano una loro funzione. Invece io credo che la città di adesso dev’essere intesa come tante cellule del corpo umano, ognuno con una sua specifica funzione eppure tutte con uno stesso Dna: microcosmi che collaborano in macrocosmi. Si può invertire la tendenza: Malmo, città svedese, a metà degli anni Duemila, aveva il 70 per cento delle attività lavorative fuori dalla cintura urbana; dopo dieci anni la percentuale si è ribaltata con il 70 per cento rientrati all’interno».

Ci riesce difficile immaginare un lavoro “dietro casa”. Vale lo stesso per la sanità?«Certo. Nel Pnrr, a livello nazionale, sono stati stanziati 15,3 miliardi per la sanità e una parte di questa somma è destinata per le case di comunità, parliamo di circa 900 milioni. Immaginiamo strutture dove un cittadino avrebbe buona parte dei medici di base che collaborano in equipe per garantire un servizio 24 ore al giorno: pediatri, infermieri di famiglia, dietologi, logopedisti, strutture con poliambulatori e una parte socio-assistenziale che soddisferebbe un bacino di 40-50 mila persone. Il nodo sta nell’individuare gli spazi dove collocare queste strutture».

Eppure tutto questo elogio alla prossimità, all’importanza della bottega di vicinato così essenziale durante la pandemia, cozza con quello che vediamo sempre più spesso attorno a noi: il proliferare di supermercati. Prima o poi dovremo fare i conti con questa tendenza?

«La diffusione dei supermercati deriva dalla crisi degli ipermercati: negli Stati Uniti stanno fallendo queste grandi catene esterne ai centri urbani, queste “cittadelle del consumo”. E i grandi gruppi si stanno orientando verso strutture urbane di medie dimensioni. La direttiva europea 123 del 2006, la cosiddetta “Bolkenstein”, permette di edificare su superfici inferiori ai 1.500 metri quadrati senza necessità di autorizzazione da parte dell’amministrazione comunale, il problema è che sono catene di distribuzione che si fanno concorrenza anche in quartieri dove basterebbe un supermercato. Elena Ostanel ha proposto una modifica della legge regionale per eludere la direttiva europea. È un problema abbastanza serio».

Solidarietà e partecipazione. Includendo, magari, anche i cittadini stranieri. Ribaltare questa prospettiva èpossibile?«Una soluzione può essere quella di unire le botteghe e i negozi di un quartiere. In passato abbiamo realizzato un’indagine e abbiamo visto come queste piccole realtà riescano a offrire una pluralità di servizi, ma ognuno lavora nel suo orticello. Proviamo a dare una mappa dell’offerta agli abitanti, sperimentiamo forse di incentivi, magari una tessera che garantisce il recapito a domicilio per gli anziani o sconti se si è affiliati. Insieme si può fare concorrenza alla grande distribuzione e in questi processi di cittadinanza attiva è necessario coinvolgere anche i tanti residenti stranieri: molte comunità sviluppano servizi di assistenza paralleli, invece, vanno coinvolti, bisogna dargli rappresentanza ufficiale, un voto anche nelle decisioni delle consulte di quartiere».

Puntare sulla multifunzione degli spazi

Le scuole come capitale di valore dei quartieri. A Parigi, tramite un finanziamento europeo, sta prendendo piede l’utilizzo condiviso di cortili e spazi interni di istituti di differente grado.Con l’idea di eliminare il cemento e aggiungere verde, queste strutture sono utilizzabili da studenti e non. Un’operazione avviata ad aprile da 50 istituti che negli orari non scolastici aprono le porte per associazioni e altre attività. È il concetto della multifunzionalità degli spazi soprattutto di quelli utilizzati poco e male.

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