Tokyo – “Poiché il vento era contrario per tornare indietro a Canton, ma favorevole per andare in Giappone, proseguimmo il viaggio …. E così, il giorno della festa di Nostra Signora d’agosto 1549, senza poter approdare in nessun altro porto, arrivammo a Kagoshima”. Così, in una lettera inviata ai confratelli di Goa, pochi mesi dopo lo sbarco in Giappone, San Francesco Saverio descriveva come “Dio nostro Signor ci condusse per sua infinita misericordia nell’isola del Giappone”. Come traspare dal suo racconto un viaggio travagliato di circa quattro mesi in nave, con deviazioni, incidenti, ritardi dovuti a sfavorevoli condizioni atmosferiche e a conflitti con l’equipaggio pagano aveva portato il missionario gesuita e i suoi compagni dalla Malacca fino all’estremo sud dell’arcipelago nipponico in una località inaspettata ed in una data decisi dal piano di Dio.
Il richiamo di Francesco Saverio alla festa dell’Assunta non voleva certo essere solo un dato cronologico ma intendeva piuttosto sottolineare la straordinaria “coincidenza” dell’inizio della presenza cristiana e dell’evangelizzazione nel Paese del Sol Levante con la presenza di Maria Vergine che nel tempo avrebbe fatto parlare di una consacrazione del Giappone e della evangelizzazione in quel Paese fatta dal Santo a Maria.
“Non sappiamo se sia stato per questa consacrazione, ma è curioso constatare che importanti eventi storici del Giappone coincidono con feste mariane”, si legge sul sito dei vescovi giapponesi che ne riporta un elenco: 8 dicembre 1941, festa dell’Immacolata, inizio della guerra del Pacifico con l’attacco a Pearl Harbor; 15 agosto 1945, festa dell’Assunta, fine della Seconda Guerra mondiale; 8 settembre 1951, natività di Maria, firma del trattato di pace di San Francisco, Inoltre, in Giappone il giorno della fondazione dello Stato, celebrato l’11 febbraio, cade nella festa della Madonna di Lourdes. “Forse è solo una coincidenza – si legge ancora sul sito -, ma è notevole che ricorrenze così importanti si sovrappongano”.
Ma la presenza mariana ha accompagnato da quel 15 agosto 1549 soprattutto molti momenti della storia del cristianesimo in Giappone. I Kakure Kirishitan – i cristiani nascosti – durante la clandestinità e i cattolici perseguitati nel mezzo delle torture e del martirio ricevevano conforto, recitando il Rosario e invocando il nome di Maria, tra le prime preghiere insegnate loro dai missionari.
Durante le persecuzioni dal XVI al XIX secolo le autorità cercavano attivamente immagini sacre per individuare e catturare i cristiani nascosti e costringerli a compiere, come segno di abiura, il “fumi-e”, il gesto di calpestare immagini di Gesù o della Vergine Maria. Per evitare la cattura e difendere la loro devozione a Maria senza destare sospetti i Kakure Kirishitan usavano una statua di una divinità buddista della misericordia, la dea “Kannon”, che, spesso rappresentata con un bambino, richiamava l’iconografia sacra cristiana e camuffava la Madonna.
Rinominate “Maria Kannon”, alcune statue avevano croci nascoste scolpite sul retro o all’interno della base e durante le festività buddiste, i cristiani recitavano dinanzi ad esse preghiere mariane dissimulate come sutra.
Sul sito ufficiale della diocesi di Hiroshima, è riportata la storia di Giovanni Battista Yasutarō Mori che, si legge sul sito, “aveva una profonda devozione alla Vergine Maria”. Era uno dei 153 cristiani deportati tra il 1868 e il 1873 da Urakami, quartiere di Nagasaki, a Tsuwano. Per costringerlo con la forza ad abiurare Yasutarō fu rinchiuso nudo, in pieno inverno, in una cella minuscola di circa un metro cubo e sottoposto alla tortura del gelo e del fuoco. La sua fede però rimase incrollabile, anche se con il tempo divenne così debole e magro da essere irriconoscibile. Quando due amici passando attraverso un varco segreto, andarono a incontrarlo gli dissero: “Deve essere molto triste dover affrontare la fine da solo”. Yasutarō rispose:
“Dalle ore 22 fino all’alba, una persona vestita con un kimono azzurro e coperta con un telo azzurro, con un volto simile a quello dell’immagine di Santa Maria, viene a parlarmi; così non mi sento per niente solo”.
Pregandoli di non rivelare a nessuno questo fatto finché fosse rimasto in vita chiese ai due amici di rassicurare la madre:
“Ditele che considero questa cella di 90 centimetri come se fosse la croce e muoio con gioia”.
Dopo 5 giorni il 22 gennaio 1869 tornò alla casa del Padre.
Sarebbe lungo elencare tutti gli episodi, i fatti e i luoghi che testimoniano la costante presenza della Vergine Maria attraverso secoli di storia giapponese. Quello che è certo è che dallo sbarco di San Francesco Saverio nel 15 agosto 1549 passando per il sostegno dato ai cristiani nascosti ed ai martiri, compresi quelli vittime innocenti dell’Olocausto atomico, come testimonia il volto della statua lignea ritrovato tra le macerie della cattedrale di Urakami a Nagasaki e chiamata per questo “Hibaku no Maria”, Maria sopravvissuta alla bomba, fino alle apparizioni avvenute nel 1973 ad Akita nella diocesi di Niigata e riconosciute nel 1984 a livello locale dall’allora vescovo Giovanni Shojiro Ito che ha definito i messaggi di Nostra Signora di Akita in continuità con quelli di Fatima,
la figura della Vergine resta un punto di riferimento spirituale che ha segnato profondamente l’identità cristiana nel Paese del Sol Levante.